Per contrastare la siccità la Sicilia vuole riaprire un dissalatore fermo da 12 anni
È a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, dove nell'ultimo anno ha piovuto pochissimo e i comuni sono costretti a razionare l'acqua
Due settimane fa la Regione Siciliana ha annunciato di aver stanziato 20 milioni di euro per far fronte alla siccità che interessa diverse province, in particolare Agrigento, dove nell’ultimo anno ha piovuto pochissimo. Un milione di questi 20 sarà destinato alla riapertura del dissalatore di Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, un impianto che aspira l’acqua salata del mare, la filtra e ne ricava acqua dolce che viene immessa nella rete idrica. Rimetterlo in funzione non è semplice: il dissalatore era stato chiuso 12 anni fa per via dei costi di gestione elevati e da allora non è stata fatta nessuna manutenzione, ma secondo la Regione si può riaccendere nel giro di pochi mesi.
La riattivazione del dissalatore fa parte del piano di emergenza idrica studiato dopo una prima metà del 2024 davvero carente di pioggia. I dati aggiornati dal servizio agrometeorologico siciliano (SIAS) dicono che nell’ultimo anno in tutta la Sicilia la media delle precipitazioni è stata di 453 millimetri, mai così bassa dal 2002. Le zone dove ha piovuto meno sono la Sicilia centro-orientale e la fascia meridionale.
Nel 2023 la mancanza di pioggia nei mesi di ottobre e novembre ha ridotto le scorte di acqua per la primavera del 2024, che si è rivelata meno piovosa rispetto al solito. Già all’inizio dell’anno la Regione aveva chiesto e ottenuto lo stato di calamità naturale per via della siccità. Poi era stato deciso il razionamento dell’acqua in quasi 200 comuni, in particolare nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani. La situazione è via via peggiorata.
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In un certo senso la Sicilia sta affrontando i problemi che negli ultimi due anni avevano coinvolto le regioni del Nord e del Centro, dove la siccità aveva causato gravi danni all’agricoltura. Ora la situazione sembra essersi ribaltata rispetto all’estate del 2023: al Sud, dove lo scorso anno aveva piovuto, c’è una grave siccità, mentre al Nord si registrano temperature basse per la media del periodo e soprattutto precipitazioni abbondanti. In Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna sia maggio che giugno sono stati mesi piovosi, in cui sono stati segnalati eventi meteorologici intensi come temporali e trombe d’aria che hanno causato esondazioni di fiumi e frane. Martedì un uomo di 85 anni è morto nell’esondazione del torrente Termina, in provincia di Parma.
Uno dei modi per affrontare i periodi di crisi idrica è lo sfruttamento dell’acqua del mare grazie ai dissalatori. Negli ultimi vent’anni in Italia ne sono stati installati alcuni a partire dalle piccole isole, dove le fonti sono rare ed è complicato rispondere al fabbisogno di acqua durante la stagione turistica. Proprio in Sicilia ne dovrebbero essere installati 4 a Stromboli, Panarea, Alicudi e Filicudi, che fanno parte dell’arcipelago delle Eolie.
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Al centro della produzione di acqua dei dissalatori c’è un processo chiamato osmosi inversa: l’acqua salata viene spinta attraverso una membrana semipermeabile che trattiene il sale e depositata in vasche dove viene analizzata. Successivamente vengono aggiunti ipoclorito di sodio, bicarbonato di sodio e cloruro di calcio per renderla potabile. A quel punto può essere immessa nella rete idrica. I costi della produzione di acqua con i dissalatori sono elevati perché serve molta energia per far funzionare gli impianti, e per questo la dissalazione è una soluzione adatta soprattutto nelle piccole isole, dove l’alternativa è portare l’acqua con le navi cisterna via mare, ancora meno conveniente.
Gli alti costi di gestione sono il motivo che portò alla chiusura del dissalatore di Porto Empedocle. Era stato voluto nel 2005 dall’allora presidente della Regione e commissario dell’emergenza idrica Totò Cuffaro nell’area del porto: costato 6 milioni di euro, aperto nel 2007, era in grado di immettere 100 litri al secondo di acqua potabile nella rete idrica, pari a 3 milioni di metri cubi d’acqua all’anno. Tuttavia rimase in funzione solo per cinque anni: chiuse nel 2012 a causa dei costi di gestione elevati.
A Porto Empedocle sono rimaste le condutture e la struttura, mentre dopo la chiusura furono rimossi gli impianti dove avveniva il processo di desalinizzazione. Per rimetterlo in funzione servono nuovi lavori e investimenti. Secondo le stime della Regione, con cantieri a pieno ritmo potrebbe essere riaperto entro cinque mesi. In ogni caso, dunque, il dissalatore non potrebbe essere una risposta all’attuale siccità, ma potrebbe servire in caso di nuove future crisi idriche. Il prefetto di Agrigento, Filippo Romano, ha detto che se si vuole l’acqua bisogna trovarla dove è possibile, anche se costa farlo: «i dissalatori hanno i costi che hanno: se ricomincia a piovere – e ce lo auguriamo – l’acqua del dissalatore non si userà. Il dissalatore serve nei periodi di crisi. Si può anche immaginare di spalmare il costo negli anni. Ma i costi da qualche parte devono uscire».
Oltre all’impianto di Porto Empedocle, in Sicilia ci sono altri due dissalatori fermi, uno a Gela e un altro a Trapani. Entrambi sono in stato di abbandono. Nell’accordo per il fondo di solidarietà fatto con il governo, la Sicilia ha stimato che per far tornare in funzione tutti e tre i dissalatori servano circa 90 milioni di euro.
I dati diffusi a marzo dall’ISTAT, l’istituto nazionale di statistica, dicono che nel 2022 si è perso il 51,6% dell’acqua immessa nelle reti idriche siciliane. L’isola è tra le regioni con le perdite totali più alte, preceduta comunque da Basilicata, Molise, Abruzzo e Sardegna. Nel 2023 quasi il 30 per cento delle famiglie si è lamentato di problemi nelle forniture di acqua, mentre quasi il 60 per cento delle persone non si fida a bere l’acqua del rubinetto.