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  • Venerdì 5 luglio 2024

Chi è Donatella Di Pietrantonio

La vincitrice del Premio Strega ha cominciato a pubblicare tardi, quasi a 50 anni, continuando a fare la dentista: e ha già venduto centinaia di migliaia di copie

Donatella Di Pietrantonio alza una bottiglia di liquore Strega dopo la vittoria del premio omonimo
Donatella Di Pietrantonio alza una bottiglia di liquore per festeggiare la vittoria al Premio Strega, il 4 luglio 2024 (ANSA / MAURETTA CAPUANO)
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Donatella Di Pietrantonio, la vincitrice del Premio Strega di quest’anno, è una scrittrice un po’ anomala per certi versi. Ha pubblicato il suo primo romanzo a 49 anni, poi in meno di 15 anni ne ha scritti altri quattro ottenendo un grande successo di pubblico: il suo libro più noto, L’Arminuta, ha venduto circa 400mila copie da quando è uscito nel 2017 ed è anche stato trasposto in un film.

La sua insomma è la storia piuttosto rara di un’autrice che per anni scrive in privato ma nella vita fa altro, e quando poi inizia a pubblicare vende molti libri. Anche dopo il successo, in ogni caso, Di Pietrantonio ha continuato a lavorare come dentista pediatrica e a vivere a Penne, un paese di 11mila abitanti in provincia di Pescara, in Abruzzo. Oggi ha 62 anni.

A “scoprirla”, come si dice, fu Loretta Santini, direttrice editoriale di Elliot, la piccola casa editrice romana che peraltro ha pubblicato il libro vincitore dello Strega dell’anno scorso, Come d’aria di Ada d’Adamo. Santini racconta che il primo romanzo di Di Pietrantonio, Mia madre è un fiume, le fu segnalato da una conoscenza in comune: «Era in attesa di essere pubblicata da molto. L’ho letto subito perché mi era stato consigliato da una carissima amica. La scrittura era molto matura. Elegante, poetica, commovente. La storia era molto forte e scritta in maniera superba, non potevo non pubblicarla».

Mia madre è un fiume uscì nel 2011. Racconta una storia di due donne: una madre anziana che ha l’Alzheimer e quindi sta perdendo progressivamente la memoria e sua figlia, che si trova a doversene prendere cura. Prima della malattia il rapporto tra le due era molto conflittuale perché la madre era poco affettuosa e la figlia ne aveva sempre sofferto, ma ripensando al passato per raccontare alla madre la loro storia la donna più giovane riesce a rielaborarlo. Il libro inizia così:

Certi giorni la malattia si mangia anche i sentimenti. È un corpo apatico, emana l’assenza che lo svuota. Ha perso la capacità di provare. Allora non soffre, non vive.

Le visite di controllo servono a me. Mi rassicurano, non l’ho ammalata io e l’evoluzione è lenta. Alcune abilità sono in parte conservate. L’accompagno, mi occupo di lei, sono una figlia sufficientemente buona.

Del lavoro su quel primo libro Santini ricorda che l’incipit venne un po’ modificato in fase di editing: «Ci lavorò Raffaella Lops, che chiamai per lavorare sul testo di Donatella e che poi rimase sua editor [oggi è l’agente letteraria di Di Pietrantonio, ndr]. Ci fu un azzardo nel mettere la parola “malattia” nella prima riga, è una cosa che in genere si evita di esprimere fin dall’inizio, fu un po’ una scommessa».

Già quel primo romanzo di Di Pietrantonio fu proposto per il Premio Strega, che è il più influente tra i premi letterari italiani, quello che più di tutti ha un effetto sulle vendite dei libri. Tuttavia non venne scelto tra i dodici candidati definitivi, la cosiddetta “dozzina”. Ci entrò invece il secondo romanzo di Di Pietrantonio, pubblicato sempre da Elliot nel 2014, Bella mia. Anche questo è un libro che tra le altre cose parla di maternità: la protagonista si improvvisa nel ruolo di madre per il figlio adolescente della sorella gemella, morta nel terremoto dell’Aquila del 2009, mentre vive in una delle case provvisorie messe a disposizione dei terremotati.

