Keir Starmer finora non ne ha sbagliata una
Il leader dei Laburisti britannici e nuovo primo ministro ha cambiato profondamente il partito, in maniera anche un po' brutale: e ora promette di farlo anche col paese
Alle scorse elezioni parlamentari, nel 2019, i Laburisti britannici ottennero il loro peggior risultato dal 1935. Alle elezioni di giovedì, invece, hanno ottenuto una vittoria larghissima e storica. Quando nel 2020 dopo la più cocente sconfitta elettorale della storia Keir Starmer diventò leader dei Laburisti, disse che li avrebbe riportati al governo nell’arco di una sola legislatura. Molti lo consideravano un obiettivo irrealistico, ma Starmer ci è riuscito ed è ora il nuovo primo ministro del paese.
Quattro anni non sono pochi in politica, in particolare in quella caotica di un paese che nello stesso periodo ha avuto tre diversi primi ministri Conservatori. Ma in questo arco di tempo Starmer ha preso un partito in crisi, l’ha trasformato profondamente, l’ha reso di nuovo appetibile per elettori ed elettrici e ha ottenuto un risultato che anche solo fino a qualche anno fa sembrava impensabile.
In questi anni Starmer è stato spesso criticato per la sua vaghezza e accusato di essere noioso, poco carismatico: era noto soprattutto come avvocato per i diritti umani, ed è entrato in politica relativamente tardi, ma si è dimostrato un politico incredibilmente efficace e con una chiara strategia a lungo termine.
Nei prossimi giorni Starmer indicherà la composizione del suo governo: partirà dal governo ombra, cioè la squadra nominata dall’opposizione in contrapposizione al governo in carica, di cui riproduce la suddivisione in ministeri. Tutte persone fidate e scelte in funzione di eventuali futuri ruoli di governo. Poi definirà il suo programma per il King’s Speech, cioè l’insediamento del nuovo parlamento, in cui re Carlo leggerà un discorso scritto dal nuovo primo ministro. Il King’s Speech è fissato per mercoledì 17 luglio. La Camera dei Comuni, la camera bassa britannica, doveva iniziare la pausa estiva dei lavori il 23 luglio, ma Starmer ha già annunciato che prorogherà la sessione per consentire al governo di iniziare subito a lavorare.
Questa scelta riflette il carattere di Starmer o, meglio, l’immagine che Starmer ha voluto dare di sé ai media in questi anni. Da leader dei Laburisti ha cercato di costruire, mentre era ancora all’opposizione, un’immagine molto pragmatica e istituzionale, quasi già da primo ministro: in inglese si dice da prime minister in waiting, un “primo ministro in attesa [di diventarlo]”.
Dall’altro lato Starmer è considerato una persona poco idealista e legata ai valori storici della sinistra britannica. Ha cambiato spesso posizioni politiche in passato, a volte in modo netto, e i Conservatori l’hanno accusato di «non sapere cosa vuole». Ora che sarà al governo dovrà essere meno elusivo su temi su cui finora ha potuto tenersi vago.
«I primi ministri governano con lo spirito del loro vecchio lavoro. Boris Johnson era un opinionista dei giornali; Rishi Sunak lavorava nella finanza», ha scritto l’Economist. Starmer faceva l’avvocato per i diritti umani, ed è così che l’opinione pubblica l’ha conosciuto. Almeno all’inizio però la sua carriera politica – cominciata con l’elezione alla Camera dei Comuni nel 2015, a 52 anni – non ha avuto lo stesso successo di quella legale. La vita professionale di Starmer, di fatto, si divide in due.
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Starmer è nato nel 1962, secondo di quattro figli, in una famiglia operaia: suo padre costruiva utensili e sua madre faceva l’infermiera. È cresciuto a Oxted, una cittadina a sud di Londra. I suoi genitori erano di sinistra: lo hanno chiamato Keir in omaggio a Keir Hardie, un sindacalista scozzese che fu il primo leader del Partito Laburista.
