In Russia si possono ancora bere Coca-Cola e Pepsi, più o meno

Come molte altre aziende occidentali avevano annunciato il ritiro dal mercato dopo l'invasione dell'Ucraina, ma continuano a operare tramite marchi o società secondarie: per questo oggi in Russia si beve Dobry Cola

Una pubblicità della Coca Cola danneggiata dalle schegge dei proiettili a Dergachi, in Ucraina, nel maggio del 2022 (John Moore/Getty Images)
Una pubblicità della Coca Cola danneggiata dalle schegge dei proiettili a Dergachi, in Ucraina, nel maggio del 2022 (John Moore/Getty Images)
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Nelle settimane successive all’invasione russa dell’Ucraina, iniziata il 24 febbraio del 2022, molte multinazionali occidentali avevano annunciato l’interruzione delle proprie attività commerciali in Russia. Ma fra holding controllate solo parzialmente, importazioni non autorizzate e la minaccia del sequestro delle filiali, per molte aziende ritirarsi dal mercato russo è stato più complicato del previsto, oltre che poco conveniente.

Fra le molte aziende che non hanno abbandonato completamente il mercato russo ci sono, in modi diversi, PepsiCo e Coca-Cola, che producono le omonime bevande gassate famose in tutto il mondo. Fra le due, PepsiCo ha mantenuto una presenza più diretta in Russia. Nel 2022 aveva annunciato che avrebbe smesso di vendere e produrre la Pepsi nel paese, ma ha continuato a commercializzare altre bibite: ha aumentato la produzione di Frustyle, una bevanda al gusto di frutta simile a quella venduta in Italia come Mirinda, e ne ha introdotta una nuova, chiamata Evervess, un’acqua tonica al limone.

Nel 2023 le vendite dell’azienda in Russia sono aumentate del 12 per cento rispetto al 2022, raggiungendo un valore pari a 2,2 miliardi di euro. Sono però rimaste inferiori di circa un terzo rispetto ai livelli del 2021, prima dell’inizio della guerra in Ucraina.

Secondo i dati raccolti dal sito merceologico russo prodazhi.rf e citati da Bloomberg la percentuale della Pepsi (la bevanda) nel mercato delle bibite gassate in Russia nel 2023 e nel 2024 è attorno all’1,5 per cento: nonostante l’azienda che la produce abbia detto che non l’avrebbe più venduta nel paese, le autorità russe hanno approvato una legge che permette di importare beni anche senza il permesso dei loro produttori. Sia la Pepsi sia la Coca-Cola continuano quindi a entrare in Russia attraverso il Kazakistan, la Georgia e altri paesi confinanti.

La situazione di Coca-Cola è ancora più complicata perché in gran parte d’Europa, Russia e Italia comprese, i suoi prodotti sono commercializzati da un’altra azienda, la Coca-Cola HBC, che l’azienda originale, The Coca-Cola Company, controlla solo al 21 per cento. A sua volta in Russia Coca-Cola HBC collabora con un’altra azienda, Multon Partners, che si occupa di imbottigliamento.

Coca-Cola HBC ha smesso di produrre e commercializzare in Russia la Coca-Cola, ma Multon Partners ne ha creata una specie di variante locale: la Dobry Cola, venduta in una lattina rossa con le scritte bianche che ricorda molto il design della Coca-Cola. La Dobry (parola che in russo significa “buono” o “gentile”) è diventata rapidamente la bibita gassata più venduta in Russia. Secondo Garrett Nelson, un esperto del settore sentito da Bloomberg, «i profitti dalla vendita della Coca-Cola in Russia sono semplicemente passati alla Coca-Cola HBC, che si è presa la sua fetta di mercato con il successo di Dobry».

Lattine di Dobry Cola, rosse con le scritte bianche, in un supermercato di Mosca (EPA/MAXIM SHIPENKOV)

La vera e propria Coca-Cola ha però subìto una diminuzione significativa delle proprie vendite in Russia. Nel 2021 era la bevanda gassata più venduta, e rappresentava il 26 per cento del mercato nel paese. Ora è al terzo posto con il 6 per cento, grazie alle importazioni da paesi terzi: se sommato alla percentuale della Dobry (il 14 per cento) si arriva attorno al 20 per cento. La seconda bevanda più popolare è la Chernogolovka Cola, prodotta dall’azienda russa Chernogolovka, che prende il nome dalla cittadina vicino a Mosca in cui è stata fondata.

Fra le circa mille aziende che avevano detto di voler interrompere le proprie operazioni in Russia, Coca-Cola e PepsiCo non sono le uniche a essere rimaste parzialmente attive nel paese. Unilever e Nestlé non hanno voluto vendere i propri grossi impianti alle condizioni pesantemente sfavorevoli imposte dal governo russo alle aziende che volevano uscire dalla Russia. Le filiali di Danone e Carlsberg sono state sequestrate dopo che le aziende avevano cercato di andarsene. Altre non hanno mai manifestato l’intenzione di lasciare la Russia: fra queste l’azienda di vestiti italiana Benetton e i supermercati francesi Auchan.

Portare i guadagni accumulati in Russia fuori dal paese è reso più complicato dai vincoli imposti recentemente dal governo russo, ma i consistenti investimenti statali nell’industria bellica hanno abbassato la disoccupazione e accresciuto la spesa nei beni di consumo, rendendo il mercato del paese particolarmente attivo e proficuo per le aziende che hanno proseguito le proprie attività.

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