La Turchia ha chiuso i principali valichi di frontiera con la Siria per via delle violenze tra turchi e siriani in entrambi i paesi
Martedì sera il governo turco ha chiuso i principali valichi di frontiera tra Turchia e Siria a causa di una serie di violenze e manifestazioni che negli ultimi giorni stanno avvenendo nei due paesi. Non è stato specificato quanto durerà la chiusura. Tra domenica e lunedì in alcune città della Turchia centrale c’è stata una serie di attacchi contro persone siriane che si trovano nel paese come rifugiati, dopo che si era diffusa la notizia dell’arresto di un uomo siriano sospettato di avere molestato una bambina di cinque anni, anche lei siriana. Nella città di Kayseri alcuni veicoli appartenenti a persone siriane sono stati vandalizzati e incendiati, e la polizia ha arrestato 474 persone coinvolte negli attacchi in varie città del paese, tra cui Bursa, Konya e un quartiere di Instanbul.
In conseguenza di questi avvenimenti, lunedì in varie città della Siria nord-occidentale – dove la Turchia sostiene i gruppi di ribelli che si oppongono al governo di Bashar al Assad e mantiene migliaia di soldati – ci sono state delle grosse manifestazioni a sostegno della comunità siriana in Turchia, che secondo le stime del 2022 conta circa 4 milioni di persone. Nella città di Afrin, vicino al confine, ci sono stati scontri particolarmente violenti e almeno quattro persone sono state uccise in uno scontro tra truppe turche e manifestanti armati. Altrove i civili hanno lanciato pietre contro i soldati turchi e hanno vandalizzato bandiere turche che sventolavano sopra ad alcuni edifici.
Il ministro dell’Interno turco, Ali Yerlikaya, ha definito «inaccettabili» gli attacchi contro la comunità siriana in Turchia, criticando le azioni «illegali e prive di rispetto verso i diritti umani delle persone che hanno danneggiato case, veicoli e luoghi di lavoro dei cittadini siriani». Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che «non si ottiene nulla alimentando pubblicamente la xenofobia e l’odio verso i rifugiati».