È stato il primo membro della sua famiglia a laurearsi, studiando Legge prima all’università di Leeds e poi a Oxford. Durante gli anni di studio e i primi da avvocato civilista, Starmer si fece una fama da “ribelle”. A Oxford collaborava con la rivista di un collettivo marxista, chiamata Socialist Alternatives (“Alternative Socialiste”). Negli anni difese in tribunale numerosi manifestanti arrestati durante la repressione dei governi di destra di Margaret Thatcher e due attivisti che erano stati denunciati da McDonald’s per alcuni volantini critici verso la catena di fast food.
Starmer lavorò pro bono (cioè gratuitamente) per Death Penalty Project, una ong che dà una rappresentanza legale a persone condannate a morte in diversi paesi del mondo. Death Penalty Project riuscì a bloccare condanne a morte in diversi paesi dei Caraibi orientali, come Belize, Giamaica e Bahamas. In un’intervista al Financial Times Starmer ha detto che considera il suo più grande successo da avvocato un ricorso vinto in Uganda, che salvò la vita a più di 400 persone condannate a morte.
Nonostante fosse un noto sostenitore dei Laburisti, Starmer guadagnò una reputazione di imparzialità, a volte entrando in conflitto con la sua area politica: come quando difese Lee Clegg, un ex soldato britannico accusato di omicidio in Irlanda del Nord, poi assolto. Nel 2003 Starmer fu nominato dal governo consulente per i diritti umani del Northern Ireland Policing Board, l’ente che sovrintende la polizia dell’Irlanda del Nord, creato all’interno del processo di pacificazione stabilito nel 1998 dall’accordo del Venerdì Santo, che chiuse trent’anni di guerra civile.
Dal 2008 al 2013 Starmer fu procuratore generale del Crown Prosecution Service di Inghilterra e Galles: in sostanza coordinava i vari pubblici ministeri. In questo ruolo decise di non perseguire i genitori di Daniel James, un 23enne rimasto paralizzato che scelse il suicidio assistito in Svizzera (cioè la pratica con cui a certe condizioni ci si può auto-somministrare un farmaco letale), dove fu accompagnato dai genitori. La decisione di Starmer stabilì un precedente in vigore ancora oggi, secondo cui non compie un reato chi è motivato dalla compassione nell’aiutare una persona ad accedere al suicidio assistito.
Nel 2014 per il suo lavoro come procuratore Starmer venne premiato con l’Order of the Bath, un titolo onorifico cavalleresco che dà diritto all’appellativo di “Sir”, utilizzato regolarmente dai media britannici per indicare le persone che lo hanno ottenuto. Nello stesso anno Starmer si dimise dalla sua carica e annunciò che si sarebbe candidato con i Laburisti nel collegio londinese di Holborn & St Pancras alle elezioni del 2015. Al primo tentativo fu eletto per la prima volta alla Camera dei Comuni.
Nello stesso anno ci furono le primarie per la leadership dei Laburisti: alcuni esponenti gli suggerirono di candidarsi, visto che era già considerato una personalità autorevole nel partito per via della sua carriera. Lui rifiutò, spiegando di non avere sufficiente esperienza politica.
Il tempismo o, più in generale, la capacità di aspettare il momento giusto è considerata dagli analisti la caratteristica che ha reso Starmer così efficace nella sua ascesa interna al partito. Nel 2017 entrò a far parte del governo ombra di Jeremy Corbyn, che all’epoca era il segretario del partito, ricevendo la delega a occuparsi di Brexit. Corbyn era piuttosto ambiguo sul tema, mentre Starmer era un convinto sostenitore della permanenza all’interno dell’Unione. In qualche modo riuscì però a convivere con Corbyn, e ad approfittare della grande visibilità pubblica che gli garantì quell’incarico.
Dopo il pessimo risultato alle elezioni del 2019, stravinte dai Conservatori guidati da Boris Johnson, Corbyn si dimise. Starmer si fece avanti per sostituirlo, e inizialmente si presentò come un candidato in continuità con Corbyn: nel corso degli anni però ha spostato verso il centro le posizioni ufficiali del partito. Questa strategia ha funzionato in termini elettorali, ma all’inizio è stata contestata all’interno del partito. Ci fu anche una fase in cui Starmer rischiò seriamente di dover rinunciare alle sue ambizioni.
