Il nuovo gruppo europeo di destra sovranista, che piace anche a Matteo Salvini

Si chiamerà "Patrioti per l'Europa" ed è un'iniziativa del primo ministro ungherese Orbán, presentata con una sorta di manifesto di idee euroscettiche e nazionaliste

L'ex primo ministro ceco Andrej Babis, il primo ministro ungherese Viktor Orbán, l'ex ministro austriaco Herbert Kickl, e il parlamentare austriaco Harald Vilimsky seduti al tavolo della conferenza stampa
Da sinistra: l'ex primo ministro ceco Andrej Babis, il primo ministro ungherese Viktor Orbán, l'ex ministro austriaco Herbert Kickl, e il parlamentare austriaco Harald Vilimsky, il 30 giugno (EPA/ZOLTAN FISCHER/HUNGARIAN PM'S PRESS OFFICE)
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Domenica il primo ministro ungherese Viktor Orbán, l’ex primo ministro ceco Andrej Babis e l’ex ministro dell’Interno austriaco Herbert Kickl hanno annunciato l’intenzione di costituire un nuovo gruppo di destra radicale e sovranista al Parlamento Europeo. Orbán, Babis e Kickl hanno preso questa iniziativa firmando tutti e tre un documento, che è una sorta di manifesto del sovranismo europeo. Tutti e tre sono leader di partiti accomunati da una visione nazionalista e assai critica nei confronti dell’Unione Europea, arrivati primi nei rispettivi paesi nelle elezioni di inizio giugno: Fidesz ha ottenuto il 44,8 per cento dei voti in Ungheria facendo eleggere 11 europarlamentari; ANO (che in lingua ceca corrisponde alla parola per dire “Sì” ma che è anche l’acronimo di “Azione dei Cittadini Insoddisfatti”) ha ottenuto il 26,1 per cento dei voti in Repubblica Ceca, facendo eleggere 7 europarlamentari; il Partito della Libertà (FPÖ) ha ottenuto il 25,4 per cento dei voti facendo eleggere sei europarlamentari.

Orbán, Babis e Kickl hanno tenuto una conferenza stampa presentando questo nuovo progetto politico col nome di “Patrioti per l’Europa”. Non è ancora detto che a questo annuncio faccia effettivamente seguito la nascita di un nuovo gruppo: le regole del Parlamento Europeo stabiliscono che un gruppo debba essere composto da almeno 25 membri in rappresentanza di almeno sette Stati membri. I tre leader nazionalisti dovranno dunque trovare almeno altri quattro partiti da altrettanti paesi, e dovranno farlo nel giro di pochi giorni. Il limite per presentare ufficialmente i gruppi è infatti il 4 luglio, anche se potrebbe esserci una proroga che tenga conto del secondo turno delle elezioni legislative in Francia, previsto per domenica 7 luglio.

Al progetto si è subito detto interessato anche il leader della Lega Matteo Salvini. Già domenica, mentre Orbán, Babis e Kickl annunciavano alla stampa la loro iniziativa, il ministro dei Trasporti ha diffuso un comunicato in cui spiegava che il suo partito è «da sempre favorevole a un nuovo gruppo patriottico, contro gli inciuci e Ursula». L’utilizzo del termine patriottico era un segnale di sintonia politica coi tre leader sovranisti. E anche il riferimento agli inciuci e a Ursula, cioè alla costruzione di una maggioranza europea che coinvolga le tre principali famiglie politiche – il Partito popolare (PPE) di centrodestra, i Socialisti di centrosinistra e i Liberali centristi di Renew – in sostegno di un secondo mandato di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione. Lunedì mattina, poi, intervistato su Radio 1, ha ribadito che quella presa da Orbán, Babis e Kickl «mi sembra la strada giusta» per costituire «un grande gruppo che ambisca a essere il terzo all’Europarlamento» in termini numerici.

Matteo Salvini incontra a Roma Viktor Orbán, il 21 aprile 2022 (ANSA)

I contatti tra i collaboratori di Salvini e quelli di Orbán sono in corso da tempo, mediati spesso anche dai dirigenti dell’FPÖ austriaco, che nella scorsa legislatura condividevano nel Parlamento Europeo lo stesso gruppo di estrema destra, quello di Identità e Democrazia (ID). Anche in questo senso si spiega la scelta di Salvini di esasperare le sue critiche – arrivando a parlare di «colpo di Stato» – contro le decisioni prese dal Consiglio Europeo di giovedì scorso. I capi di Stato e di governo hanno infatti riconfermato von der Leyen alla guida della Commissione Europea, e si sono accordati per riformare la storica maggioranza costituita da Popolari, Socialisti e Liberali che tiene ai margini i partiti di destra euroscettica più o meno radicali, i quali pure avevano ottenuto buoni risultati alle europee.

Al tempo stesso, però, Salvini ha preso tempo. Non ha partecipato alla conferenza stampa di Vienna anche perché, riferisce il suo staff, la Lega è ancora formalmente un membro di ID, così come il Rassemblement National di Marine Le Pen, il partito di estrema destra francese che è risultato il più votato al primo turno delle elezioni legislative, domenica. E proprio la ferma volontà di Salvini di muoversi in assoluta sintonia con la leader dell’estrema destra francese spiega ancor meglio i motivi del suo attendismo: è probabile infatti che Le Pen voglia aspettare di conoscere l’esito del secondo turno delle elezioni parlamentari francesi, prima di prendere decisioni definitive sul collocamento del suo partito in Europa.

