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  • Lunedì 1 luglio 2024

Dobbiamo preoccuparci della presidenza ungherese dell’Unione Europea?

Da oggi il governo di Viktor Orbán ha la presidenza di turno del Consiglio dell’UE: dovrà coordinare lavori che di solito sabota e rallenta, ma le possibilità di fare danni non dovrebbero essere molte

Viktor Orbán a Bruxelles a dicembre 2023
Viktor Orbán a Bruxelles a dicembre 2023 (REUTERS/Yves Herman)
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Lunedì è cominciato il turno dell’Ungheria alla presidenza del Consiglio dell’Unione Europea, l’organo in cui siedono i rappresentanti dei 27 governi dei paesi membri e che all’interno dell’Unione Europea detiene il potere legislativo insieme al Parlamento Europeo. A ciascun paese membro capita di presiedere il Consiglio ogni 13-14 anni: ciascun turno dura sei mesi.

La presidenza di turno consente di decidere le priorità dei lavori del Consiglio e di fatto di controllare, anche se temporaneamente, uno dei due organi legislativi dell’Unione: il fatto che ora tocchi a un paese semi-autoritario, guidato da un primo ministro con posizioni razziste, omofobe e illiberali come Viktor Orbán, ha suscitato estese preoccupazioni dentro e fuori le istituzioni europee.

Al tempo stesso, analisti e addetti ai lavori fanno notare che il momento particolare in cui cade la presidenza ungherese ne limiterà molto l’influenza: e quindi anche la possibilità che faccia danni, nonostante la scelta di uno slogan ufficiale estremamente ambizioso come Make Europe Great Again (peraltro una citazione molto esplicita a Donald Trump, di cui Orbán è amico ed estimatore).

Cos’è esattamente questa presidenza di turno
Il paese che detiene la presidenza del Consiglio dell’Unione Europea coordina sia i lavori preparatori sia le varie riunioni del Consiglio, che si occupa di tutti i procedimenti legislativi dell’Unione e di definirne il bilancio assieme al Parlamento Europeo.

Il calendario delle presidenze di turno del Consiglio dell'Unione Europea

Il calendario delle presidenze di turno del Consiglio dell’Unione Europea

La presidenza ruota ogni sei mesi tra tutti i 27 stati membri dell’Unione, secondo un calendario stabilito in anticipo che dura in tutto tredici anni e mezzo. Per questo si parla di “turni”. L’ultima presidenza italiana è avvenuta fra luglio e dicembre del 2014, durante il governo guidato da Matteo Renzi; la prossima è prevista per la prima metà del 2028, dopo quella greca e prima di quella lettone.

Perché la presidenza ungherese ha generato una certa preoccupazione
Per più di un anno, quindi con grande anticipo sull’inizio effettivo della presidenza ungherese, si è discusso della possibilità di far saltare il turno di Orbán per via delle sue politiche autoritarie, giudicate incompatibili con i valori fondamentali dell’Unione. A giugno 2023 il Parlamento Europeo aveva approvato una mozione non vincolante che chiedeva proprio questo, citando tutte le ragioni per cui non sembrava una buona idea affidare così tanto potere a un paese in cui, tra le altre cose, i giornali e i tribunali sono di fatto controllati dal partito di Orbán.

Da anni poi Orbán ha posizioni poco compatibili con i trattati europei sui diritti civili e le minoranze etniche, spesso indicate come capro espiatorio di tutto quello che non va nel paese, come succede spesso nei regimi autoritari. Già nel 2022, secondo il Parlamento Europeo, l’Ungheria non poteva «più essere considerata pienamente una democrazia», ma una «autocrazia elettorale».

Alla fine del 2022 la Commissione Europea aveva persino sospeso il trasferimento dei fondi europei all’Ungheria, accusando il governo di Orbán di avere creato un sistema politico, economico e giudiziario che usava i fondi europei per arricchirsi e legittimarsi politicamente. Parte dei fondi è stata poi sbloccata nel dicembre del 2023 appena prima di una importante riunione del Consiglio Europeo (la riunione dei capi di stato e di governo degli stati membri dell’Unione) in cui furono votati nuovi aiuti economici all’Ucraina. Tutte le parti interessate hanno smentito una correlazione fra lo sblocco dei fondi e il voto favorevole dell’Ungheria agli aiuti (al Consiglio Europeo sulle questioni più delicate serve un voto all’unanimità).

Dall’inizio dell’invasione russa comunque Orbán è stato di gran lunga il capo di governo europeo dalle posizioni più filorusse. In più occasioni ha rallentato l’adozione di sanzioni alla Russia di Vladimir Putin, ponendo veti o esigendo esenzioni per il suo paese. Orbán e la sua propaganda puntano molto su un pacifismo di facciata dove in sostanza l’Ucraina viene accusata di volere un’espansione del conflitto verso «la terza guerra mondiale». Come condizione per appoggiare la nomina a segretario generale della NATO del primo ministro uscente dei Paesi Bassi Mark Rutte, Orbán ha ottenuto una sorta di esclusione per l’Ungheria dalle attività della NATO a favore dell’Ucraina.

