Il piano del governo per contrastare il caporalato in agricoltura
Saranno assunti oltre 500 nuovi ispettori per fare controlli nei campi, e verrà creata una banca dati per condividere informazioni tra enti locali e forze dell'ordine
Il ministero del Lavoro ha presentato alcune misure per contrastare il caporalato e il lavoro irregolare in agricoltura, una parziale risposta alle richieste fatte dai sindacati dopo la morte di Satnam Singh, il lavoratore indiano coinvolto in un grave incidente sul lavoro in un’azienda agricola dell’Agro pontino.
Le novità riguardano soprattutto i controlli. Il ministero ha annunciato che saranno assunti 514 nuovi ispettori – 403 dall’INPS, fino a 111 dall’INAIL – per verificare che i braccianti siano assunti con contratti regolari e, se stranieri, abbiano i permessi per lavorare in Italia. Inoltre sarà creata una banca dati degli appalti che conterrà tutte le aziende della filiera agroalimentare. Per ottenere un appalto da un’altra società, per esempio per gestire la raccolta, le aziende dovranno rispettare una serie di criteri (soprattutto legati al rispetto dei contratti) che saranno individuati dal ministero del Lavoro: in caso di violazione di queste norme scatterà una sanzione amministrativa da 5 a 15mila euro e l’azienda verrà esclusa per un anno dalla “Rete del lavoro agricolo di qualità”, una lista di aziende creata dall’INPS per identificare gli imprenditori di cui è stato accertato rispetto delle norme in materia di lavoro e contratti.
Alla banca dati potranno accedere i Carabinieri, la Guardia di Finanza, l’ispettorato del lavoro e l’INAIL, l’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. L’obiettivo del governo è favorire la condivisione di informazioni tra gli enti locali, le forze dell’ordine e le organizzazioni nazionali come INPS e INAIL.
Negli ultimi anni i controlli e le sanzioni non sono riuscite a contrastare fenomeni come il lavoro irregolare e il caporalato, strutturali nel settore agricolo. Lo dimostrano i dati: il più recente rapporto “Agromafie e caporalato”, pubblicato nel 2022 dall’osservatorio Placido Rizzotto del sindacato CGIL, stima che nei campi italiani vengano sfruttate circa 230mila persone, un quarto di tutti i braccianti. Dallo studio emerge che il lavoro irregolare ha un’incidenza elevata soprattutto in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio, dove si stima che oltre il 40 per cento dei lavoratori abbia un contratto irregolare oppure non abbia proprio un contratto. In molte regioni del Nord il tasso di irregolarità è solo leggermente più basso, tra il 20 e il 30 per cento.
Molti braccianti vengono assunti in nero perché stranieri senza permesso di soggiorno: arrivano in Italia grazie a intermediari a cui pagano il viaggio e qualsiasi tipo di servizio come la ricerca di una casa in affitto. Altri rientrano nel cosiddetto lavoro “grigio”: vengono assunti regolarmente al massimo per 102 giornate lavorative in 2 anni e in questo modo possono chiedere la disoccupazione agricola, ma in realtà gli viene chiesto di lavorare almeno il doppio, a volte tutto l’anno senza riposo. L’osservatorio Placido Rizzotto ha censito tutte le inchieste per sfruttamento lavorativo avviate dalle procure italiane nel quinquennio tra il 2017 e il 2021: su un totale di 438 casi 212, quasi la metà, hanno riguardato l’agricoltura.
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