È con il suo terzo romanzo, il primo pubblicato da Einaudi, che Di Pietrantonio ha ottenuto un grande successo di vendite. L’Arminuta vinse il Premio Campiello (secondo allo Strega per importanza) nel 2017 e fu uno dei libri di cui si parlò di più in quell’anno. Il titolo significa “la ritornata”: è il soprannome della protagonista, una ragazzina di tredici anni che nell’Abruzzo degli anni Sessanta torna dalla madre biologica, che non ha mai conosciuto, dopo essere stata mandata via per ragioni inizialmente non spiegate dalla famiglia (e dunque da un’altra madre) che l’aveva adottata da piccola. Così passa da una famiglia di città e dai corsi di danza e nuoto, a una famiglia di campagna e molto numerosa. Dal romanzo è stato tratto un film omonimo, diretto da Giuseppe Bonito e uscito nel 2021.

Lo stesso anno Di Pietrantonio arrivò per la prima volta tra i finalisti dello Strega, la cosiddetta cinquina, con Borgo Sud. È considerato il seguito di L’Arminuta perché racconta della protagonista del romanzo precedente diventata adulta e di sua sorella.

Anche il libro con cui infine ha vinto lo Strega, L’età fragile, ha al centro dei rapporti tra coppie di donne. La protagonista e narratrice è impegnata a ricostruire un rapporto con la figlia ventenne durante il lockdown per il coronavirus, per cui la giovane donna è rientrata da Milano, dove studia all’università, in Abruzzo. Il romanzo però racconta anche una storia di gioventù della madre, una vicenda drammatica in cui era stata coinvolta la sua amica più cara.

– Leggi anche: Un capitolo di L’età fragile

Sulla rivista culturale Snaporaz Gianluigi Simonetti, professore di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Losanna e critico letterario che negli ultimi anni ha molto analizzato i candidati allo Strega, ha definito L’età fragile un «libro di conferme, nel bene e nel male». In senso positivo perché mostra che Di Pietrantonio è una scrittrice efficace molto capace. In senso negativo perché ripercorre gli schemi che si possono individuare nei romanzi precedenti: il fatto che raccontino la storia di due donne, in cui la maternità ha un ruolo importante, ma anche il «contrasto di civiltà» tra un Abruzzo moderno e uno antico. In parte questi temi rispecchiano le opere di altri scrittrici italiane di successo degli ultimi anni, prima fra tutte Elena Ferrante. Inoltre, secondo Simonetti, il lieto fine di L’età fragile è meno interessante dal punto di vista letterario delle pagine in cui la protagonista mostra la sua ambivalenza nei confronti della maternità.

«Forse per Di Pietrantonio è arrivato il momento di scegliere: restare la scrittrice efficace, sicura e perbene che certamente è», ha concluso Simonetti, «oppure sottrarre il suo indubbio talento narrativo alla gabbia delle simmetrie, lasciarlo libero di indagare le sue (e le nostre) contraddizioni, spingere più in là la sua letteratura».

L’età fragile è stato pubblicato alla fine di novembre e da allora ha venduto circa 70mila copie, già un risultato molto buono per i numeri dell’editoria, ma è molto probabile che grazie allo Strega sarà comprato da molte altre persone e in un certo senso confermerà Di Pietrantonio come una delle scrittrici italiane più lette.

– Ascolta anche: La puntata di Timbuctu su L’età fragile

A novembre, in un’intervista su Tuttolibri della Stampa, lo scrittore Nicola Lagioia le aveva chiesto come mai non avesse mai lasciato il suo lavoro da dentista nonostante l’impegno con la scrittura (e il conseguente successo). Di Pietrantonio aveva risposto: «Ho difficoltà a lasciare perché il rapporto coi bambini è sempre fonte di gioia e arricchimento, penso però che l’anno prossimo mi ritirerò dalla professione». Aveva anche aggiunto: «Non rimpiango di avere fatto la dentista, certamente è stata una mancanza di coraggio: mi sembrava impossibile anche solo dire a una famiglia contadina che cosa avrei voluto veramente fare».

Ricordando il suo esordio di scrittrice, Santini commenta: «A volte i migliori scrittori sono quelli che credono di meno in sé stessi. Una volta che capiscono che possono farcela le cose vanno avanti in maniera naturale».