I vincitori e i perdenti delle elezioni britanniche
A parte i più ovvi: gli indipendentisti scozzesi sono andati molto male, al contrario di quelli nordirlandesi, mentre diversi leader dei Conservatori hanno perso il proprio seggio
Le elezioni parlamentari britanniche tenute giovedì hanno avuto un chiaro vincitore, cioè il Partito Laburista, e un chiaro sconfitto, cioè quello Conservatore, che dopo 14 anni al governo ha ottenuto il risultato elettorale peggiore della sua storia. Scendendo ancora più in profondità si può individuare in maniera più circoscritta chi può dire di avere vinto le elezioni e chi invece le ha perse in maniera piuttosto netta.
Fra i vincitori, cioè i Laburisti, c’è chi ha vinto in maniera più convincente e significativa di altri. Il partito è tornato a vincere in diversi seggi del cosiddetto red wall, cioè le regioni dell’Inghilterra settentrionale e centrale a vocazione operaia che negli ultimi anni si erano spostate a destra, grazie soprattutto al convinto sostegno dei Conservatori per Brexit (un tema su cui il segretario laburista Keir Starmer ha scelto un approccio non ideologico).
I Laburisti hanno vinto per esempio nella circoscrizione di Bishop Auckland, una cittadina molto legata all’estrazione di carbone che nel 2019 aveva eletto il primo candidato Conservatore nella sua storia elettorale, la parlamentare Dehenna Davison. In generale hanno riguadagnato seggi in molte parti del red wall: hanno vinto un seggio sottraendolo ai Conservatori in North Northumberland, a Carlisle, a Penrith and Solway.
Ma i Laburisti sono andati benone anche in posti inaspettati: hanno vinto per la prima volta nella loro storia nel seggio di Hexham, che comprende un’area rurale e periferica nei pressi della città di Newcastle. La circoscrizione di Hexham era stata l’unica nel nord-est a eleggere un parlamentare Conservatore negli anni di dominio politico dei Laburisti durante i governi di Tony Blair e Gordon Brown, fra 1997 e 2010.
Anche Nigel Farage, uno dei politici più influenti della destra britannica, può dire di aver vinto: all’ottavo tentativo è stato eletto al parlamento britannico, e più in generale il suo partito di estrema destra Reform UK ha ottenuto risultati sopra le aspettative un po’ ovunque. In tutto al momento ha raccolto 4 milioni di voti, circa il 14 per cento del totale: un risultato a cui il partito da cui è nato, lo UKIP, non si era mai avvicinato a un’elezione parlamentare. In diverse circoscrizioni i candidati di Reform UK hanno sottratto voti a quelli Conservatori, impedendo loro di essere davvero competitivi per la vittoria.
Nonostante l’ottimo risultato però Reform UK ha eletto soltanto 5 parlamentari, Farage compreso: è una conseguenza del sistema elettorale britannico, in cui in ogni circoscrizione viene eletto soltanto il candidato o la candidata che ha ottenuto anche solo un voto in più degli altri. È un sistema che avvantaggia i grandi partiti, che hanno più soldi e risorse per promuovere candidature in tutto il paese, mentre danneggia i partiti più piccoli e poveri come Reform UK.
Farage è stato uno dei pochi leader della destra britannica a poter dire di aver vinto, nella notte fra giovedì e venerdì. Il risultato dei Conservatori è stato disastroso anche perché hanno perso un seggio diversi importanti leader del partito o ministri uscenti: su tutti l’ex prima ministra Liz Truss, l’ex leader dell’ala destra del partito Jacob Rees-Mogg, il segretario alla Difesa uscente Grant Shapps e la presidente della Camera Penny Mordaunt, fra gli altri. Sono riusciti invece a conservare il proprio seggio l’ormai ex primo ministro Rishi Sunak e il segretario al Tesoro (cioè il ministro dell’Economia), Jeremy Hunt.
