Il Partito Popolare Mongolo ha vinto le elezioni parlamentari in Mongolia, ma con una maggioranza molto risicata

Gantumur Luvsannyam, leader del Partito Democratico Mongolo (AP Photo/Ng Han Guan)
Gantumur Luvsannyam, leader del Partito Democratico Mongolo (AP Photo/Ng Han Guan)

Il Partito Popolare Mongolo (PPM) ha vinto le elezioni per rinnovare il parlamento in Mongolia, un grande paese dell’Asia centrale che confina con la Cina a sud e con la Russia a nord.

Il PPM ha vinto con un margine molto inferiore alle attese: il leader e primo ministro uscente Oyun-Erdene Luvsannamsrai ha detto che il partito ha preso il 54 per cento dei voti, ottenendo 68 seggi: il parlamento mongolo ha 126 seggi e la maggioranza è di 64.

Si tratta di un risultato poco soddisfacente per Luvsannamsrai, che ha visto calare moltissimo i suoi consensi rispetto alle scorse elezioni del 2020, in cui il PPM aveva ottenuto 62 degli allora 76 seggi disponibili. Il calo dei consensi del PPM è stato probabilmente un effetto di una serie di scandali legati allo sfruttamento delle risorse minerarie e alla corruzione, che negli scorsi mesi avevano contribuito ad accrescere tra gli elettori la frustrazione verso il governo.

Come previsto, il secondo partito più votato è stato il Partito Democratico Mongolo (PDM), che aveva governato il paese tra il 2009 e il 2017 e che ha ottenuto 42 seggi (nel 2020 ne aveva ottenuti 12).

Era la prima volta che i cittadini mongoli votavano dall’approvazione di una riforma costituzionale che, lo scorso anno, aveva aggiunto 50 seggi nel Grande Hural, il parlamento unicamerale del paese. La riforma aveva cambiato anche i collegi elettorali: dal 1992, l’anno in cui è stata approvata l’attuale Costituzione mongola, la dimensione media dei collegi è aumentata da 27 mila a 44 mila elettori per collegio, rendendo necessario aumentare il numero di seggi per aumentare la rappresentatività dei parlamentari.