Il titolare dell’azienda per cui lavorava Satnam Singh era già stato indagato per caporalato
Secondo le indagini della procura di Latina, tra il 2019 e il 2020 Renzo Lovato avrebbe sfruttato sistematicamente i lavoratori, sottoponendoli a condizioni degradanti
Da cinque anni Renzo Lovato, il titolare della cooperativa agricola Agrilovato per cui lavorava Satnam Singh, è coinvolto in un’indagine per caporalato della procura di Latina, nel Lazio. L’indagine venne aperta nel 2019 ed è stata resa pubblica dal TgLa7 condotto da Enrico Mentana. Satnam Singh è l’operaio indiano morto mercoledì pomeriggio all’ospedale San Camillo di Roma, due giorni dopo aver perso un braccio in un grave incidente sul lavoro, di cui si sta parlando molto in questi giorni.
L’indagine riguarda presunti reati commessi tra il 2019 e il 2020: secondo la procura, l’azienda sfruttava sistematicamente i lavoratori grazie all’aiuto di un caporale indiano. Questi venivano pagati cifre irrisorie, fatti lavorare su turni lunghi ed estenuanti, senza contratti regolari, senza pause e in condizioni igieniche degradanti. Condizioni simili a quelle di Singh, che non aveva un permesso di soggiorno né un contratto ma lavorava comunque insieme alla moglie per l’Agrilovato, nei campi tra Borgo Santa Maria e Borgo Montello, due frazioni di Latina.
Durante l’edizione serale del TgLa7, sabato, sono state mostrate alcune carte dell’inchiesta, secondo la quale i braccianti avrebbero lavorato per 48 ore settimanali, a fronte di un massimo consentito di 39 ore, sottoposti a «condizioni di lavoro e a situazioni alloggiative degradanti» e costretti a lavorare anche sotto la pioggia. Sarebbero stati portati sul posto di lavoro con mezzi sovraffollati e in pessime condizioni, e non avrebbero avuto a disposizione bagni, docce o rubinetti, né luoghi per cambiarsi e mangiare.
Le indagini preliminari sono state chiuse quasi un anno fa, a luglio del 2023, ma l’udienza preliminare non è ancora stata fissata. Oltre a Renzo Lovato hanno coinvolto altri 14 imprenditori agricoli dell’Agro pontino, tra cui Massimo Varelli, il socio di Lovato.
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Renzo Lovato non è indagato per la morte di Singh, a differenza del figlio Antonello Lovato, accusato di omicidio colposo, omissione di soccorso e violazione delle norme sulla sicurezza. Di lui però si è comunque parlato in relazione alla morte di Singh, poiché in un’intervista al Tg1 ha descritto il suo incidente come «una leggerezza» che è «costata cara a tutti». Renzo Lovato ha detto che Singh era stato avvisato di non avvicinarsi al macchinario che gli ha tranciato un braccio, ma «ha fatto di testa sua». Non ha accennato al fatto che l’uomo non è stato soccorso in alcun modo dopo il grave incidente: alle sue parole hanno fatto seguito estese polemiche, poiché a molti sono sembrate sprezzanti e sminuenti.
Il 17 giugno scorso Singh stava preparando le serre per la coltivazione dei meloni quando all’improvviso è rimasto incastrato in un macchinario utilizzato per avvolgere la plastica. La forte pressione gli ha causato la mutilazione del braccio e la frattura delle gambe. Secondo le ricostruzioni, Antonello Lovato non ha chiamato immediatamente i soccorsi: ha caricato Singh su un furgone insieme alla moglie e lo ha portato a casa. Il lavoratore è stato lasciato di fronte al cancello, mentre il braccio è stato messo in una cassetta della frutta. Singh è morto due giorni dopo il ricovero e diverse operazioni tentate dai medici per salvargli la vita.