Joe Biden dovrebbe ritirarsi?
Dopo il disastroso dibattito contro Donald Trump, sui media e dentro al Partito Democratico molti sostengono che non sia la persona adatta a vincere le elezioni: ma è complicato
Dopo il disastroso dibattito di giovedì notte, in cui il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è apparso fragile e poco lucido, e che ha amplificato tutte le preoccupazioni sulla sua anziana età, nei media e nella politica statunitense si è cominciato a parlare della possibilità che Biden si ritiri dalle elezioni, per fare strada a un candidato o a una candidata più giovane che abbia maggiori probabilità di vincere contro Donald Trump.
La possibilità di sostituire in corsa Joe Biden è molto controversa: gli analisti politici sono in disaccordo su se cambiare un candidato a pochi mesi dalle elezioni di novembre possa migliorare o meno le probabilità di vittoria del Partito Democratico. In ogni caso, affinché il cambio avvenga è necessario che sia Biden stesso a ritirarsi, perché avendo vinto le primarie Democratiche nessuno può sostituirlo contro la sua volontà. Biden ha già detto che non intende farlo: ma dopo il dibattito contro Trump è probabile che nel Partito Democratico e nel paese si aprirà una discussione sull’opportunità del suo ritiro, e che nelle prossime settimane il presidente subirà pressioni crescenti.
Sui media, le pressioni sono già cominciate. Tutti i giornali e le tv statunitensi, all’unanimità, hanno riconosciuto che Joe Biden ha perso il dibattito contro Trump, e che il presidente non è riuscito a tranquillizzare gli elettori sul fatto che la sua età (Biden ha 81 anni) non sia un impedimento per il suo ruolo di presidente. La posizione più netta – e anche la più notevole, vista l’importanza del giornale – è stata quella del New York Times, che ha pubblicato un editoriale intitolato «Per servire il proprio paese, Joe Biden dovrebbe ritirarsi». Tra le altre cose, nell’articolo si legge:
Al dibattito di giovedì, il presidente doveva convincere il pubblico statunitense che sarebbe stato in grado di affrontare le eccezionali sfide dell’incarico che sta cercando di ottenere per altri quattro anni. Ma gli elettori non hanno potuto fare a meno di vedere quello che era sotto gli occhi di tutti: Biden non è l’uomo che era quattro anni fa.
Sempre sul New York Times, la quasi totalità degli opinionisti più importanti tra venerdì e sabato ha scritto articoli sostenendo che Joe Biden dovrebbe ritirarsi dalle elezioni.
Altri giornali sono stati meno netti, e per esempio il Washington Post in un editoriale ha scritto che il Partito Democratico non dovrebbe farsi prendere dal «panico», soprattutto perché «un ritiro di Biden non garantirebbe una vittoria a novembre», anzi: potrebbe amplificare le divisioni dentro al Partito Democratico, e il candidato scelto per sostituirlo potrebbe finire per essere anche lui debole e incapace di battere Donald Trump.
«Panico» è una parola molto usata in questi giorni nell’ambiente progressista americano. È il titolo della copertina della rivista Time appena uscita, ed è la parola più utilizzata da numerosi retroscena pubblicati dopo il dibattito per descrivere lo stato d’animo di moltissimi esponenti ed elettori del Partito Democratico.
Formalmente il Partito Democratico continua a sostenere in maniera compatta Joe Biden. Molti importanti esponenti Democratici, nelle ore dopo il dibattito, hanno dichiarato che il loro sostegno rimane solido e che Joe Biden è il miglior candidato possibile per il partito. Tra questi l’ex presidente Barack Obama, che ha scritto sui social media che «un dibattito in una serata storta può capitare», l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e il governatore della California Gavin Newsom, che tra le altre cose è indicato da molti come un possibile sostituto di Biden.
A livello informale, però, il dibattito con Trump ha generato enormi dubbi dentro al partito sul fatto che Biden sia il candidato giusto per vincere le elezioni.
In questi due giorni i giornali statunitensi hanno pubblicato molti articoli che contengono virgolettati anonimi (in cui cioè la persona intervistata non ha voluto che il suo nome fosse reso pubblico) di esponenti del Partito Democratico che dubitano delle capacità di Biden, e che chiedono il suo ritiro, o quanto meno che dentro al partito si apra una discussione sul da farsi. Un membro anonimo del partito, parlando con il New York Times, ha detto: «I partiti esistono per vincere. L’uomo che era sul palco con Trump non può vincere. Finora la paura di Trump ha soffocato le critiche nei confronti di Biden. Ora quella stessa paura alimenterà le richieste di un suo ritiro».
Gli analisti però sono molto combattuti su quali potrebbero essere le conseguenze sulle elezioni di un ritiro di Biden a pochi mesi dal voto. Anzitutto perché non esistono precedenti, e i pochi casi comparabili non sono andati bene per il partito che ha cambiato candidato in corsa. Il caso più notevole è quello del presidente Lyndon Johnson, che inizialmente disse che avrebbe corso per un secondo mandato ma poi si ritirò nel marzo del 1968, l’anno elettorale. La convention Democratica di quell’anno, in cui avrebbe dovuto essere stabilito il sostituto di Johnson, fu però caotica: il partito si divise in fazioni e alla fine il candidato scelto, Hubert Humphrey, risultò debole e senza adeguato sostegno, e perse le elezioni in favore del Repubblicano Richard Nixon.
Il rischio che molti vedono nel ritiro di Biden è che succeda la stessa cosa. Se Biden dovesse ritirarsi, toccherebbe ai delegati nominati alla convention Democratica in programma tra il 19 e il 22 agosto decidere chi scegliere come candidato per il partito. Ma le possibilità di divisioni e incertezze sono altissime. A questo si aggiunge il fatto che la persona che dovrebbe essere la naturale sostituta di Biden, la vicepresidente Kamala Harris, è anche lei vista come impopolare e non adeguata per battere Donald Trump. Il rischio, dunque, è che un ritiro di Biden possa produrre un sostituto altrettanto inadeguato a vincere le elezioni.
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