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  • Giovedì 4 luglio 2024

Ci stavamo dimenticando del Senato francese?

In Francia si sta discutendo della camera alta come di un altro strumento per provare a fermare il Rassemblement National di Marine Le Pen, e con diversi argomenti validi

La cupola del palazzo del Lussemburgo a Parigi, sede del Senato francese (AP Photo/Lewis Joly)
La cupola del palazzo del Lussemburgo a Parigi, sede del Senato francese (AP Photo/Lewis Joly)
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Una delle questioni più discusse in questi ultimi giorni in Francia da diversi partiti politici ma anche dall’opinione pubblica è come fermare il Rassemblement National (RN), il partito di estrema destra guidato da Marine Le Pen e Jordan Bardella che al ballottaggio previsto per domenica ha buone possibilità di ottenere la maggioranza dei seggi all’Assemblea Nazionale (la camera bassa del parlamento francese): al primo turno era stato nettamente il partito più votato.

La strategia usata finora è stata quella della desistenza: diversi partiti hanno cioè ritirato i propri candidati nelle circoscrizioni dove ci sarebbe stato un ballottaggio a tre e a quattro, con l’obiettivo di concentrare tutti i voti dell’elettorato di centro e di sinistra su una sola persona, riducendo così le possibilità di vittoria per RN. Molti leader politici, compreso l’attuale primo ministro Gabriel Attal, hanno inoltre fatto appello per formare una larga coalizione di governo contro RN, se questo dovesse ottenere solo una maggioranza relativa. Altri stanno ricordando il ruolo che potrebbe avere il Senato, la camera alta del parlamento francese la cui funzione è da tempo molto contestata.

Il Senato francese, che ha 348 seggi, non è coinvolto nelle elezioni legislative attualmente in corso. A differenza dei deputati e delle deputate dell’Assemblea Nazionale, i senatori e le senatrici sono infatti eletti a suffragio universale indiretto da circa 162 mila grandi elettori che per la maggior parte sono amministratori locali. Il loro mandato dura sei anni, ma ogni tre anni metà del Senato viene rinnovata. L’ultimo rinnovo c’è stato nel 2023: RN elesse 3 senatori che fanno parte del gruppo dei non iscritti, perché non sono un numero sufficiente per formare un gruppo politico (un gruppo deve essere composto da almeno dieci senatori).

Dall’inizio della Quinta Repubblica, iniziata alla fine degli anni Cinquanta con l’approvazione della settima Costituzione repubblicana della Francia, quella in vigore ancora oggi, il Senato ha avuto una sola volta una maggioranza di sinistra, che è durata solo tre anni, dal 2011 al 2014. Attualmente, e così è stato storicamente, il partito di destra dei Repubblicani è quello con il numero maggiore di senatori.

Come in altri paesi l’utilità del Senato è stata più volte messa in discussione. Il generale Charles de Gaulle, primo presidente della Quinta Repubblica, ne parlò come di un covo di «vecchi e avvizziti crumiri»; l’ex primo ministro socialista Lionel Jospin lo definì «un’anomalia» della democrazia; e in generale a seconda dei casi i partiti di sinistra ne chiedono o l’abolizione o una sua trasformazione, poiché non è secondo loro espressione democratica della volontà dei cittadini e delle cittadine e perché ha spesso agito in senso conservatore.

Il Senato ha poteri limitati rispetto all’Assemblea Nazionale, le cui decisioni, in base al quarto comma dell’articolo 45 della Costituzione, prevalgono in caso di disaccordo fra le due camere. Il Senato condivide comunque con l’Assemblea il potere legislativo e ha un ruolo nell’approvazione delle leggi. La sua funzione principale è soprattutto quella di valutare l’efficacia delle politiche pubbliche e di controllare l’azione governativa attraverso il lavoro delle commissioni e delle delegazioni parlamentari.

Il Senato esercita cioè un contro-potere «utile alla democrazia», come si dice nel sito stesso del Senato, e negli anni diverse inchieste di questa camera ne hanno dimostrato l’influenza sull’azione del governo.

Uno degli esempi più recenti dell’efficacia del Senato è stata l’inchiesta sul fondo Marianne creato dall’allora ministra macronista Marlène Schiappa a pochi mesi dall’omicidio del professore di storia e geografia Samuel Paty. L’obiettivo del fondo era finanziare persone e associazioni che lottassero contro il separatismo religioso e a favore della laicità. Dopo un anno alcune inchieste giornalistiche avevano però dimostrato come parte dei fondi fosse sparita e come l’associazione che aveva beneficiato del finanziamento più consistente lo avesse utilizzato in maniera poco trasparente.

