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  • Giovedì 27 giugno 2024

Il Consiglio Europeo ha approvato la nomina di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione Europea

Sono state inoltre confermate le nomine di António Costa e Kaja Kallas, ma senza il sostegno dell'Italia: ora manca solo il voto del Parlamento Europeo, che non è scontato

Ursula von der Leyen e Kaja Kallas (Kay Nietfeld/dpa)
Ursula von der Leyen e Kaja Kallas (Kay Nietfeld/dpa)
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Giovedì sera il Consiglio Europeo, che riunisce i 27 capi di stato e di governo dei paesi membri dell’Unione Europea, ha approvato un secondo mandato di Ursula von der Leyen come presidente della Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione. Insieme a lei sono state decise le nomine dell’ex primo ministro portoghese António Costa come presidente del Consiglio Europeo e della prima ministra dell’Estonia Kaja Kallas come Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, ossia il capo diplomatico dell’Unione. Mentre le nomine di Costa e Kallas sono definitive, quella di von der Leyen dovrà essere nuovamente approvata dal Parlamento Europeo, dove un risultato positivo non è scontato.

La decisione è stata presa durante la prima giornata del primo incontro del Consiglio Europeo dopo le elezioni europee di inizio giugno, che terminerà venerdì. Era previsto che i loro nomi sarebbero stati approvati: nonostante qualche problema iniziale, pochi giorni fa alcuni capi di stato e governo che rappresentavano i tre partiti di maggioranza della nuova legislatura avevano trovato un accordo informale in merito.

Questa maggioranza, come quelle degli anni passati, è composta dal Partito Popolare Europeo (PPE), di centrodestra, dal Partito Socialista Europeo (PSE), di centrosinistra, e dai liberali del gruppo Renew. Il gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, di cui fa parte Fratelli d’Italia e che raccoglie diversi partiti di destra e di estrema destra, è invece rimasto molto ai margini durante i negoziati. Per questo alla fine Giorgia Meloni ha deciso di non sostenere l’accordo, astenendosi sulla nomina di von der Leyen e votando contro Costa e Kallas. Il voto italiano è stato preceduto da lunghe discussioni con gli altri leader europei e tentativi di Meloni di acquisire una qualche rilevanza nelle trattative: ma vista la sua collocazione e l’affiliazione politica con partiti considerati inaccettabili dai socialisti e da una parte dei popolari, era improbabile che riuscisse a capitalizzare il successo elettorale ottenuto alle europee.

I nomi di von der Leyen, Costa e Kallas erano stati decisi non solo per la loro esperienza (e anche un po’ per mancanza di alternative), ma anche perché rappresentavano i tre partiti della maggioranza: von der Leyen era la candidata presidente del PPE, cioè il partito che ha vinto di fatto le elezioni europee e che quindi per una regola non scritta elegge il suo candidato, Costa è affiliato al PSE e Kallas a Renew. Un’altra ragione che ha contribuito a queste nomine è stata la geografia: von der Leyen viene dalla Germania, uno stato membro del Nord e il paese più influente dell’Unione. Costa rappresenta l’Europa meridionale, mentre Kallas gli stati dell’Est.

Se la sua nomina verrà confermata, Ursula von der Leyen inizierà il suo secondo mandato come presidente della Commissione Europea, incarico che ricopre dal 2019 dopo una carriera da politica e ministra dell’Unione Cristiano-Democratica di Germania (CDU), il partito di Angela Merkel.

António Costa è stato primo ministro del Portogallo dal 2015 al 2023, quando si dimise dopo essere stato coinvolto in un caso di corruzione che aveva interessato vari membri del suo governo, ma che lo aveva riguardato personalmente in gran parte a causa di un’omonimia: i pubblici ministeri avevano confuso il suo nome con quello del ministro dell’Economia António Costa Silva nelle trascrizioni delle intercettazioni. La nomina di Costa era proprio quella per cui c’erano stati più problemi negli scorsi giorni: quella di presidente del Consiglio Europeo è una carica che dura due anni e mezzo, quindi metà di una legislatura, ma le persone che l’hanno ricoperta l’hanno sempre fatto per cinque anni. Durante i negoziati che hanno seguito le elezioni però il Partito Popolare Europeo aveva chiesto di poter far ricoprire a un loro membro il secondo mandato: il PSE si era opposto e aveva minacciato di togliere il suo sostegno alla nomina di von der Leyen.

– Leggi anche: L’errore di trascrizione nel caso che ha portato alle dimissioni di António Costa

Anche arrivare a proporre Kaja Kallas non è stato facilissimo. Dal 2021 Kallas è prima ministra dell’Estonia e leader del Partito Riformatore Estone, di orientamento liberale. In questi anni si è distinta per la sua intransigenza nei confronti dei tentativi russi di influenzare la politica estone. Nel 2022 per esempio guidò un rimpasto di governo dopo aver chiesto e ottenuto la rimozione di sette ministri del Partito di Centro, che governava insieme al suo partito, accusandolo di avere mantenuto rapporti con la Russia anche dopo l’invasione dell’Ucraina. Nel 2024 la Russia l’aveva inserita nella lista dei suoi ricercati internazionali, accusandola di distruzione di monumenti dedicati alla memoria dei soldati sovietici dato che dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia Kallas aveva disposto la rimozione di centinaia di monumenti di epoca sovietica in Estonia. Era la prima volta che accadeva a un capo di governo.

Per questa sua posizione Kallas era stata considerata inadatta a diventare la prossima segretaria generale della NATO, un ruolo estremamente delicato in questo momento per via del rischio di espansione della guerra in Ucraina: l’incarico è invece andato al primo ministro uscente dei Paesi Bassi Mark Rutte. Questo stesso motivo era stato inizialmente invocato contro la sua possibile candidatura ad Alto rappresentante dell’Unione, ma le preoccupazioni sono gradualmente scomparse ed è anche stato giudicato importante dai gruppi di maggioranza che il capo diplomatico dell’Unione Europea fosse una persona che aveva le idee chiare sui rapporti con la Russia.