Il volo di British Airways che atterrò in Kuwait il giorno in cui iniziò la Prima Guerra del Golfo
Passeggeri ed equipaggio furono presi in ostaggio dal regime iracheno di Saddam Hussein, che li usò come "scudi umani”: alcuni di loro ora vogliono fare causa al governo britannico
Il 2 agosto 1990, mentre l’esercito iracheno invadeva il Kuwait dando inizio alla prima guerra del Golfo, un aereo della compagnia britannica British Airways con 385 persone a bordo atterrò a Kuwait City, la capitale del paese. L’aereo era partito da Londra la sera prima, era diretto a Kuala Lumpur, in Malesia: era stato previsto uno scalo tecnico nel paese del Golfo per fare rifornimento di carburante. Dopo l’atterraggio, però, passeggeri e membri dell’equipaggio furono presi in ostaggio dall’esercito iracheno, furono sottoposti ad abusi, torturati e usati come “scudi umani” a protezione di obiettivi militari iracheni.
Ora 95 passeggeri e diversi membri dell’equipaggio di quel volo, il BA149, hanno annunciato la volontà di fare causa a British Airways e al governo britannico.
Dopo decenni di polemiche e speculazioni, infatti, nel 2021 furono desecretati alcuni documenti ufficiali che mostravano come il governo britannico fosse a conoscenza dell’imminente invasione dell’esercito iracheno in Kuwait; questo fatto fu confermato dall’allora ministra degli Esteri Liz Truss, che aggiunse che il governo non informò la compagnia aerea. Secondo i querelanti, la compagnia aerea sarebbe stata però a conoscenza della situazione in Kuwait e avrebbe anche messo a disposizione quel volo per trasportare una squadra militare speciale sotto copertura.
Il volo BA149 decollò da Londra quando il dittatore iracheno Saddam Hussein aveva già concentrato i propri soldati al confine con il Kuwait: nelle settimane precedenti la situazione era diventata sempre più tesa a causa di dispute relative a un ingente debito dell’Iraq nei confronti del Kuwait e presunte violazioni kuwatiane dei diritti di trivellazione petrolifera.
Quando nelle prime ore del 2 agosto l’aereo di British Airways atterrò sulla pista del Kuwait International Airport, trovò una struttura pressoché deserta, con scontri tra militari a pochi chilometri di distanza. I passeggeri che avevano Kuwait City come destinazione finale sbarcarono, ma attesero invano che venissero sbarcati anche i loro bagagli e rimasero bloccati nelle strutture dell’aeroporto. L’equipaggio fu informato che l’aeroporto sarebbe rimasto bloccato per almeno due ore, e il volo non poté ripartire. Alcune ore dopo l’esercito iracheno prese il controllo dell’aeroporto.
Passeggeri ed equipaggio del volo (l’unico atterrato in quelle ore) furono fatti sbarcare e immediatamente presi in ostaggio dall’esercito iracheno. Alcuni rimasero in quella condizione per settimane, altri per mesi, fino a un massimo di cinque. Gli ostaggi raccontarono in seguito di condizioni di detenzione particolarmente dure, con poco cibo e poca acqua a disposizione, pessime condizioni igieniche, abusi e minacce. Alcuni ostaggi furono picchiati, altri violentati, altri sottoposti a torture come finte esecuzioni, molti dovettero assistere ad atrocità che causarono traumi che ne condizionarono la vita anche dopo la liberazione.
La questione degli ostaggi divenne subito oggetto di trattative diplomatiche internazionali (i passeggeri erano di molte nazionalità diverse). Saddam Hussein si fece riprendere con alcuni di loro, fra cui un bambino di cinque anni, nell’intento di dimostrare che erano detenuti in buone condizioni. Alcuni furono liberati presto, altri furono trasferiti in varie località dell’Iraq e del Kuwait.
Intanto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva autorizzato una coalizione di 34 paesi, guidata dagli Stati Uniti, che avrebbe dovuto intervenire militarmente per mettere fine all’invasione del Kuwait. Saddam Hussein utilizzò gli ostaggi come “scudi umani” a protezione di obiettivi sensibili, nell’intento di scongiurare un bombardamento dei siti da parte della coalizione.
Prima che la coalizione internazionale intervenisse (l’operazione fu chiamata Desert Storm), a metà dicembre furono rilasciati anche gli ultimi ostaggi, dopo lunghe trattative. Il 16 gennaio l’intervento iniziò e portò alla liberazione del Kuwait in poco più di un mese.
Negli anni seguenti la gestione del volo BA149 fu al centro di molte polemiche e anche di alcune teorie non confermate.
Anthony Paice, un ex dipendente dell’ambasciata britannica che dice di aver avuto «compiti di intelligence politica», disse nel 2021 di aver parlato con rappresentanti della compagnia aerea la sera prima del volo, avvertendoli dei possibili rischi. Clive Earthy, responsabile dei servizi a bordo del volo, ricordò che l’aereo fu accolto da un uomo in divisa militare britannica e che dieci uomini imbarcati all’aeroporto di Londra ebbero la precedenza nelle procedure di sbarco. Stephen Davis, autore del libro Operation Trojan Horse, disse di aver intervistato in forma anonima alcuni dei membri di quella squadra che facevano parte di una missione speciale sotto copertura. Queste ricostruzioni sono sempre state smentite dai governi britannici.
L’aereo di British Airways rimase sulla pista dell’aeroporto per i giorni e i mesi successivi: durante la guerra fu distrutto. Non è mai stato ricostruito con certezza se sia stato colpito durante un bombardamento o fatto esplodere da terra.