“La jeunesse emmerde le Front National”
Da dove viene lo slogan contro l'estrema destra che da settimane cantano soprattutto i giovani nelle piazze francesi
In Francia, subito dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni europee e la convocazione delle legislative anticipate, le piazze di Parigi e di molte altre città si sono riempite di manifestazioni contro il Rassemblement National, il partito di opposizione e di estrema destra che alle europee dell’8 e del 9 giugno ha ottenuto il 31,37 per cento dei voti. Da quel momento in poi proteste e cortei si sono svolti quasi quotidianamente nel paese, e uno degli slogan che da allora vengono più utilizzati è “La jeunesse emmerde le Front National”: è uno slogan punk vecchio di quarant’anni che è stato ripreso anche sui social network, e soprattutto dai più giovani, ma anche da molti deputati, deputate e sindaci di sinistra durante la loro campagna elettorale.
“La jeunesse emmerde le Front National” si tradurrebbe con “La gioventù smerda il Front National” (il nome che fino al 2018 aveva il Rassemblement National ora guidato da Jordan Bardella e Marine Le Pen e fondato da Jean-Marie Le Pen, padre di Marine, nel 1972). Ma il verbo “emmerder”, in francese, è utilizzato più comunemente, sia come transitivo sia come pronominale: e ha il doppio significato colloquiale di “fottersene” di qualcuno o qualcosa perché quel qualcuno o qualcosa suscita un sentimento di repulsione, e anche di “mettere nella merda” qualcuno e sempre per lo stesso motivo.
Lo slogan nacque negli anni Ottanta quando in Francia, come nella maggior parte dei paesi occidentali, si era sviluppata una scena musicale punk legata alla controcultura e all’attivismo politico di sinistra di cui facevano parte anche i Bérurier Noir. Il gruppo anarco-punk si era formato nel 1983 ed era composto inizialmente solo da due membri: Loran alla chitarra elettrica e Fanfan alla voce. Provenivano entrambi dal movimento squat e antifascista parigino e dalle pratiche delle occupazioni. Ben presto alla chitarra e alla voce si aggiunsero una drum machine, un sassofono, altre voci, ma anche performer, ballerine e ballerini travestiti che si esibivano durante i concerti organizzati in luoghi occupati, nelle metropolitane, per le strade, sui camion durante la manifestazioni, nelle piazze durante gli scioperi e anche davanti al Centre Pompidou.
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Dei Bérurier Noir divenne celebre il concerto improvvisato fuori da un club molto alla moda del Quartiere Latino di Parigi che aveva prima acconsentito a una loro esibizione e che poi l’aveva cancellata: loro decisero di suonare comunque davanti al locale, sul marciapiede, arrivarono i poliziotti e il pubblico non li lasciò avvicinare al gruppo che continuò a suonare per diversi minuti indossando delle maschere antigas sotto una pioggia di lacrimogeni.
La radicalità, le fanzine, il passaparola, il fatto che i loro concerti fossero spesso interrotti dalla polizia, attaccati dagli skinhead neonazisti e che il gruppo si facesse accompagnare dai Red Warriors, una formazione antifascista attiva nella Parigi di quegli anni che assicurava la sicurezza durante i concerti o le manifestazioni, contribuirono a rendere i Bérurier Noir molto conosciuti in Francia ma anche all’estero.
Nel 1985 i Bérurier Noir pubblicarono l’album Concerto pour détraqués in cui era presente la canzone Porcherie (Porcile), un riferimento al film di Pier Paolo Pasolini del 1969 sull’impossibilità di dissentire in una società interessata soltanto ai profitti, che cannibalizza tutte quelle personalità eccentriche non disposte a omologarsi al sistema. Nel film c’erano famiglie borghesi, padri nazisti e figli divorati dai maiali.
Porcherie, la canzone, descrive il mondo come un porcile, prende posizione contro il capitalismo, la repressione politica e l’estrema destra: «Il mondo è un porcile, gli uomini si comportano come maiali allevati in batteria (…) da un lato il sistema monetario, dall’altro l’ombra militare», dicono alcuni versi. La canzone termina con un elenco di cose che vengono paragonate a un porcile: i poliziotti, l’esercito, l’apartheid, la DST, cioè la Direction de la surveillance du territoire, l’ex servizio di intelligence nazionale francese, e anche Jean-Marie Le Pen. Il pezzo era stato scritto nel 1984, quando il Front National aveva ottenuto fino a quel momento il suo massimo risultato elettorale a livello nazionale durante le europee, circa l’11 per cento dei voti.
Nel 1989, quando i Bérurier Noir parteciparono a uno dei concerti più significativi per il punk francese, all’Olympia di Parigi, il Front National era entrato già da tre anni all’Assemblea Nazionale con 35 deputati e alle presidenziali del 1988, con Jean-Marie Le Pen candidato, aveva ottenuto più del 14 per cento. All’Olympia, affiancati da giocolieri, clown e ballerini che indossavano delle maschere da maiale, i Bérurier Noir cantarono la versione di Porcherie che poi passò alla storia, allungandone il finale. «L’idea» ha spiegato di recente il chitarrista Loran «era che il pubblico stesso cominciasse a urlare lo slogan che oggi tutti conoscono, anche se non era presente nella versione originale». Cosa che accadde.
Lo slogan tornò a essere centrale nelle proteste francesi del 2002, quando Jean-Marie Le Pen arrivò al secondo turno delle elezioni presidenziali contro Jacques Chirac e nel tempo è stato ripreso in diverse altre canzoni e da altri musicisti. «Nessun’altra espressione contro l’estrema destra ha attraversato così i decenni», ha detto Christian Delporte, docente di Storia contemporanea all’università di Versailles, ed è ora presente nelle piazze e sui social network dopo il risultato delle europee che ha mostrato come un quarto degli elettori sotto i 25 anni abbia dato il proprio voto al partito dell’estrema destra.
François Guillemot, il vero nome del cantante dei Bérurier Noir che oggi ha 60 anni, è uno storico esperto di Vietnam che lavora al CNRS, la più grande e più importante organizzazione di ricerca pubblica francese. Al quotidiano Le Monde ha detto che «se questo slogan fosse diventato inutile» lui sarebbe stato il primo a rallegrarsene. «Ci viene detto che il Front National, ora Rassemblement National, è cool, moderno, che non è più un partito razzista. Invadendo il campo, questi giovani giocano in contropiede, occupano il terreno con gli strumenti di oggi, ma appropriandosi di una frase vecchia quarant’anni», che mantiene il primo nome del partito mostrando come, nella sostanza, non si sia affatto normalizzato come pretenderebbero i suoi leader.
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