In Iran ci sarà un ballottaggio tra un riformista e un ultraconservatore
Al primo turno delle presidenziali nessun candidato ha superato il 50 per cento, e si voterà di nuovo venerdì per scegliere tra Massoud Pezeshkian e Saeed Jalili: l'affluenza è stata bassissima
Alle elezioni presidenziali in Iran si andrà al ballottaggio, dopo che nessuno dei candidati ha ottenuto più del 50 per cento dei voti necessari per vincere al primo turno. I due candidati più votati sono stati Saeed Jalili, un ultraconservatore, e Massoud Pezeshkian, un riformista che sostiene il ripristino dei rapporti con l’Occidente e una parziale liberalizzazione del regime, sempre tuttavia nell’ambito di una fedeltà assoluta alla Guida Suprema Ali Khamenei, la principale figura religiosa e politica del paese. Ciascuno dei due ha preso circa il 40 per cento dei voti.
Le elezioni in Iran erano state indette dopo la morte del presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi in un incidente in elicottero a metà maggio. Il ballottaggio si terrà venerdì 5 luglio, e sarà complicato per il riformista Pezeshkian ottenere la presidenza perché è probabile che il campo conservatore, che si era presentato diviso al primo turno, ora si coalizzerà dietro a Jalili.
Massoud Pezeshkian è un cardiochirurgo ed ex ministro della Salute che, pur rimanendo fedele ai princìpi fondamentali della Repubblica islamica dell’Iran, sostiene alcune riforme di parziale liberalizzazione del regime iraniano. Pezeshkian sostiene per esempio che l’Iran debba lavorare per migliorare le sue relazioni con l’Occidente, inclusi gli Stati Uniti, ed è favorevole a un’apertura del paese agli investimenti stranieri per migliorare la situazione economica.
Pezeshkian non vuole abrogare l’obbligo di indossare negli spazi pubblici l’hijab, il velo utilizzato dalle donne musulmane per coprire la testa e il collo, ma ne ha criticato l’applicazione. La legge iraniana sull’obbligo per le donne di indossare il velo è diventata uno dei grandi temi della campagna elettorale in seguito alle grandi manifestazioni avvenute in Iran nel 2022 dopo la morte di Mahsa Amini, una donna morta in custodia dopo che era stata arrestata dalla polizia religiosa perché non indossava il velo correttamente.
Pezeshkian sostiene che la legge debba rimanere in vigore, ma che la sua applicazione, messa in atto dalla polizia religiosa, non dovrebbe essere coercitiva o violenta. Sulla questione ha detto «non si può attuare un pensiero con la forza. […] Questo metodo non andrà da nessuna parte e non dobbiamo odiarci a vicenda. Per quanto possibile, fermerò le pattuglie di controllo».
Saeed Jalili è invece uno dei candidati più radicali di queste elezioni: ex segretario del consiglio di Sicurezza nazionale, rappresenta le opinioni più estreme e isolazioniste dello spettro politico iraniano. Pur essendo stato uno dei negoziatori durante i tentativi di creare un accordo sul nucleare tra Iran e Occidente, è contrario a migliorare i rapporti con l’Occidente, e anzi ritiene che l’Iran debba strutturare la sua economia per essere completamente autarchica e indipendente.
La sua campagna ha puntato soprattutto sulle zone più rurali dell’Iran, dove il suo messaggio ultraconservatore ha più presa. Sulla questione del velo è tra i candidati più intransigenti. Tra le altre cose, Jalili è chiamato in Iran il “martire vivente”, perché perse una gamba combattendo nella guerra contro l’Iraq degli anni Ottanta.
Al primo turno delle elezioni hanno partecipato quattro candidati (quelli ammessi erano inizialmente sei, ma due si sono ritirati): il riformista Pezeshkian e tre conservatori, tra cui appunto Jalili. Questo ha fatto sì che il voto conservatore si sia diviso tra tre candidati, e il rischio è che al secondo turno si ricompatti, favorendo Jalili.
Al tempo stesso, l’affluenza è stata molto bassa, il 40,6 per cento: è il dato più basso della storia elettorale del paese. Questa affluenza così bassa è in linea con i risultati elettorali degli ultimi anni, ed è attribuita dagli analisti alla disaffezione dell’elettorato progressista. Anche per questo, ora che c’è un riformatore al ballottaggio, non è da escludere una mobilitazione maggiore dell’elettorato progressista al secondo turno.