40 anni fa erano giorni importanti per la musica alternativa statunitense
Quasi in contemporanea uscirono “Zen Arcade” degli Hüsker Dü e “Double Nickels on the Dime” dei Minutemen, due dischi di punk hardcore molto legati tra loro
Nell’ottobre del 1983 Grant Hart, Bob Mould e Greg Norton, i membri della band di punk hardcore statunitense degli Hüsker Dü, si presentarono agli studi della Total Access di Redondo Beach, in California, per incontrare una figura mitica della musica alternativa del tempo: Glenn Michael Lockett, il coordinatore degli ingegneri del suono dell’etichetta discografica SST Records, conosciuto nell’ambiente con lo pseudonimo “Spot”.
Hart e Mould lo avevano contattato perché volevano registrare una serie di canzoni che avevano composto all’interno di una chiesa sconsacrata di St.Paul, in Minnesota, nell’estate di quell’anno. La sessione durò pochissimo: tutte e 25 le canzoni furono registrate e mixate in meno di due giorni, e l’intera operazione costò appena 3.500 dollari.
Il risultato finale di quella frenetica, improvvisata ed economica sessione di registrazione fu Zen Arcade, uno degli album più importanti del punk hardcore statunitense, considerato un riferimento fondamentale per lo sviluppo di altri sottogeneri, come l’emo e il post-hardcore, e in generale della musica alternativa americana.
Anche se gli Hüsker Dü cominciarono a suonare sin da subito le canzoni di Zen Arcade durante i concerti, la SST pubblicò l’album soltanto il primo luglio dell’anno successivo, quarant’anni fa. L’etichetta, che era indipendente e distribuiva i dischi soltanto attraverso una limitata rete di negozi con cui era in rapporti, ritardò l’uscita perché fosse il più ravvicinata possibile con quella di un altro disco fondamentale del rock alternativo americano: Double Nickels on the Dime, il terzo album in studio della band hardcore punk californiana dei Minutemen, che uscì tra il 3 e il 5 luglio del 1984 (la data di pubblicazione esatta non è chiara).
Spesso i critici musicali tendono a paragonare Zen Arcade e Double Nickels on the Dime, o comunque a tracciare dei parallelismi tra i due album, che furono tra quelli che segnarono un punto di inizio dell’alternative rock. In un’intervista data al giornalista musicale Michael Azerrad e contenuta nel saggio America indie 1981-1991. Dieci anni di rock underground, il cantante e fondatore dei Minutemen Mike Watt ha raccontato che Double Nickels on the Dime fu il risultato di una «sana competizione» con gli Hüsker Dü.
Le due band si erano formate pochi anni prima a migliaia di chilometri di distanza, gli Hüsker Dü a Minneapolis e i Minutemen a San Pedro, un distretto di Los Angeles. Non suonavano lo stesso tipo di musica, ma entrambe erano emerse nel contesto della nascente musica alternativa e indipendente americana, evoluzione della scena punk – e quindi di band come i Ramones e gli Stooges – che si stava articolando in vari sottogeneri, che poi sarebbero stati raccolti sotto l’etichetta di post-punk. Gli Hüsker Dü erano una band che univa uno stile di suonare molto violento a un gran gusto per le melodie, mentre i Minutemen da subito si distinsero per un approccio molto più tecnico e strumentalmente raffinato al punk, contaminato dal funk e dal jazz.
Nell’ottobre del 1983, poche settimane prima che Hart, Mould e Norton raggiungessero Spot in California per le registrazioni, i Minutemen avevano consegnato alla SST il loro secondo album, Buzz or Howl Under the Influence of Heat. Il disco uscì il mese successivo e fu recensito molto positivamente dalla stampa underground, quella che si occupava di musica alternativa, che apprezzò l’approccio sperimentale ed estremamente creativo al punk. I Minutemen erano soddisfatti del risultato, ed erano pronti a suonare in giro negli Stati Uniti per promuovere Buzz or Howl Under the Influence of Heat. Poi però Spot fece ascoltare in anteprima Zen Arcade a Watt e agli altri due membri della band, il chitarrista D. Boon e il batterista George Hurley.
Dopo il primo ascolto, i Minutemen si resero conto che gli Hüsker Dü avevano realizzato un disco straordinario, decisamente più ambizioso, sofisticato e profondo di Buzz or Howl Under the Influence of Heat. Zen Arcade si distaccava da tutti i lavori precedenti degli Hüsker Dü: pur mantenendo un approccio essenzialmente hardcore – e quindi di grande intensità, sporco e musicalmente aggressivo – in molti pezzi, Hart, Mould e Norton ne affiancarono altri in cui la distorsione delle chitarre era meno ingombrante, i ritornelli assai orecchiabili e il cantato più pulito. In alcuni brani, come “One Step At A Time” e “Broken Home Broken Heart”, vennero inserite alcune sperimentazioni irrituali per la scena punk hardcore del tempo, come chitarre acustiche e intermezzi di pianoforte.