Sulla questione erano state avviate due inchieste, una giudiziaria e una parlamentare, al Senato appunto, che aveva poi pubblicato la propria relazione finale che indicava la ministra come responsabile politica di quanto accaduto. Quella relazione aveva definitivamente contribuito a indebolire la posizione di Schiappa nel governo che da lì a poco era stata sostituita.

C’è poi il caso dell’ex capo della sicurezza del presidente francese Emmanuel Macron, Alexandre Benalla. In un video girato nel 2018 durante una manifestazione del primo maggio a Parigi, si vede Benalla con un elmetto della polizia mentre trascina per la strada e colpisce in modo violento due manifestanti durante un corteo, pur non facendo parte della polizia. La storia aveva creato molti problemi al presidente Macron, che per settimane aveva ignorato le accuse a Benalla: su pressione della presidenza, la commissione dell’Assemblea Nazionale composta da deputati macronisti aveva rinunciato a occuparsi del caso, mentre il Senato aveva aperto un’inchiesta trasferendone poi gli atti finali alla magistratura e chiedendo che Benalla venisse processato. La scorsa settimana Benalla è stato condannato in via definitiva a un anno di carcere.

Negli ultimi anni il Senato ha avuto un ruolo fondamentale dal punto di vista legislativo e nella strategia parlamentare del governo di Emmanuel Macron, dopo che nel 2022 aveva perso la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale. Il governo di Macron si è infatti spesso affidato al Senato per iniziare l’esame dei propri progetti di legge, dove era più facile trovare un accordo con la destra, e in questo modo i senatori hanno guadagnato una grande influenza sui contenuti dei testi, molti dei loro emendamenti sono stati adottati e poi mantenuti nelle versioni finali e nel 2023 il 93 per cento delle leggi è stato adottato di comune accordo tra le due camere.

Nell’ipotesi di una futura maggioranza e di un futuro governo di RN all’Assemblea Nazionale, il ruolo di contro-potere del Senato potrebbe secondo alcuni diventare significativo e questo, come ha scritto sulla versione francese di Slate il giornalista politico Sébastien Natroll, potrebbe far ricredere sull’utilità di questa camera anche i suoi più ferventi detrattori.

Samy Benzina, docente di diritto pubblico all’Università di Poitiers, ha spiegato su Le Monde che un primo ministro di RN godrebbe ovviamente di un ampio margine di manovra potendo adottare tutti i testi di legge che riterrà opportuni, poiché la Costituzione dà all’Assemblea Nazionale l’ultima parola in caso di disaccordo con il Senato. Nonostante questo potere limitato, il Senato potrebbe però avere diverse possibilità di ostacolare l’azione di un futuro governo di estrema destra soprattutto tenendo conto del fatto che ci si ritroverebbe nella situazione della cosiddetta “coabitazione”, che si verifica quando presidente e primo ministro appartengono a diverse famiglie politiche.

Governare il paese in una situazione di coabitazione è difficile e richiede una buona dose di collaborazione fra le parti. Con un presidente della Repubblica e un Senato ostile, RN non potrebbe ad esempio modificare la Costituzione né ricorrere ai referendum, e dovrebbe costantemente fare i conti con il fatto che durante il procedimento legislativo ogni testo è esaminato da una delle sette commissioni permanenti o da una commissione speciale del Senato, prima di essere discusso dall’Assemblea.

Infine c’è la questione del Consiglio costituzionale, che svolge la funzione di controllo di legittimità delle leggi anche prima della loro promulgazione dato che possono essere sottoposte al suo esame su richiesta anche del presidente della Repubblica o del presidente del Senato. Negli anni RN ha attaccato regolarmente il Consiglio costituzionale vedendolo come un ostacolo alle proprie proposte più radicali, alcune delle quali sono contenute nel programma per le legislative e che diversi esperti hanno già giudicato a rischio di incostituzionalità.

– Leggi anche: Il programma di governo del Rassemblement National

Nel febbraio 2025, il presidente della Repubblica dovrà nominare il successore di Laurent Fabius, socialista e attuale presidente del Consiglio Costituzionale, per un mandato che durerà nove anni. Inoltre, il presidente dell’Assemblea Nazionale e quello del Senato nomineranno ciascuno un nuovo membro del Consiglio e sempre per un mandato di nove anni. Perché RN possa dire la sua dovrebbe innanzitutto ottenere la presidenza dell’Assemblea Nazionale dato che il presidente del Senato, il repubblicano Gérard Larcher, e il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, rimarranno in carica indipendentemente da come andranno le elezioni.