Nella giunta regionale del Piemonte c’è un “assessore ai tartufi”

Ed è una cosa seria, dato che il settore dà lavoro a migliaia di persone ogni anno e produce un giro d’affari da oltre 250 milioni di euro all'anno

Un tartufo bianco all'asta nel castello di Grinzane Cavour, in provincia di Cuneo, il 10 novembre 2019
Un tartufo bianco all'asta nel castello di Grinzane Cavour, in provincia di Cuneo, il 10 novembre 2019 (Giorgio Perottino/Getty Images for Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d'Alba)
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Tra le deleghe affidate al neo assessore regionale piemontese Marco Gallo ce n’è una insolita, e inedita in Italia: Gallo è stato nominato assessore alla tartuficoltura, cioè l’insieme delle attività legate alla ricerca, alla promozione e alla vendita dei tartufi, uno dei tanti prodotti gastronomici per cui il Piemonte è riconosciuto in Italia e nel mondo (specialmente per il tartufo bianco di Alba). L’assessore ai tartufi, come è stato chiamato da diversi giornali, si occuperà anche di molto altro perché dopo la netta vittoria alle recenti elezioni regionali il presidente Alberto Cirio gli ha affidato anche lo sviluppo e la promozione della montagna, la responsabilità delle politiche delle aree interne, degli sport invernali, delle attività estrattive e la tutela delle aree protette.

La delega alla tartuficoltura è comunque una cosa seria, soprattutto in Piemonte. I tartufi bianchi sono una delle specie di funghi più pregiate al mondo: crescono spontaneamente solo in alcune zone dell’Italia e in particolare intorno alla città di Alba, in provincia di Cuneo. Sono ricercati per il loro sapore particolarissimo, che a molti non piace, e per via della loro rarità sono anche molto costosi. Il prezzo al chilo varia tra 1.500 e 3.000 euro a seconda dell’abbondanza del raccolto annuale, che generalmente è nell’ordine di qualche decina di tonnellate. Ogni anno per venderli vengono organizzate delle aste in cui si possono raggiungere quotazioni fino a 60mila euro al chilo per i tartufi più ambiti (il prezzo in genere aumenta con l’aumentare delle dimensioni del singolo tartufo, la cosiddetta “pezzatura”).

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In Piemonte il giro d’affari del tartufo supera ogni anno i 250 milioni di euro. La tartuficoltura dà lavoro a migliaia di persone ed è sottoposta a diverse regole per evitare abusi. I cercatori di tartufo, noti in Piemonte come trifulau, devono sostenere un esame per ottenere l’autorizzazione alla ricerca e il tesserino da mostrare in caso di controlli. Il corso serve per evitare che i tartufi bianchi vengano raccolti prima della maturazione compromettendo la raccolta degli anni successivi. Negli ultimi anni i cercatori registrati sono stati circa 4.000, a cui la regione chiede una tassa annuale di 150 euro per avere il tesserino. I proventi di questa tassa servono per salvaguardare le aree dove crescono i tartufi bianchi.

Ogni anno inoltre vengono organizzati studi e convegni per diffondere la cultura del tartufo e della sua ricerca. Nel 1996 è nato il centro nazionale studi del tartufo, che studia la produzione e incentiva politiche di tutela delle aree dove crescono i tartufi, minacciate dall’antropizzazione. Dal 2000 il centro lavora anche alla ricerca nel settore dell’analisi sensoriale per formare persone capaci di giudicare la qualità di un tartufo. Di tutte queste cose si occupa anche la Regione Piemonte, che oltre a definire le regole decide anche il calendario della raccolta annuale.