Oltre a essere un disco musicalmente di rottura, Zen Arcade si distingueva anche per la sua qualità narrativa. Le canzoni erano legate da un filo comune in un concept album, un formato tipico del rock classico e quindi appartenente a un contesto che le band punk detestavano. Raccontavano la storia di un adolescente e del suo passaggio all’età adulta, soffermandosi sui difficili trascorsi familiari (raccontati in “Broken Home, Broken Heart” e “Never Talking to You Again”), una infelice esperienza come soldato dell’esercito statunitense (“Chartered Trips”), la scoperta della religione (“Hare Krsna”), alcune relazioni sentimentali travagliate (“Somewhere”) e la morte della sua compagna tossicodipendente (“Pink Turns to Blue”).
I Minutemen percepirono l’imminente uscita di Zen Arcade come una sorta di «sfida», e dopo averlo ascoltato si misero immediatamente a lavorare a un disco che potesse reggere il confronto. «In quel momento non è nata una scena, ma un movimento: una cosa sana e prospera», ha raccontato Watt.
In un mese scrissero 45 canzoni – perlopiù molto brevi, la maggior parte sotto ai due minuti – che poi sarebbero state distribuite nei quattro lati di Double Nickels on the Dime. Optarono per lo stesso formato di Zen Arcade – il doppio album – e, proprio come gli Hüsker Dü, decisero di trovare un filo che legasse tutte le canzoni. Alla fine Boon, Watt e Hurlay divisero il disco in tre differenti sezioni (Side D, Side Mike e Side George), ciascuna dedicata al membro della band che ne aveva curato gli arrangiamenti (un’idea ispirata a Ummagumma, il quarto disco dei Pink Floyd).
«Non avevamo un concetto comune a cui unire tutte le canzoni come avevano fatto loro», ha raccontato Watt. Alla fine però sforzarsi di realizzare un disco lungo e stratificato come quello degli Hüsker Dü li portò a produrre «qualcosa che non assomigliava a nulla che avessimo pubblicato prima». Pur non raccontando una storia unica, quelle di Double Nickels on the Dime erano comunque canzoni impegnate, su temi come la guerra del Vietnam, il razzismo sistemico statunitense e le condizioni della classe operaia, affrontati tutti da una prospettiva orgogliosamente di sinistra.
Zen Arcade rimaneva un album impareggiabile dal punto di vista narrativo, ma i Minutemen tentarono di recuperare il divario nel racconto concentrandosi sulla sperimentazione musicale. Come ha scritto il giornalista musicale Marc Masters su Pitchfork, in Double Nickels on the Dime i Minutemen diedero l’impressione di concepire il punk in un modo diverso rispetto ai loro contemporanei. Non era un album caratterizzato dalla ricerca ossessiva di un suono aggressivo e feroce, come gli altri lavori hardcore punk del tempo, ma un disco in cui «alcune canzoni erano jazz frammentato, altre folk malinconico, altre ancora funk flemmatico e rilassato. Non erano interessati al volume puro o all’aggressività, come i loro colleghi: ciò che ha spinto il trio verso il punk è stata la possibilità di suonare qualsiasi cosa volessero».
Quando la SST pubblicò Double Nickels on the Dime, Watt inserì un omaggio esplicito agli Hüsker Dü nel booklet (“prendete questo, Hüskers!”), a sottolineare come il senso di competizione nei confronti di Zen Arcade fosse stato un elemento essenziale per la realizzazione del disco.
Entrambe le band si sciolsero poco tempo dopo l’uscita dei loro dischi migliori: i Minutemen nel 1985 in seguito alla morte di Boon in un incidente d’auto, e gli Hüsker Dü due anni dopo per via dei continui dissidi artistici tra Mould e Hart, che durante la loro esperienza nel gruppo litigarono spessissimo per il controllo sui processi creativi della band.
Nel suo libro, Azerrad ha raccontato altri aspetti che caratterizzarono l’uscita di questi dischi. Per esempio, a causa di quello che Spot definì «un eccesso di prudenza», la prima tiratura di Zen Arcade fu molto limitata: ne furono stampate appena 5mila copie, che finirono nel giro di poche settimane. Dato che la SST aveva a disposizione delle risorse molto limitate, il processo di ristampa del disco durò molto tempo, provocando notevoli disagi economici agli Hüsker Dü, che quando promuovevano Zen Arcade nei negozi regalavano ai fan delle illustrazioni personalizzate, non disponendo di alcun supporto fisico da mostrare o vendere.
