Una canzone di Pete Yorn

È sempre l’alternativa binaria che ci frega

(Emma McIntyre/Getty Images)
(Emma McIntyre/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Ho visto quel film con Emily Blunt e Ryan Gosling che si chiama The fall guy, che oscilla continuamente tra lo spiritoso e il banale: un banale che cerca di fare il giro ma non ci riesce, e quindi quando ha le canzoni brutte non capisci se sono proprio brutte o se è una parodia di canzoni brutte nei film d’azione. A salvare la scelta alla fine sono I was made for loving you dei Kiss (in una cover) e Against all odds di Phil Collins.
Al concerto di Manchester dei Pearl Jam ci sono stati molti singalong perché Eddie Vedder era giù di voce.
Pensa un po’, c’è una canzone di Manu Chao: testo e video per i rider, musica come se non fosse passato un quarto di secolo.
La uncoolness di Céline Dion era stata protagonista anni fa di un famoso e apprezzato libro di cui parlammo già nella primissima newsletter delle Canzoni. Adesso la questione torna di nuovo in un documentario su di lei uscito ieri su Prime, con le cose assai cambiate.
Rick Beato ha fatto un video interessante sul peggioramento della musica, che siate d’accordo o no, e dice cose che c’entrano con i discorsi dei giorni passati. È boomerissimo, ma potrebbe essere una di quelle cose su cui il boomerismo ha ragione, si dà il caso.
Ero riuscito a vedere quel documentario sulla pirateria musicale che si chiama How music got free ed è arrivato su Paramount+. Molto bello, avevo cominciato a scriverci una cosa sul blog che mi è rimasta lì nel cimitero delle bozze incomplete, e non la finirò mai: quindi se volete una bozza incompleta di ricordi e pirateria, ve la metto qui.

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