C’è stata una rivolta nel CPR di Roma dopo il tentato suicidio di un migrante detenuto 

Un cancello del CPR di Ponte Galeria
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Giovedì sera, dopo il tentato suicidio di un migrante detenuto, c’è stata una rivolta all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) per migranti irregolari di Ponte Galeria, alla periferia sudovest di Roma: quel CPR è considerato uno dei più problematici in Italia, anche se i CPR sono generalmente noti per essere tutti posti estremamente critici dove sono documentate e sistematiche le violazioni dei diritti umani nei confronti delle persone detenute.

La rivolta è iniziata dopo le 21, quando alcuni addetti alla vigilanza hanno soccorso il detenuto (di cui non è nota l’identità) che aveva tentato il suicidio: diversi detenuti hanno iniziato a protestare bruciando materassi e salendo sui tetti, come già successo in passato sia in questo CPR che in altri. La rivolta è durata circa un’ora ed è stata interrotta da polizia e carabinieri, che sono intervenuti in tenuta antisommossa e col lancio di gas lacrimogeni, e hanno poi ripreso il controllo della struttura.

I CPR sono luoghi di detenzione amministrativa, in cui cioè si viene detenuti non per aver commesso un reato, ma perché non si hanno i documenti validi per rimanere in Italia. Sono pensati come luoghi di permanenza temporanea, in attesa di ricevere un decreto di espulsione: ma applicare i decreti è spesso molto complicato, perché mancano accordi bilaterali con molti dei paesi verso cui dovrebbero tornare le persone detenute, motivo per cui i tempi di permanenza all’interno dei CPR si allungano e gli effettivi rimpatri avvengono solo nella metà dei casi.

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