Dopo l’uscita del disco, gli Hüsker Dü mostrarono una certa insofferenza non soltanto per le perdite economiche dovute agli errori di programmazione della SST, ma anche perché la pubblicazione di Zen Arcade fu volutamente posticipata: sarebbe dovuto uscire entro la fine del 1983, ma l’etichetta decise di rimandare perché voleva presentarlo insieme a Double Nickels on the Dime, nella convinzione di poter massimizzare le vendite.
Dopo l’uscita dei dischi, le carriere dei due gruppi evolsero in maniere differenti: gli Hüsker Dü diventarono un gruppo di enorme culto, e grazie alla forte componente pop delle loro canzoni uscirono dalla nicchia della musica alternativa raccogliendo fan anche fuori con i dischi successivi. Alla fine, dopo alcuni anni di indecisione, gli Hüsker Dü accettarono di pubblicare con una major, Warner Brothers, Candy Apple Grey (1986) e Warehouse: Songs and Stories (1987). Furono una delle prime band emerse nei circuiti indipendenti a fare questo genere di salto, e il contratto che ottennero – che gli lasciava enormi libertà – diventò un modello per le altre band che fecero la stessa scelta. Col senno di poi, raccontarono, i soldi che guadagnarono non furono molti di più di quando pubblicavano con SST.
Dalla metà degli anni Ottanta e fino agli inizi degli anni Novanta diversi gruppi – come Embrace, Rites of Spring e Nation of Ulysses, per citarne alcuni – presero spunto dalla lezione di Zen Arcade per realizzare album meno grezzi nei suoni e più introspettivi nei testi, aprendo la strada ai filoni dell’emo core e del post hardcore.
I Minutemen invece furono emulati e restarono un gruppo di nicchia e non vendettero mai molto. Rimasero piuttosto isolati anche nella loro proposta musicale volutamente cervellotica, sperimentale e difficilmente replicabile, che per certi versi però anticipò quello che sarebbe stato il math rock, genere caratterizzato da arrangiamenti e ritmi molto complessi e cervellotici. Diventarono però una delle band preferite dei R.E.M., altra band emersa dalla scena alternativa all’inizio degli anni Ottanta e che però avrebbe avuto un successo imparagonabile a praticamente tutte le altre.
Ma ancor più che l’aspetto musicale, quello che fecero band come Hüsker Dü e Minutemen, assieme a molte altre, fu perfezionare e definire un modo di intendere la musica e l’attività di una band, in aperta ostilità con quello che era diventato il sistema musicale delle major a partire dalla fine degli anni Settanta. Contribuirono a dimostrare che non serviva essere dei tipi affascinanti, belli e carismatici come le popstar per fare musica, che anche le persone normali, impacciate, sfigate, della classe popolare o perfino ai margini della società, potevano formare la loro band ed entusiasmare un loro pubblico. «La nostra band potrebbe essere la tua vita» cominciava la canzone “History Lesson (Part II)” contenuta in Double Nickels on the Dime, un verso diventato molto famoso e che avrebbe rappresentato bene il tipo di presa generazionale che ebbero molte band alternative di quegli anni.
Zen Arcade e Double Nickels on the Dime furono tra i massimi esempi del grande fervore creativo che caratterizzò la storia discografica della SST, l’etichetta che il chitarrista e produttore discografico Greg Ginn trasformò in casa discografica (originariamente era un’azienda specializzata nella riparazione di radio) nel 1976, con l’idea di autopubblicare gli album dei Black Flag, la band che aveva fondato due anni prima insieme al cantante Keith Morris, e che oggi è annoverata tra quelle di importanza fondamentale per il consolidamento di un certo modo di intendere il rock alternativo.
La SST diventò un punto di riferimento per tutti quei gruppi che volevano dissociarsi dalle derive commerciali ed edonistiche del rock che andava per la maggiore in quel periodo, e Ginn diventò il principale esponente di un’etica profondamente legata ai principi fondativi della filosofia punk e Do It Yourself, che prevedevano non solo di prodursi i dischi da sé e di distribuirli attraverso etichette indipendenti, ma spesso anche di organizzarsi da soli i tour, girando gli Stati Uniti guidando il proprio furgone e dormendo dove capitava, facendosi aprire i concerti dalle band locali perché emergessero.
Tra il 1981 e il 1991, prima che il grunge diventasse la nuova concezione dominante del rock, la SST contribuì a definire il suono del rock alternativo e dei vari sottogeneri che si svilupparono tra gli anni Ottanta e Novanta negli Stati Uniti, come il post-punk, il post-hardcore, il noise, il math rock, il doom metal, l’industrial e altri ancora, pubblicando dischi di gruppi come Sonic Youth, Dinosaur Jr., Subhumans, Meat Puppets, Dicks, DC3, Overkill L.A. e Painted Willie.