Più in generale oggi i Conservatori esistono quasi solo in Inghilterra. In Scozia hanno vinto in 3 circoscrizioni (appena sette anni fa ne controllavano 13), nell’Irlanda del Nord presentano soltanto candidati senza speranze, mentre a questo giro non sono riusciti a eleggere nemmeno un parlamentare in Galles (nel parlamento uscente ne esprimevano 11).
Fra gli sconfitti delle elezioni parlamentari c’è sicuramente anche il Partito Nazionale Scozzese, l’SNP, il partito che da 15 anni domina la politica scozzese e che nel 2014 aveva promosso un referendum fallito sull’indipendenza della Scozia.
Nel parlamento uscente l’SNP aveva 48 parlamentari, a spoglio quasi concluso ne ha ottenuti 9: è una sconfitta con pochi precedenti che certifica il pessimo momento del partito dovuto a scandali, tensioni interne e litigi con gli alleati di governo, oltre a una più ampia perdita di consensi intorno alla causa dell’indipendentismo. I seggi persi dall’SNP sono stati vinti soprattutto dai Laburisti: è successo per esempio in tutte le circoscrizioni di Glasgow, la seconda città scozzese più importante e popolosa dopo Edimburgo.
«In un certo senso le persone si sono disinnamorate di noi, e dobbiamo capire perché», ha detto a BBC l’ex capogruppo del partito alla Camera, Ian Blackford.
È stata invece un’elezione molto positiva per i Liberal-Democratici (o Libdem), lo storico partito centrista considerato il terzo grande partito della politica britannica. È riuscito ad eleggere 71 parlamentari, ben 63 in più rispetto al parlamento uscente: deve questo risultato soprattutto ad alcuni accordi di desistenza con i Laburisti in varie circoscrizioni, e alla visibilità guadagnata in campagna elettorale dal suo leader Ed Davey.
In Irlanda del Nord il partito che ha ottenuto più seggi è stato lo Sinn Féin, di centrosinistra e favorevole a una riunificazione dell’Irlanda: è la prima volta che succede, a un’elezione parlamentare del Regno Unito. Lo Sinn Féin è riuscito a conservare i 7 seggi che aveva nel parlamento uscente, mentre il partito che fino a pochi anni aveva dominato la politica nordirlandese, il DUP (di destra e favorevole alla permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito), è passato da 8 a 5 seggi.
Negli anni scorsi lo Sinn Féin ha moderato e normalizzato alcune sue posizioni, raccogliendo consensi in maniera più trasversale al passato, e oggi è di gran lunga il partito nordirlandese più influente: il Guardian fa notare che al momento esprime la prima ministra Michelle O’Neill e ha la delegazione più ampia anche nell’assemblea regionale dell’Irlanda del Nord.
Anche i movimenti politici a sinistra dei Laburisti possono dire di essere andati bene: in tutto sono riusciti ad eleggere quattro candidati indipendenti filopalestinesi, in aperta ostilità alle posizioni sempre più filoisraeliane adottate dal Partito Laburista da quando è segretario Keir Starmer. Il risultato più inaspettato è arrivato dalla circoscrizione di Leicester South, in cui il parlamentare uscente Laburista Jonathan Ashworth ha perso di 979 voti contro l’attivista Shockat Adam. Alle elezioni del 2019 Ashworth aveva vinto superando di 23mila voti il secondo candidato più votato, Natalie Neale dei Conservatori. BBC News stima che circa il 30 per cento dell’elettorato della circoscrizione di Leicester South sia di fede musulmana.
È riuscito a farsi rieleggere facendo una campagna elettorale a sinistra dei Laburisti anche l’ex segretario del partito Jeremy Corbyn, espulso dal partito qualche settimana fa dopo la sua decisione di ricandidarsi nel suo seggio di Islington North nonostante il parere contrario della dirigenza. Corbyn ha ottenuto 24.120 voti, poco più del 49 per cento del totale, contro i 16.873 del candidato dei Laburisti, Praful Nargund.