La vittoria del Rassemblement National al primo turno delle legislative francesi
Il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella, alleato con Eric Ciotti, ha ottenuto più del 33 per cento dei voti, ma molto si deciderà al secondo turno in programma il 7 luglio
Al primo turno delle elezioni legislative francesi il Rassemblement National (RN) – il partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella alleato con Eric Ciotti, il presidente dei Repubblicani, di destra – è stato nettamente il più votato: ha ottenuto il 33,15 per cento dei voti. RN da solo ha preso il 29,25 un risultato ben superiore rispetto a quello delle elezioni legislative del 2022 quando, al primo turno, prese il 18,7 per cento. La destra di Eric Ciotti, che prendendo le distanze dal suo partito, I Repubblicani, ha presentato dei propri candidati in alleanza con RN, ha preso da sola il 3,9.
Il Nuovo Fronte Popolare (NFP), l’alleanza elettorale di sinistra che riunisce tra gli altri il Partito Socialista, il Partito Comunista, il partito ecologista Europe Écologie-Les Verts e La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, ha ottenuto il 27,99 per cento, più di quanto aveva preso nel 2022 con la propria precedente alleanza elettorale, NUPES, che si era fermata al 25,6 per cento. Il loro risultato a questo primo turno rimane però inferiore alla somma dei risultati che ciascun partito aveva ottenuto alle elezioni europee dello scorso 9 giugno (31,6 per cento). Ensemble pour la République, la coalizione del presidente francese Emmanuel Macron che aveva convocato le elezioni in seguito all’ottimo risultato di RN alle europee, si è fermato al 20,83 per cento. Il quarto partito più votato con il 6,57 per cento è stato quello dei Repubblicani che prima delle elezioni si erano divisi sulla questione dell’alleanza con RN prendendo le distanze da quello che solo formalmente resta ancora il loro presidente, Eric Ciotti (la complicata situazione dei Repubblicani è spiegata qui).
Domenica 7 luglio si svolgerà il secondo turno in tutte le circoscrizioni che non hanno eletto un candidato al primo. Avranno accesso al ballottaggio non i due candidati che hanno ottenuto i migliori risultati al primo turno, come succede in Italia, ma tutti quelli che al primo turno hanno superato una certa soglia che è di fatto mobile, perché si sposta a seconda dell’affluenza. A causa dell’elevata partecipazione (66,7 per cento) al primo turno il ministero dell’Interno ha individuato più di 300 triangolari, cioè ballottaggi in cui i candidati sono tre, e anche qualche quadrangolare, cioè ballottaggi con quattro candidati.
– Leggi anche: La questione dei “triangolari” nei ballottaggi francesi
Al primo turno sono stati eletti appena 76 deputati, su un totale di 577. Tra questi, 39 sono di RN in alleanza con Ciotti (e tra loro c’è anche Marine Le Pen), 32 sono di NFP (compresi il socialista Olivier Faure e l’ecologista Sandrine Rousseau) e due della coalizione di Macron.
Commentando i risultati il quotidiano Le Monde ha scritto che «il fallimento è stato totale per il presidente della Repubblica Emmanuel Macron, che il 9 giugno aveva deciso di sciogliere l’Assemblea nazionale per riprendere, a suo dire, il controllo». Con la speranza di ottenere una maggioranza più chiara dopo due anni di difficoltà al parlamento a causa della mancanza di una maggioranza assoluta, Macron «si è invece scontrato con il rifiuto di gran parte dei francesi», ha scritto Le Monde.
Nessuno dei 24 ministri di Macron è tra l’altro riuscito a superare la soglia del 50 per cento dei voti necessaria per essere eletti al primo turno, nemmeno il popolare primo ministro Gabriel Attal. La coalizione presidenziale, visti i risultati, ha subito invocato «un grande raggruppamento indiscutibilmente repubblicano e democratico» per impedire la vittoria di RN il 7 luglio. Attal ha chiesto infatti il ritiro dei candidati della propria coalizione arrivati terzi per lasciare che i voti si concentrino sul deputato arrivato secondo e contro il deputato di RN arrivato primo.
Le indicazioni della coalizione del presidente Macron non sono state però né compatte né chiare. Dato che Macron ha fatto campagna elettorale soprattutto contro la sinistra, ha specificato che la strategia del ritiro si applicherà nei triangolari in cui al secondo posto è arrivato un candidato di La France Insoumise solo se tale candidato sia «compatibile con i valori della Repubblica». Si deciderà dunque caso per caso, cosa che è stata confermata anche da François Bayrou, il presidente di MoDem, un partito centrista parte della coalizione presidenziale. L’ex primo ministro e presidente di Horizons, Edouard Philippe, alleato di Macron, ha optato invece per un’altra linea: «Nessun voto» dovrebbe «andare ai candidati di RN né a quelli di La France Insoumise», ha detto.
Confermando quanto già annunciato prima del voto, NFP ha invece deciso il ritiro sistematico dei propri candidati arrivati al terzo posto nelle circoscrizioni in cui un candidato di RN è arrivato primo, mentre i Repubblicani hanno scelto di non farlo poiché alcuni leader del partito, come François-Xavier Bellamy, ritengono che «il pericolo in agguato per il paese oggi sia l’estrema sinistra». È necessaria la «costruzione di un nuovo fronte repubblicano al secondo turno», ha invece insistito Mélenchon di La France Insoumise: «Sarebbe incomprensibile continuare a non fare distinzione tra la sinistra e l’estrema destra». In ogni circostanza, ha aggiunto Mélenchon, «le nostre istruzioni sono semplici, dirette e chiare: non un voto, non un seggio in più per RN».
Alleato di RN, il contestato presidente dei Repubblicani Eric Ciotti ha invitato gli elettori e le elettrici di destra a respingere il «terrificante pericolo dell’estrema sinistra» al secondo turno delle legislative, stimando che «la vittoria per nominare Jordan Bardella a Matignon», cioè a primo ministro, sia molto vicina.
I risultati suggeriscono che la probabilità che il partito di Marine Le Pen riesca a conquistare la maggioranza dei seggi nell’Assemblea Nazionale sia molto alta. Resterà da vedere se con una maggioranza relativa o assoluta, per la quale servono almeno 289 seggi.