Sia a Padova che a Verona il centrosinistra si è diviso su due progetti logistici

Riguardano la costruzione di due nuovi grandi centri per il trasporto merci, su terreni che oggi sono a uso agricolo: i sindaci sono favorevoli ma nelle loro maggioranze c'è chi ha votato contro

Il sindaco di Verona Damiano Tommasi, nel 2022 (ANSA/CLAUDIO MARTINELLI)
Il sindaco di Verona Damiano Tommasi, nel 2022 (ANSA/CLAUDIO MARTINELLI)
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Nelle ultime settimane a Padova e Verona, due capoluoghi di provincia in Veneto entrambi governati dal centrosinistra, la maggioranza si è divisa sull’approvazione di due importanti progetti logistici. I provvedimenti sono stati approvati dai rispettivi consigli comunali ma alcuni esponenti di maggioranza hanno votato contro, inasprendo dibattiti che vanno avanti da tempo e soprattutto mettendo in grossa difficoltà i due sindaci, Sergio Giordani a Padova e Damiano Tommasi a Verona.

A Verona le contestazioni riguardano il progetto della Marangona, un’area triangolare di circa un milione e mezzo di metri quadri a sudovest della città, compresa tra l’autostrada A4 (la Milano-Venezia), la ferrovia Bologna-Verona e quella Verona-Mantova. La maggior parte dell’area è di proprietà del Consorzio Zai, un ente che gestisce diverse aree nella periferia di Verona. Attualmente è a uso agricolo, ma si trova in una zona importante per il trasporto merci stradale e ferroviario, sia a livello nazionale che internazionale: poco distante infatti c’è il “Quadrante Europa”, uno dei principali interporti logistici europei, cioè una grande area dove arrivano e partono enormi quantità di merci e prodotti, passando dal treno ai camion e viceversa.

Della necessità di sfruttare meglio l’area della Marangona si parla da decenni, ma finora nessun progetto è mai stato avviato. A metà maggio fu annunciato un accordo tra Comune di Verona, Consorzio Zai e Provincia, che prevede la costruzione sul territorio di strutture per il trasporto merci e prodotti, come parcheggi e strade. Il piano è diviso in cinque ambiti di intervento e per ora sono stati definiti i dettagli solo del primo, la cosiddetta “Corte Alberti” (la zona 1 nella mappa qui sotto), un’area di 170mila metri quadri su cui dovrebbe essere costruito un centro per l’attività produttiva e logistica. Sono previste anche piste ciclabili e una quota di aree da destinare al verde e ai servizi, pari al 40 per cento della superficie totale.

I cinque ambiti di intervento per l’area della Marangona, nel progetto concordato tra Consorzio Zai, Comune e Provincia (Comune di Verona)

L’accordo è stato formalizzato dalla giunta di Tommasi fu eletto sindaco di Verona nel 2022, ma le negoziazioni erano iniziate anni prima ed erano quindi state in parte portate avanti dalla precedente giunta, di destra, guidata dall’ex sindaco Federico Sboarina. Tommasi ha sempre difeso il piano approvato dalla sua amministrazione, mentre alcune associazioni ambientaliste riunite nel coordinamento “Verona Città Bosco” si sono opposte criticandone soprattutto la tendenza alla cementificazione e quindi al consumo di suolo che comporterebbe.

Lo scorso 25 giugno la giunta comunale ha votato una delibera per ratificare l’accordo. Sono inoltre state stabilite delle “linee guida” per aumentare la quota minima di aree verdi e vietarne la monetizzazione. In giunta la delibera è stata approvata con un solo voto contrario, quello dell’assessore al Bilancio Michele Bertucco, della lista civica In Comune per Verona e in passato presidente di Legambiente in Veneto. La sua opposizione potrebbe avere conseguenze sulla composizione e sulla stabilità della giunta: secondo alcuni giornali locali all’assessore sarebbe stato chiesto di dimettersi, ma lui ha detto che non intende farlo. «È ovvio che quanto accaduto in giunta apre una fase politica oltre il merito della delibera stessa», ha commentato il sindaco Tommasi. Il 3 luglio il piano è stato approvato anche dal consiglio comunale con l’unico voto contrario di Jessica Cugini, consigliera della stessa lista civica di Bertucco.

Intanto anche a Padova è in corso un dibattito per molti versi simile. Riguarda l’ampliamento di un polo logistico in via Svezia, da costruire su un terreno agricolo vicino a una zona industriale nella periferia orientale della città. Il progetto è noto come “hub Alì”, dato che sarebbe gestito dalla catena di supermercati Alì, fondata a Padova nel 1971 da Francesco Canella e oggi presieduta dal figlio, Gianni Canella. Interessa un’area di quasi 155mila metri quadri, di cui circa un terzo dovrebbe essere destinata ad aree verdi e il resto a infrastrutture per la logistica. Molti cittadini e associazioni ambientaliste si sono opposte al progetto, criticandone soprattutto l’occupazione di suolo e la cementificazione che provocherebbe. Negli ultimi mesi sono state organizzate varie proteste e inviati appelli e lettere al sindaco Giordani, eletto nel 2017 e poi riconfermato nel 2022.

Il progetto dell’hub Alì è stato approvato dal consiglio comunale nella notte tra il 27 e il 28 maggio, dopo una discussione continuata per ore, con 15 voti favorevoli e 12 contrari (cinque consiglieri non hanno partecipato). Tra i contrari c’erano anche cinque consiglieri di maggioranza, di cui due della lista Coalizione Civica, una del Partito Democratico e due della lista Giordani Sindaco. Come a Verona, anche a Padova la maggioranza di centrosinistra si è quindi divisa sull’approvazione di un progetto urbanistico.

Dopo la votazione Luigi Tarzia, che in quel momento era capogruppo della lista di Giordani, ha chiesto al sindaco di ritirare la delibera per permettere ai consiglieri di riesaminarla: «Lo faccia per il bene suo e della sua maggioranza e non ci ponga di fronte a quello che sembrerebbe un vero e proprio diktat», ha detto. Poche settimane dopo ha lasciato la lista Giordani ed è entrato nel gruppo misto.

Subito dopo l’approvazione il Comitato cittadini di Granze di Camin (l’area dove dovrebbe sorgere il polo) ha iniziato a raccogliere fondi per presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale (TAR). Diego Tono, uno dei rappresentanti del Comitato, dice che la decisione di costruire il polo «non è stata gestita [dal Comune], è stata imposta». Secondo Tono l’ampliamento del magazzino sarebbe sovradimensionato rispetto alle reali necessità di Alì, e farebbe aumentare il traffico di mezzi pesanti nella zona, con conseguenze negative sui residenti del vicino quartiere di Granze (che comunque dista più di un chilometro dal sito in questione).

Sul proprio sito invece Alì dice che il nuovo polo logistico sarà «all’avanguardia in termini di tutela ambientale», poiché «l’area verde sarà equivalente a quella coperta con l’ampliamento dell’edificio» grazie anche alla collocazione di 2.854 piante.