Nel maggio del 2021 infatti i Laburisti persero le elezioni suppletive nel seggio di Hartlepool, che dal 1974 era saldamente controllato dai Laburisti. A posteriori, Starmer ha detto che in quel momento aveva valutato di dimettersi, anche per via di un più generale risultato deludente alle elezioni locali. Pochi mesi dopo, a luglio, il partito vinse invece un’altra elezione suppletiva, nel collegio di Batley & Spen, con un margine di soli 323 voti.
Da lì in poi Starmer ha consolidato la sua leadership. Ci è riuscito anche cambiando lo statuto del partito, riducendo l’influenza degli iscritti e aumentando invece il potere del comitato esecutivo nazionale, più sensibile alla sua influenza.
La mozione di Starmer, approvata al congresso dei Laburisti a Brighton nel 2021, ha anche reso più difficile per i circoli locali sfiduciare il deputato che li rappresenta. Mentre si avvicinava l’anno delle elezioni, Starmer ha poi eliminato dalle liste elettorali diversi degli esponenti più legati a Corbyn, che quindi non si sono potuti ricandidare. Sono stati sostituiti con candidati più centristi.
«Il partito è totalmente irriconoscibile rispetto a pochi anni fa», ha detto in un’intervista Rachel Reeves, la futura ministra delle Finanze. Starmer ha potuto alterare così tanto gli equilibri del partito, senza preoccuparsi troppo di scontentare qualcuno, anche perché non ha particolari legami con i leader precedenti, come Gordon Brown e Tony Blair, e si è sempre sottratto ai giochi di potere tra le varie fazioni dei Laburisti, lui che di fatto non appartiene davvero a nessuna corrente.
Ha adottato un approccio da tecnico, estraneo alle logiche di partito: molti commentatori si chiedono se lo manterrà ora che è diventato primo ministro.
Starmer dice di essere un socialista che «mette sempre la nazione prima del partito» e ha sempre rivendicato di anteporre il pragmatismo all’ideologia.
Per esempio a febbraio ha ritirato una misura che aveva promesso non appena diventato segretario dei Laburisti, e su cui aveva molto insistito: destinare 28 miliardi di sterline (33 miliardi di euro circa) ogni anno agli «investimenti green», cioè quelli per favorire la transizione ecologica. La cifra è stata dimezzata. Anche su Brexit Starmer oggi è molto cauto. Nel 2019 i Laburisti avevano promesso un secondo referendum sull’uscita dall’Unione Europea; mercoledì Starmer ha detto che esclude che possa avvenire anche solo un rientro nel mercato unico europeo finché lui sarà in vita.
C’è un solo aspetto su cui Starmer – che, come detto, è così misurato in pubblico da dare l’idea di essere algido – dimostra entusiasmo: il calcio. Racconta di giocarci una volta alla settimana da quando era ragazzino, anche se è stato operato al ginocchio: ovviamente non in via privata ma con il sistema sanitario nazionale, l’NHS di cui i Laburisti promettono di risolvere la crisi.
Starmer tifa Arsenal, di cui dal 2006 va a vedere tutte le partite disputate in casa, e per spiegarsi ricorre spesso a metafore calcistiche. In un video della campagna elettorale spiega all’ex terzino della nazionale inglese di calcio, Gary Neville, come vorrebbe cambiare il paese, mentre camminano in una zona del Distretto dei Laghi che Starmer frequentava da bambino.
I Laburisti hanno pubblicato sui social più di un video in cui si vede Starmer giocare a calcio a livello dilettantistico: è strano che non ci abbia pensato il leader dei Libdem, Ed Davey, che ha fatto una campagna elettorale piena di trovate bizzarre. Sunak invece è stato filmato mentre faticava a dribblare (cioè fare lo slalom con il pallone) alcuni conetti di plastica. Recentemente i giornali filo-conservatori hanno criticato Starmer perché ha accettato benefit per un totale di 76mila sterline (circa 89mila euro) durante lo scorso mandato, principalmente in biglietti di partite dell’Arsenal che gli sono stati omaggiati dalla società, tutti dichiarati correttamente.
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