Quanto contano queste divisioni nella maggioranza
In parlamento ce ne sono state tre in mezza giornata, a causa soprattutto di una crescente insofferenza della Lega per i metodi di Fratelli d'Italia: ma non ci sono crisi in vista
Martedì è stata una giornata agitata per la maggioranza in parlamento. Per tre volte in poche ore, tra il primo pomeriggio e la sera, i partiti di destra che sostengono il governo di Giorgia Meloni si sono divisi su singole votazioni, mettendo in evidenza alcune divergenze sui temi delle concessioni balneari, della gestazione per altri (spesso chiamata impropriamente “maternità surrogata”) e della normativa sulle carceri. Questi bisticci denotano un certo nervosismo soprattutto tra la Lega e Fratelli d’Italia, coi parlamentari leghisti che sopportano con una crescente insofferenza il modo assertivo e spesso strumentale con cui Fratelli d’Italia conduce i lavori nelle aule e nelle commissioni di Camera e Senato.
Ma sono bisticci, appunto, e non la premessa di una crisi di governo, né di un’irreversibile rottura dei rapporti tra Matteo Salvini e Meloni stessa: si tratta piuttosto delle tensioni residue accumulate durante la campagna elettorale per le elezioni europee di inizio giugno, che i partiti faticano ora a smaltire.
A generare il conflitto tra la Lega e Fratelli d’Italia, in particolare, è stata la questione del rinnovo delle concessioni balneari, cioè delle licenze detenute dai gestori degli stabilimenti da decenni, in violazione di norme europee e di sentenze del Consiglio di Stato italiano, cioè il massimo organo di giustizia amministrativa. I partiti di destra non vogliono procedere alla messa a gara delle concessioni, come chiede la Commissione Europea, e cercano da tempo, in linea con quanto fatto anche da precedenti governi di diverso orientamento politico, di rinviare le procedure con diversi stratagemmi legislativi e di riconoscere ai gestori attuali cospicui indennizzi e agevolazioni.
In questo senso vanno le proposte che negli ultimi mesi la Lega ha fatto più volte, ansiosa di compiacere la piccola ma influente lobby dei balneari durante la campagna elettorale. I senatori della Lega hanno provato a inserire degli emendamenti a favore dei balneari prima nel decreto-legge cosiddetto “Coesione”, promosso dal ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto per migliorare la gestione dei fondi europei a sostegno delle regioni meno ricche del paese, poi nel decreto-legge “Agricoltura”, promosso dal ministro competente Francesco Lollobrigida. Il governo, e in particolare i ministri di Fratelli d’Italia, si sono però opposti a queste iniziative leghiste, adducendo varie ragioni più o meno fondate: sostenendo per esempio che gli emendamenti della Lega non fossero coerenti con la materia dei provvedimenti, che il presidente della Repubblica aveva riservatamente espresso delle perplessità, che la Commissione Europea avrebbe potuto irritarsi mentre erano in corso negoziati delicati tra il governo e le istituzioni comunitarie.
Tuttavia martedì il presidente della commissione Agricoltura del Senato Luca De Carlo, di Fratelli d’Italia, ha annunciato che l’emendamento della Lega sui balneari, che la Lega stessa si era rifiutata di ritirare, era stato dichiarato improponibile. A quel punto il capogruppo leghista Massimiliano Romeo, che da tempo polemizza con FdI su questo tema, si è molto risentito e in maniera un po’ provocatoria ha detto che intende ripresentare lo stesso emendamento al prossimo provvedimento, cioè il decreto-legge “Infrastrutture”. Ma a generare la reazione di Romeo è stato soprattutto il fatto che, proprio mentre bocciava questo emendamento della Lega al Senato, Fratelli d’Italia annunciava l’intenzione di votare un proprio emendamento simile alla Camera.
In questi giorni, forse già nel pomeriggio di mercoledì, la commissione Finanze della Camera discuterà una proposta di legge sulla modifica del codice di navigazione fatta da Riccardo Zucconi e Gianluca Caramanna, due deputati di Fratelli d’Italia da sempre molto esposti a favore dei balneari. Tra gli altri, si discuterà un emendamento di Zucconi il quale prevede che in caso di messa a gara della concessione, il vincitore del bando che subentra nella gestione dello stabilimento dovrà riconoscere un indennizzo al gestore uscente: una proposta per molti aspetti simile a quella della Lega, e che avrà però con ogni probabilità il parere favorevole del governo e del presidente di Commissione, Marco Osnato, pure lui di Fratelli d’Italia.
In sintesi, i leghisti contestano agli esponenti di Fratelli d’Italia di bocciare gli emendamenti solamente per potersi presentare loro come i difensori degli interessi dei balneari.
