Le prime critiche pubbliche dei Democratici americani a Joe Biden
Dopo giorni di unità a seguito del dibattito disastroso contro Trump, alcuni esponenti del partito hanno espresso preoccupazioni e un deputato ha chiesto il ritiro del presidente
Nel disastroso dibattito della settimana scorsa contro Donald Trump il presidente degli Stati Uniti Joe Biden era apparso fragile, confuso e incapace di sostenere il confronto, eppure il Partito Democratico era rimasto unito nel sostenerlo. Tra martedì e mercoledì tuttavia le cose sono cambiate, e vari Democratici non di primo piano hanno cominciato a esprimere pubblicamente dubbi e perplessità sulle capacità di Biden di vincere le elezioni del prossimo novembre. Nella giornata di mercoledì, in particolare, si sono fatte più insistenti le voci di un suo possibile ritiro: con il risultato che adesso il presidente sta cercando di tranquillizzare il suo partito.
I Democratici statunitensi erano rimasti uniti attorno a Biden anche dopo che molti media progressisti influenti ne avevano chiesto esplicitamente il ritiro. Alcuni suoi membri più in vista avevano continuato a sostenere che il presidente fosse ancora in grado di vincere le elezioni, nonostante il calo di consensi seguito al dibattito. Adesso però sono arrivate le prime critiche anche dal suo stesso partito.
Un senatore Democratico eletto nel Rhode Island, Sheldon Whitehouse, ha detto a una tv locale di essere rimasto «inorridito» dalla performance di Biden al dibattito, e ha chiesto alla Casa Bianca di essere più trasparente sulle «condizioni» del presidente, per rassicurare gli elettori che quella del dibattito sia stata «un’anomalia e non il modo in cui è normalmente». Un altro senatore, Peter Welch del Vermont, ha criticato lo staff di Biden alla Casa Bianca accusandolo di avere «un atteggiamento supponente nei confronti di chi solleva preoccupazioni».
Poco dopo Lloyd Doggett, un deputato del Texas, è diventato il primo esponente del Partito Democratico a chiedere ufficialmente il ritiro di Biden. «Anziché rassicurare gli elettori, il presidente non è riuscito a difendere i suoi molti successi e a smascherare le bugie di Trump», ha detto in un comunicato, in cui poi ha aggiunto: «Il presidente Biden ha salvato la nostra democrazia liberandoci da Trump nel 2020, non ci deve consegnare a Trump nel 2024».
Ci sono stati altri casi del genere. Il deputato Jared Golden ha detto che Biden non ha possibilità di vincere le elezioni, così come la deputata Marie Gluesenkamp Perez, che ha detto: «Tutti sappiamo quello che abbiamo visto, non si può tornare indietro, e la verità è che, temo, Biden perderà contro Trump». Sempre mercoledì il deputato dell’Arizona Raúl Grijalva ha detto che Biden dovrebbe farsi carico della responsabilità di quel ruolo, e che «parte di quella responsabilità è uscire da questa gara».
Tutte queste dichiarazioni piuttosto esplicite vengono da esponenti di secondo piano del partito: né Doggett né gli altri sono politici particolarmente noti o influenti negli Stati Uniti. Tuttavia sono arrivati alcuni segnali di preoccupazione anche da esponenti di maggior rilievo. La ex speaker della Camera Nancy Pelosi ha detto che è «legittimo» chiedersi se le condizioni di Biden viste al dibattito siano «un episodio o la normalità». In maniera privata, ma che è comunque arrivata ai giornali, nei giorni passati anche alcuni governatori avevano espresso preoccupazioni nei confronti delle condizioni di Biden.
Mercoledì il New York Times ha pubblicato un articolo in cui sostiene che il presidente abbia detto in confidenza a un suo alleato che starebbe valutando di ritirarsi, e di essere consapevole che non sarà in grado di proseguire con la candidatura se nelle occasioni pubbliche dei prossimi giorni non sarà in grado di convincere il pubblico che può fare il presidente. L’ufficio stampa del presidente ha subito smentito questa ricostruzione; poi, durante una conferenza stampa, la portavoce della Casa Bianca Karine Jean-Pierre ha detto che il presidente «non sta assolutamente» prendendo in considerazione di ritirarsi.
Tra le altre cose sempre mercoledì Biden ha incontrato per pranzo la vicepresidente Kamala Harris e ha fissato un incontro alla Casa Bianca con una ventina di governatori Democratici con cui dopo il dibattito non si era più sentito. Con ogni probabilità si parlerà dell’età e della salute di Biden, che cercherà di mantenere il consenso tra alcuni degli esponenti più in vista del suo partito. Secondo una persona informata sui fatti citata dal New York Times, durante un altro incontro con lo staff della sua campagna elettorale, a cui era presente anche Harris, il presidente avrebbe detto di essere «in gara fino alla fine», e che i Democratici «vinceranno, perché quando siamo uniti vinciamo sempre».
In generale, secondo molti media, mentre in questi giorni il Partito Democratico ha cercato di mantenere una certa unità in pubblico, in privato molti suoi esponenti sono entrati in «panico», come ha scritto il Washington Post.
Questo panico è stato alimentato non soltanto dalla pessima performance al dibattito di Biden, ma anche da alcuni articoli di giornale che, dopo il dibattito, hanno iniziato a concentrarsi sulle condizioni di Biden, e hanno rilevato, sentendo persone che in questi mesi hanno avuto a che fare con lui, che i suoi momenti di confusione e di fragilità sono aumentati nel corso dell’ultimo anno (il Wall Street Journal aveva già pubblicato un articolo simile prima del dibattito, poi altri l’hanno seguito). Il dibattito ha fatto nascere dubbi anche tra alcuni grandi donatori del Partito Democratico, che con il loro sostegno economico sono fondamentali per qualunque campagna elettorale negli Stati Uniti.
Poi ci sono i sondaggi: dopo il dibattito il tasso di approvazione di Joe Biden da parte dell’elettorato americano è crollato a un nuovo minimo storico, il 36 per cento, e la maggioranza degli elettori Democratici, il 56 per cento, ritiene che il partito avrebbe maggiori possibilità di vincere le elezioni se il candidato non fosse Biden.