L’iniziativa di Orbán, Babis e Kickl è un nuovo tentativo di creare un grande gruppo di destra radicale sovranista al Parlamento Europeo, promuovendo una ricomposizione di quella galassia politica che nella scorsa legislatura, e ancora adesso, è divisa in tre parti. Da un lato ECR, il gruppo dei Conservatori guidato da Fratelli d’Italia e da Giorgia Meloni, che pur condividendo molte delle istanze euroscettiche cerca da qualche anno un dialogo più conciliante con i Popolari di centrodestra e con le istituzioni europee; dall’altro ID, il gruppo in passato egemonizzato dalla Lega e ora dal Rassemblement National, più ostile a qualsiasi ipotesi di compromesso coi leader europei che sostengono la Commissione; e infine i partiti non iscritti in alcun gruppo, ma che si collocano comunque alla destra e all’estrema destra del Parlamento Europeo, come Fidesz.

Anche la Lega ci aveva provato in passato. Nell’aprile del 2021 Salvini si era incontrato a Budapest con lo stesso Orbán e con l’allora primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, uno dei leader del partito di estrema destra PIS (Diritto e Giustizia). L’idea, anche allora, era di fondere ECR (di cui il PIS era il principale partito) e ID, ospitando anche Fidesz di Orbán che era da poco stato espulso dal PPE. Il progetto era fallito anche per la decisiva opposizione di Meloni, da sempre contraria alla costituzione di un unico grande gruppo di destra che toglierebbe almeno in parte a Fratelli d’Italia la sua egemonia all’interno di ECR. In quell’occasione era stato l’attuale ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto a sabotare l’iniziativa, in collaborazione con altri dirigenti del PIS.

Il tema si era però riproposto nelle scorse settimane. Orbán aveva a lungo considerato l’idea di entrare in ECR, e l’ipotesi era stata presa in seria considerazione da Meloni, che gli aveva posto però una condizione: abbandonare le sue posizioni apertamente filorusse e ostili al sostegno europeo all’Ucraina. Su questo punto i negoziati si erano compromessi.

A quel punto il progetto di Orbán di costruire un nuovo gruppo aveva preso consistenza. A fine giugno Babis aveva deciso di abbandonare la famiglia dei Liberali centristi di Renew, che ha il suo leader nel presidente francese Emmanuel Macron. Lo stesso aveva fatto l’austriaco Kickl, che dopo il buon risultato alle elezioni voleva evitare di trascorrere un’altra legislatura relegato nel gruppo di ID, escluso da qualsiasi trattativa e considerato inavvicinabile da tutti i partiti della maggioranza europeista che sostiene von der Leyen. La prospettiva indicata da Orbán ai leader dei partiti sovranisti è proprio questa: guadagnare peso politico e rilevanza costituendo il terzo blocco più numeroso in Parlamento, idealmente con più di 80 europarlamentari e che abbia una significativa rappresentanza nel Consiglio Europeo grazie allo stesso Orbán. Tra i partiti che si sono detti interessati e stanno valutando di aderire c’è anche Chega (“Basta”), il partito portoghese di estrema destra che ha 2 eurodeputati. Martedì la segreteria di Chega voterà per formalizzare l’adesione e il leader André Ventura ha detto che è ottimista sul fatto che altri partiti di destra si uniranno al gruppo.

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Nel documento condiviso da Orbán, Babis e Kickl a Vienna ci sono tutte o quasi le idee basilari del sovranismo europeo: i tre leader se la prendono con il «centralismo» di Bruxelles, con le «forze globaliste» e con i famigerati «burocrati» che guidano l’Unione e che perseguono l’obiettivo di una maggiore integrazione a discapito della sovranità nazionale; esaltano le «radici», le identità e le tradizioni delle singole nazioni; vogliono fermare l’immigrazione «clandestina» e «preservare l’identità culturale» europea; vogliono promuovere la diplomazia e il dialogo con la Russia.

Il primo ministro ungherese Viktor Orbán insieme al presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante il Consiglio Europeo del 27 giugno 2024 (OLIVIER HOSLET/EPA)

Proprio quest’ultimo punto è il più controverso. Orbán è infatti il più convinto sostenitore del presidente russo Vladimir Putin in Europa, non ha mai pronunciato condanne che non fossero ambigue e vaghe contro la guerra di aggressione avviata dalla Russia in Ucraina, e si è costantemente opposto alle iniziative dell’Unione in sostegno dell’esercito ucraino, usando il proprio potere di veto come strumento per ottenere concessioni in favore del suo governo.

Ma anche l’FPÖ austriaco è da anni al centro di polemiche per le sue posizioni filorusse. L’ex leader del partito, Heinz-Christian Strache, nel 2019 venne coinvolto in uno scandalo che lo portò a dimettersi da vicecancelliere innescando una crisi di governo, dopo che era stato pubblicato un video che lo ritraeva a Ibiza, durante le vacanze di Natale nel 2017, mentre discuteva con un’ereditiera russa di possibili favori del governo austriaco ad aziende vicine a Putin in cambio di cospicui finanziamenti all’FPÖ. E infine Babis ha preso sempre più nettamente posizioni contro il sostegno militare dell’Occidente all’Ucraina, chiedendo una soluzione diplomatica.

Dopo l’invasione russa, Salvini ha cercato più o meno convintamente di rinnegare le sue plateali dichiarazioni filorusse che aveva fatto nel corso degli anni, e alcuni dirigenti del suo partito non sarebbero affatto contenti di un riavvicinamento a quelle posizioni. Inoltre, condividendo la linea filorussa del nuovo gruppo di destra europeo, la Lega rischia di esasperare le divergenze che ci sono all’interno della coalizione di governo, in cui Fratelli d’Italia sostiene convintamente le ragioni del sostegno finanziario e militare all’Ucraina.

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