Apple si sta aprendo un po’ al diritto alla riparazione

Ha reso disponibile anche in Europa il proprio programma di riparazioni self-service, e renderà più semplice installare pezzi venduti da terze parti

(REUTERS/Leonhard Foeger)
(REUTERS/Leonhard Foeger)
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Nel dicembre del 2023 Apple, l’azienda che produce tra le altre cose iPhone, iPad e Mac, aveva introdotto negli Stati Uniti il servizio Diagnostics per Self Service Repair, uno strumento software che permette agli utenti «con le conoscenze e le competenze necessarie per riparare dispositivi elettronici» di risolvere i problemi del proprio smartphone in autonomia. Mercoledì l’ha esteso a 32 paesi europei, tra cui l’Italia, la Francia, la Germania e il Regno Unito. In più ha pubblicato un documento programmatico (un cosiddetto “white paper”, nel gergo del settore tech) per spiegare con maggiore precisione le ragioni per cui finora ha scelto di limitare la riparazione dei propri dispositivi con pezzi di terze parti, e ha promesso che entro la fine dell’anno rimuoverà alcuni di questi limiti.

Apple è stata a lungo accusata di progettare appositamente i propri prodotti – soprattutto gli smartphone – e il suo sistema operativo proprietario, iOS, in modo da rendere particolarmente complesso o svantaggioso ripararli. In base a queste accuse, Apple l’avrebbe fatto da una parte per convincere i propri clienti ad affidarsi soltanto ai propri centri di assistenza, dall’altra come forma di obsolescenza programmata, cioè la creazione intenzionale di prodotti tecnologici destinati a durare per un periodo limitato (sia per quanto riguarda la parte software che la parte hardware) per incentivare un frequente acquisto di modelli più recenti.

L’azienda, da parte propria, ha sempre detto di farlo soprattutto perché ci tiene alla sicurezza dei propri utenti e perché non si fida delle aziende esterne che producono pezzi di ricambio, come gli schermi sostitutivi o le batterie. Negli ultimi tempi, però, ha cominciato a concedere maggiore flessibilità, anche perché sia a livello statale negli Stati Uniti, sia a livello comunitario nell’Unione Europea, sono state approvate varie misure che proteggono il diritto alla riparazione, ovvero la possibilità da parte degli utenti finali di un dispositivo elettronico di riparare liberamente e facilmente il prodotto in loro possesso, senza doverne comprare uno nuovo.

Finora Apple ha adottato molto spesso la politica del cosiddetto “parts pairing”: in sostanza, i suoi dispositivi richiedevano dei pezzi specifici, prodotti talvolta soltanto da Apple stessa, per funzionare come previsto. Era comunque possibile installare dei pezzi prodotti da terze parti, ma in quel caso i dispositivi funzionavano un po’ peggio. Per esempio, chi decideva di installare uno schermo non originale – magari perché quello originale si era rotto dopo il periodo di garanzia, e sostituirlo era troppo costoso – non poteva più avere accesso alla funzione “true tone”, che regola il bilanciamento del bianco del display dell’iPhone per adattarlo meglio all’ambiente. Chi installava una batteria non originale, invece, non aveva più accesso ad alcune metriche sullo stato di salute della batteria.

Nel suo “white paper” Apple ha detto che a partire dal prossimo aggiornamento di iOS, che dovrebbe uscire prima della fine dell’anno, risolverà entrambi questi problemi, permettendo di accedere a quelle funzionalità anche se si installano schermi o batterie prodotti da terze parti. «Apple utilizza il “parts pairing” per rendere l’accesso alla riparazione più semplice e trasparente per i clienti, garantendo allo stesso tempo che ogni dispositivo, e i dati in esso archiviati, rimangano sicuri e funzionino in modo ottimale», ha spiegato l’azienda nel documento. «Non è per fare pressione sui consumatori affinché si rivolgano ad Apple per le riparazioni».

Apple ha comunque detto che secondo l’azienda, ai fini di ridurre gli sprechi e i rifiuti, è più importante lavorare sulla longevità dei prodotti piuttosto che sulla loro facile riparabilità, ma ha ammesso che ci sono alcune parti dei propri dispositivi che tendono a rompersi più spesso di altre:

Le porte di ricarica dell’iPhone, per esempio, fanno parte di un modulo altamente affidabile, che include microfoni e altri componenti che possono essere riparati, ma che raramente richiedono la sostituzione. Per far sì che le porte di ricarica diventino sostituibili dovremmo creare dei componenti aggiuntive, il che aumenterebbe le emissioni di anidride carbonica necessarie per produrre ciascun dispositivo. Queste emissioni maggiori sarebbero giustificate se ci fosse bisogno di sostituire le porte di ricarica di almeno il 10 per cento dei dispositivi, ma al momento il tasso è inferiore allo 0,1 per cento dei dispositivi.

Infine, l’azienda ha detto di aver trovato un modo per far sì che i prodotti Apple possano essere riparati utilizzando pezzi presi da altri prodotti Apple usati, una cosa che finora aveva disincentivato soprattutto per evitare di nutrire il mercato secondario degli iPhone rubati. «Questo ridurrà ulteriormente i costi di riparazione e l’impatto ambientale complessivo, oltre ad aumentare le scelte a disposizione dei consumatori quando cercano di riparare il proprio dispositivo», si legge nel documento di Apple.