Le tensioni generate sul tema dei balneari si sono a quel punto riverberate anche su un altro provvedimento in discussione al Senato nella commissione Giustizia, il disegno di legge promosso da Fratelli d’Italia per poter rendere reato universale la gestazione per altri, cioè per renderlo perseguibile in Italia anche se commesso all’estero. Martedì il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, di Forza Italia, d’intesa col ministro per i Rapporti col parlamento Luca Ciriani di Fratelli d’Italia, ha chiesto ai senatori di maggioranza di ritirare tutti gli emendamenti, per non rallentare l’approvazione del provvedimento: se infatti il Senato modificasse il testo, già approvato alla Camera nel luglio 2023, a quel punto sarebbe necessario un nuovo passaggio alla Camera, secondo le norme del bicameralismo.
Forza Italia si è adeguata, e il capogruppo Maurizio Gasparri ha ritirato un suo emendamento controverso. La Lega, invece, anche per via delle polemiche sorte intorno ai balneari, ha deciso di mantenere le sue due proposte di modifica.
Una rischiava di far venire meno la maggioranza in commissione: si trattava infatti di un emendamento che riscriveva le finalità del provvedimento in maniera strumentale, e che le opposizioni erano pronte a votare insieme alla Lega con l’obiettivo di mandare sotto la maggioranza, cioè farla perdere. Dopo uno stallo durato quasi un’ora, con i senatori di Fratelli d’Italia che intervenivano per guadagnare tempo, alla fine la Lega ha deciso di accantonare l’emendamento, ma non lo ha fatto invece con l’altro: quello che per così dire “scavalca” a destra Fratelli d’Italia sul tema della gpa. Se infatti la proposta di FdI consiste nel rendere perseguibile in Italia il reato anche se commesso all’estero, mantenendo però la stessa pena massima di due anni di carcere e un milione di euro di multa, l’emendamento della Lega presentato dal capogruppo Romeo prevede, tra l’altro, che la pena venga aumentata sensibilmente: da quattro a dieci anni di reclusione e una multa da 600mila a 2 milioni di euro, introducendo peraltro una pena da cinque a quindici anni di carcere per il pubblico ufficiale che annoti nei registri dello Stato civile il bambino o la bambina nata da gpa.
Era anche questa, per certi versi, una mossa provocatoria: mostrarsi cioè ancor più intransigenti su un tema su cui la propaganda di Fratelli d’Italia aveva puntato molto nei mesi passati. Dopo un dibattito concitato tra i senatori di Lega e Fratelli d’Italia, i primi hanno deciso di mantenere l’emendamento, che è stato poi votato solo dai due esponenti leghisti della commissione Giustizia, Manfredi Potenti ed Erika Stefani. Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno invece votato contro: e così la maggioranza si è divisa.
Erano grosso modo le otto di sera: a quello stesso orario, alla Camera, c’è stata un’altra rottura tra i partiti di governo.
La commissione Giustizia stava infatti discutendo il disegno di legge che introduce norme piuttosto severe sulla sicurezza pubblica, un provvedimento che ha seguito un percorso bizzarro. Approvato dal Consiglio dei ministri il 16 novembre del 2023, era stato più volte oggetto di un dibattito inconcludente alla Camera, durante il quale la maggioranza aveva provato ad approvarlo salvo poi rinunciare ogni volta. Sia la Lega sia Fratelli d’Italia, infatti, durante la campagna elettorale per le europee avevano provato in vario modo a utilizzarlo per metterci dentro alcune misure dall’alto valore simbolico e propagandistico, da un aumento delle norme sul contrasto all’immigrazione fino alla castrazione chimica per chi compie reati sessuali, passando per l’obbligo di predicazione in italiano nei luoghi di culto musulmani. Ora che le elezioni sono passate, però, i due partiti faticano a rinnegare quelle proposte in maniera plateale.
In questo contesto di toni esasperati, i deputati di Forza Italia hanno deciso di non assecondare la volontà degli alleati di governo su un tema su cui da tempo il partito di Antonio Tajani aveva espresso perplessità, ovvero la norma che consente l’arresto delle donne incinte o con bambini di meno di un anno, per le quali al momento è previsto un regime di detenzione attenuato in apposite strutture per tutelare la salute dei bambini già nati o che devono nascere. Il capogruppo di Forza Italia in commissione, Paolo Emilio Russo, ha dapprima segnalato le perplessità del suo partito. Poi, di fronte alla fermezza di Fratelli d’Italia e Lega, ha deciso che il suo gruppo si sarebbe astenuto sugli emendamenti proposti dalle opposizioni di centrosinistra per sopprimere quella norma.
L’astensione è stato un segnale politico, che non ha compromesso l’esito del voto ma ha mostrato le divergenze all’interno della maggioranza: Lega e Fratelli d’Italia sono riuscite a respingere la proposta delle opposizioni per 21 voti contro 18, ma i quattro astenuti di Forza Italia hanno dimostrato di essere determinanti, perché se avessero votato con le opposizioni la maggioranza sarebbe stata sconfitta 22 a 21. Hanno anche fatto sapere che ribadiranno la propria contrarietà anche in seguito, quando il provvedimento verrà discusso in aula.