Il Tribunale Supremo spagnolo ha negato l’amnistia a Carles Puigdemont
Ha stabilito che non può essere applicata al reato di appropriazione indebita di fondi pubblici, del quale è accusato tra gli altri anche il leader indipendentista catalano: resterà ricercato dalla giustizia spagnola
Lunedì il Tribunale Supremo spagnolo ha negato la concessione dell’amnistia a Carles Puigdemont, il leader indipendentista catalano che nel 2017 fu uno dei principali organizzatori di un referendum illegale per l’indipendenza della Catalogna. Per sfuggire alle conseguenze giudiziarie di quello che aveva fatto, Puigdemont scappò in Belgio e da quel momento non è mai più tornato in Spagna: se l’avesse fatto sarebbe stato arrestato. Il Tribunale ha inoltre deciso di mantenere validi i mandati di arresto anche contro altri leader indipendentisti, tra cui Toni Comín e Lluís Puig, due ex collaboratori di Puigdemont che come lui fuggirono all’estero dopo il referendum.
Lo scorso maggio il governo del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez aveva approvato in via definitiva una legge per concedere l’amnistia ai leader indipendentisti catalani che in passato sono stati incriminati o hanno subìto procedimenti giudiziari per le loro azioni a favore dell’indipendenza. Il Tribunale ha però stabilito la legge non si applicherà a uno dei reati di cui è accusato Puigdemont, ossia l’appropriazione indebita di fondi pubblici: Puigdemont quindi rimane ricercato dalla giustizia spagnola e se tornasse in Spagna verrebbe arrestato. Dopo aver appreso la notizia, Puidgemont ha scritto su X: “La Toga Nostra”, un riferimento all’organizzazione mafiosa Cosa Nostra.
Secondo il Tribunale, il reato di appropriazione indebita di fondi pubblici non può godere dell’amnistia se viene compiuto a scopo di lucro, ossia se porta i colpevoli a ottenere un beneficio finanziario personale, oppure se danneggia gli interessi finanziari dell’Unione Europea. Secondo i giudici l’accusa contro Puigdemont, relativa ai fondi usati per organizzare il referendum per l’indipendenza nel 2017, rientra in entrambe queste situazioni.
La legge sull’amnistia era l’elemento centrale dell’accordo di governo fra Junts per Catalunya, il partito indipendentista catalano di Puigdemont, e il Partito socialista spagnolo (PSOE). L’accordo era stato fatto lo scorso novembre e aveva portato alla formazione dell’attuale governo, guidato da Sánchez. Era però stato molto criticato, sia da partiti di destra che di sinistra. Prevede la cancellazione della responsabilità penale, amministrativa e contabile per più di 300 leader e attivisti indipendentisti incriminati di vari reati, e anche per 73 poliziotti sotto processo per le eccessive violenze commesse contro i manifestanti indipendentisti nei giorni del referendum del 2017.
Il primo a beneficiarne, a fine giugno, era stato Miquel Buch, un esponente di Junts per Catalunya che fu condannato a quattro anni e mezzo di carcere e a 20 anni di interdizione dai pubblici uffici per aver usato impropriamente fondi pubblici e per aver commesso atti contrari al proprio dovere d’ufficio. Insieme a Buch era stato scagionato anche l’agente Lluís Escolà, un ex membro dei Mossos d’Esquadra, il corpo di polizia regionale catalano, che in precedenza era stato condannato a quattro anni di carcere.
In questo caso l’applicazione dell’amnistia era stata decisa dal Tribunale Superiore della Catalogna (TSJC), il massimo organo di giustizia della comunità autonoma spagnola, e non dal Tribunale Supremo nazionale: il TSJC ha ritenuto che Buch avesse usato impropriamente fondi pubblici non per arricchirsi, ma per facilitare l’ottenimento dell’indipendenza.