Il governo ungherese sostiene da tempo di avere una politica estera che definisce “pragmatica”, finalizzata a “fare gli interessi degli ungheresi”, anche a costo di distanziarsi dagli alleati europei. Orbán sostiene per esempio la ricandidatura dell’ex presidente americano Donald Trump, che teorizza un disimpegno militare degli Stati Uniti in Europa.

Oltre che alla Russia, l’Ungheria è molto vicina alla Cina di Xi Jinping, che ha investito nel paese 16 miliardi di euro. L’azienda produttrice di auto cinese BYD, che la Commissione Europea ha sottoposto a dazi per concorrenza sleale nel settore della mobilità elettrica, costruirà un impianto in Ungheria.

– Leggi anche: Lo slogan della presidenza dell’Ungheria al Consiglio dell’Unione Europea ne ricorda molto un altro più famoso

Una presidenza anomala
In queste settimane il governo di Orbán sta provando a mantenere un doppio registro tra la retorica del suo leader e i suoi rappresentanti diplomatici a Bruxelles. Le priorità della presidenza definite dal ministro ungherese agli Affari europei, János Bóka, sono piuttosto generiche e si concentrano soprattutto sul «rafforzare la competitività» delle aziende europee. Nel programma gli obiettivi per l’allargamento dell’Unione Europea, cioè l’ingresso di nuovi paesi nell’Unione, citano i paesi dei Balcani, ma non l’Ucraina.

L’avvio dei negoziati di adesione con Ucraina e Moldavia è stato, non a caso, uno degli ultimi provvedimenti della presidenza belga, che si è conclusa il 30 giugno: gli altri paesi temevano che una presidenza ungherese avrebbe sostanzialmente messo in pausa il processo di integrazione dell’Ucraina all’interno dell’Unione.

Andrej Babis, leader di ANO, Herbert Kickl, leader dell'FPÖ austriaco, e Viktor Orbán, leader di Fidesz, annunciano un'alleanza tra i loro tre partiti, a Vienna il 30 giugno

Andrej Babis, leader di ANO, Herbert Kickl, leader dell’FPÖ austriaco, e Viktor Orbán, leader di Fidesz, annunciano un’alleanza tra i loro tre partiti, a Vienna il 30 giugno (EPA/ZOLTAN FISCHER via Ansa)

In molti comunque sono convinti che la presidenza ungherese non potrà fare moltissimo, nonostante il grande potere che avrebbe a disposizione.

L’Ungheria avrà una «limitata possibilità di influenzare l’agenda legislativa, che inizierà probabilmente tra la fine dell’anno e l’inizio dell’anno prossimo», ha spiegato a Reuters Pavel Havlicek, analista del think tank Association for International Affairs. Al momento infatti le istituzioni europee sono concentrate sul rinnovo delle posizioni più importanti, nell’ambito di un processo che durerà almeno fino a ottobre-novembre, quando si insedierà la nuova Commissione Europea.

Anche il nuovo Parlamento Europeo, infatti, non si insedierà davvero prima di diversi mesi. Nella sua prima sessione plenaria di metà luglio dovrà quasi solo nominare un o una presidente (i principali partiti europei sono d’accordo perché resti al suo posto quella attuale, la maltese Roberta Metsola). Alla prima sessione seguirà una lunga pausa estiva: nella seconda sessione plenaria il Parlamento dovrà approvare o respingere la nomina di Ursula von der Leyen per un secondo mandato da presidente della Commissione.

Se tutto fila liscio, fra ottobre e novembre il Parlamento Europeo organizzerà poi delle audizioni per valutare i candidati commissari suggeriti dai governi nazionali: la Commissione Europea infatti ha 27 commissari, uno per ogni stato membro. Formalmente il Parlamento Europeo non ha il potere di respingere i nomi indicati dai governi, ma può votare contro la nomina, in un voto non vincolante che ha comunque parecchio peso politico. E dopo questo passaggio, ormai, il semestre dell’Ungheria sarà ormai quasi concluso.

In questi giorni Orbán parallelamente alla gestione della presidenza del Consiglio ha anche promosso la creazione di un nuovo gruppo di estrema destra al Parlamento Europeo, chiamato “Patrioti per l’Europa”. Finora hanno aderito il suo partito Fidesz, che nel 2021 era uscito dal Partito Popolare Europeo (PPE) di centrodestra poco prima di venirne espulso; il Partito della Libertà Austriaco (FPÖ), che faceva parte di Identità e Democrazia (ID), e il partito populista ceco Azione dei Cittadini Insoddisfatti (ANO), che lascia i liberali di Renew Europe. Per formare un nuovo gruppo, però, occorrono sette partiti di altrettanti paesi; un numero che finora non è ancora stato raggiunto.