Negli Stati Uniti è stato approvato un nuovo farmaco contro l’Alzheimer precoce

È il terzo dal 2021, ma come i precedenti è un trattamento per provare a rallentare lo sviluppo della malattia nelle fasi iniziali, non una cura definitiva

Dettaglio di un cervello di una persona che aveva l'Alzheimer esposto nel Museo di Neuroanatomia dell'Università di Buffalo
Dettaglio di un cervello di una persona che aveva l'Alzheimer esposto nel Museo di Neuroanatomia dell'Università di Buffalo (AP Photo/David Duprey)
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Martedì la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha approvato un nuovo farmaco che dovrebbe rallentare gli effetti del morbo di Alzheimer, la malattia che causa una progressiva perdita della memoria e per cui al momento non è disponibile una cura. Il farmaco si chiama donanemab, è un anticorpo monoclonale ed è venduto negli Stati Uniti con il nome commerciale Kisunla da parte dell’azienda farmaceutica Eli Lilly.

Il Kisunla è il terzo medicinale studiato per rallentare gli effetti dell’Alzheimer a essere approvato dalla FDA, ma come gli altri due farmaci approvati in precedenza non è una terapia risolutiva. In un test clinico che ha coinvolto 1.700 persone ed è durato 18 mesi si è dimostrato in grado di avere un’efficacia limitata: nei pazienti a cui era stato somministrato è stato rilevato un declino delle capacità cognitive del 35 per cento più lento rispetto ai pazienti con placebo, cioè una sostanza che non fa nulla.

Attualmente i farmaci disponibili per le persone a cui è stato diagnosticato l’Alzheimer cercano di intervenire sui sintomi della malattia, ma non sono molto efficaci contro la malattia in sé, soprattutto nelle forme più avanzate. Per questo da tempo vari gruppi di ricerca stanno cercando modi per intervenire sulle cause della patologia – che non sono però ancora completamente chiare – in modo da farla progredire più lentamente.

Più nello specifico sono state fatte ricerche sulla betamiloide, una proteina che causa un accumulo di placche nei neuroni (le cellule del cervello) rendendoli via via meno reattivi e funzionali. Questa proteina è sospettata di essere una, se non la principale, causa dell’Alzheimer, ma tenerla sotto controllo è molto difficile e ci sono ancora dubbi sul suo ruolo nella malattia.

Nel 2021 la FDA aveva approvato l’Aduhelm (aducanumab) di Biogen tra molti dubbi della comunità scientifica: il farmaco non aveva dato i risultati sperati, per questo era stato poco usato e lo scorso gennaio è stato ritirato dal commercio. La scorsa estate invece la FDA aveva approvato un altro farmaco sviluppato da Biogen insieme a un’altra azienda, Eisai, cioè il Leqembi (lecanemab). Nel test clinico dedicato, i pazienti che avevano ricevuto il lecanemab avevano fatto rilevare un declino delle capacità cognitive del 27 per cento più lento rispetto ai pazienti con placebo.

Sia nel caso del lecanemab che nel caso del donanemab la riduzione degli effetti dell’Alzheimer è tutto sommato poco marcata e di conseguenza medici ed esperti si chiedono se possa essere sufficiente per essere notata dai pazienti e dai loro cari. Inoltre entrambi i medicinali possono causare gravi effetti collaterali, potenzialmente mortali: nella sperimentazione sul donanemab tre persone sono morte in relazione all’assunzione del farmaco. Tuttavia secondo la commissione che ha consigliato l’approvazione dei farmaci i benefici sono superiori ai rischi.

– Leggi anche: Perché andarci cauti sul lecanemab

Eli Lilly non ha ancora fatto sapere quanto costeranno i trattamenti con il Kisunla, ma probabilmente saranno necessarie decine di migliaia di dollari all’anno.