Alle elezioni a Toronto le schede elettorali erano lunghe quasi un metro
Perché un gruppo che protesta per riformare il sistema elettorale in Canada ha convinto decine di persone a candidarsi: uno ha anche preso zero voti
Alle recenti elezioni suppletive per una circoscrizione parlamentare di Toronto, la città più grande del Canada, la scheda elettorale aveva dimensioni decisamente poco maneggevoli: era lunga quasi un metro e includeva i nomi di tutti gli 84 candidati che si contendevano un singolo seggio alla Camera dei Comuni del Canada.
Le caratteristiche eccezionali della scheda e dell’elezione sono legate all’azione del Longest Ballot Committee, cioè “il comitato per la scheda elettorale più lunga”, un gruppo di attivisti che chiede la riforma del sistema elettorale canadese, passando da uno maggioritario a uno proporzionale. Certamente in questo caso il gruppo si è dimostrato degno del suo nome.
Gli attivisti sono riusciti a convincere diverse decine di persone a candidarsi, allungando enormemente la scheda elettorale, che doveva includere tutti i loro nomi. È un record per le elezioni federali canadesi, sia per il numero di candidati, che in una singola circoscrizione non erano mai così tanti, sia per le dimensioni delle schede, che misuravano 90 centimetri. La commissione elettorale canadese ha dovuto approvare appositamente delle modifiche al formato delle schede e alla disposizione dei nomi, e a causa della loro lunghezza e della scarsa maneggevolezza delle schede c’è stato qualche ritardo nel conteggio dei voti.
Fra i vari candidati c’era Felix-Antoine Hamel, uno dei 73 candidati indipendenti (ma ce n’erano anche altri indicati come “non affiliati” a un partito): secondo i risultati preliminari Hamel è l’unico a non aver ottenuto neanche un voto, anche perché vive a centinaia di chilometri di distanza dalla circoscrizione e nemmeno lui ha potuto votare per se stesso. Intervistato dall’emittente pubblica canadese CBC Hamel ha detto di aver pensato «be’, sono il vero candidato dell’unità. Tutti sono d’accordo nel non votare per me». Ha aggiunto di essersi candidato perché gliel’aveva chiesto un amico che fa parte del Longest Ballot Committee.
Hamel, un libraio e musicista di 45 anni che vive a Montreal, nel Canada francofono, è considerato il primo candidato a non ottenere voti in un’elezione competitiva in Canada. C’erano stati altri casi nel paese in cui un candidato non aveva ottenuto voti, ma si trattava di elezioni con un solo candidato, che quindi risultava eletto automaticamente: l’ultimo caso del genere fu nel 1957. Hamel ha quindi segnato il record abbastanza curioso di essere il primo candidato in assoluto in Canada ad aver perso un’elezione in cui non aveva ottenuto voti.
Nella storia canadese altri sei candidati ottennero un solo voto, presumibilmente in qualche caso il proprio, e alle recenti elezioni suppletive di Toronto altri sei hanno ricevuto solo due voti. Nel 2011 invece una candidata del Nuovo Partito Democratico (centrosinistra), Ruth Ellen Brosseau, vinse le elezioni in una circoscrizione del Quebec (la provincia a maggioranza francofona del Canada), senza avervi mai messo piede: Hamel ha citato quel caso, dicendo «potrebbe accadere di tutto… è la nostra democrazia, è il modo in cui funziona, che in alcuni casi può essere totalmente assurdo».
Anche in Italia c’è almeno un caso di un candidato che non ha ottenuto voti. Nel 2022 alle elezioni comunali di Ventotene, una piccola isola in Lazio, Mario Adinolfi, presidente del Partito della Famiglia, molto conservatore e vicino agli ambienti dell’estrema destra cattolica, non prese neanche un voto: venne superato da Luca Vittori del Partito Gay LGBT+, che ne ottenne uno.
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In Canada il sistema elettorale è maggioritario uninominale, detto in inglese “first past the post”, e deriva da quello del Regno Unito: in ogni circoscrizione viene eletto il candidato che ottiene più voti degli altri. La percentuale di voti ottenuti da un partito quindi non rispecchia in alcun modo il numero di seggi che otterrà in parlamento: alle ultime elezioni parlamentari, nel 2019, il Partito Liberale ottenne più seggi di quello Conservatore pur prendendo circa 200mila voti in meno. È un sistema che di solito premia i grandi partiti, escludendo dal parlamento o limitando molto quelli più piccoli.
Alle elezioni del 2015 il Partito Liberale aveva promesso di riformare il sistema elettorale in caso di vittoria, ma alla fine pur ottenendo effettivamente la maggioranza assoluta dei seggi non mantenne la promessa. Per polemica dal 2021 il Longest Ballot Committee ha iniziato a sostenere le candidature di decine di persone in varie elezioni: 21 in una circoscrizione a quelle federali del 2021, 40 in un’elezione suppletiva del 2022 e 48 in una del 2023, che finora era stato il record di candidati in un’elezione canadese.
Glen MacDonald, un volontario del Longest Ballot Committee candidato alle elezioni di Toronto, ha detto a CBC che il sistema elettorale canadese «è una barzelletta» che produce «risultati totalmente imprecisi e distorti». Julie St-Amand, un’altra candidata del Longest Ballot Committee, ha detto di sperare che le tattiche dell’associazione diffondano fra i canadesi la consapevolezza sulla tematica della riforma della legge elettorale.
Alla fine alle elezioni suppletive di Toronto è stato eletto il candidato del Partito Conservatore Don Stewart: al di là delle bizzarrie della scheda elettorale la sua vittoria è considerata piuttosto significativa dal punto di vista politico, dato che era da più di vent’anni che in quella circoscrizione vinceva il Partito Liberale del primo ministro Justin Trudeau, in carica dal 2015, la cui popolarità è in calo da alcuni anni.
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