Barcellona vuole vietare gli affitti brevi dal 2029
La misura annunciata dal sindaco è pensata per rispondere alla crisi abitativa in cui si trova da anni la città, e che secondo molti è dovuta anche alla cattiva gestione dei flussi turistici
Venerdì il sindaco di Barcellona Jaume Collboni ha annunciato che nei prossimi anni la città spagnola non rinnoverà le licenze degli oltre 10mila appartamenti che attualmente vengono affittati a breve termine ai turisti. Dato che tutte le licenze emesse finora scadranno entro novembre del 2028, questo vuol dire che, se la misura verrà approvata definitivamente, dal 2029 a Barcellona non ci saranno più appartamenti per affitti brevi ai turisti, ma soltanto hotel o bed&breakfast tradizionali.
Collboni ha detto che la misura è pensata per «affrontare strutturalmente quello che [l’amministrazione della città] crede essere il più grande problema di Barcellona», ovvero i prezzi proibitivi degli affitti, che negli ultimi dieci anni sono aumentati del 68 per cento. Il costo di acquisto degli immobili è invece aumentato del 38 per cento, secondo i dati condivisi da Collboni stesso. «Quei diecimila appartamenti saranno utilizzati dai residenti della città o saranno messi sul mercato per l’affitto o la vendita», ha aggiunto il sindaco.
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Da tempo varie città europee – tra cui alcune amministrazioni italiane – hanno cominciato a tracciare una linea tra questa crescita degli affitti e l’aumento del numero di appartamenti rimossi dal mercato immobiliare residenziale in modo da poter essere affittati ai turisti a prezzi più alti. Barcellona è stata particolarmente colpita, dato che la Spagna è uno dei tre paesi più visitati dai turisti al mondo, insieme a Francia e Stati Uniti.
Collboni ha sottolineato che la possibilità di permettersi o meno un alloggio in città, e quindi più vicino a servizi e opportunità lavorative, è diventato un fattore di disuguaglianza soprattutto tra i più giovani. Finora la sua amministrazione, di centrosinistra, aveva detto soltanto che stava lavorando per ridurre «significativamente» il numero degli appartamenti affittati a fini turistici, soprattutto nei quartieri che negli ultimi anni hanno più sofferto per via di questo fenomeno. La ministra spagnola per le Politiche territoriali Isabel Rodríguez ha detto di sostenere la decisione dell’amministrazione di Collboni, perché «è necessario compiere tutti gli sforzi necessari per garantire l’accesso agli alloggi a prezzi accessibili».
Per entrare in vigore, la misura avrà bisogno di una maggioranza dei voti nel consiglio comunale, ma non sembra sia un problema. È però molto molto probabile che le persone attualmente in possesso delle licenze per gli alloggi turistici e le associazioni di categoria che le rappresentano faranno causa contro la città, e che quindi la misura verrà sospesa in attesa dell’esito dell’eventuale procedimento giudiziario.
Barcellona non ammette la registrazione di nuovi appartamenti adibiti alla locazione turistica dal 2014: soltanto tra il 2016 e oggi l’amministrazione locale ha ordinato la chiusura di 9.700 appartamenti turistici illegali. Il tema è inoltre diventato sempre più sentito in città, dove è facile vedere per strada graffiti contro i turisti e contro la gentrificazione, il fenomeno di drastica trasformazione dell’identità dei quartieri storicamente abitati dalle fasce più povere della popolazione dopo l’arrivo massiccio di investimenti e il trasloco di persone di fasce più agiate.
L’associazione dei locatori Apartur ha detto che non crede che l’eliminazione delle locazioni turistiche risolverà il problema degli alloggi, ma che «causerà piuttosto la proliferazione dell’offerta illegale». Ha aggiunto che gli appartamenti turistici rappresentano il 40 per cento dell’offerta ricettiva della città, e che eliminarli potrebbe avere delle ricadute negative sull’intero settore dell’accoglienza a Barcellona.
L’Unione degli inquilini, che rappresenta i diritti delle persone in affitto, ha detto che la misura «all’apparenza risponde alle richieste degli abitanti che vogliono fermare il turismo, ma non avrà alcun effetto pratico per i prossimi quattro anni e mezzo». La loro preoccupazione è che, nel frattempo, cambi l’orientamento politico dell’amministrazione locale.
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