Cristiano Ronaldo è un vantaggio o uno svantaggio per il Portogallo?
Anche a questi Europei la squadra ruota intorno a lui, che però a 39 anni non è più quello di una volta
Nella partita degli Europei maschili di calcio tra Portogallo e Repubblica Ceca, giocata martedì scorso e vinta 2-1 dal Portogallo, l’attaccante 39enne Cristiano Ronaldo è diventato il primo calciatore di sempre a partecipare a sei diverse edizioni degli Europei: quando esordì nel 2004, molti calciatori che oggi giocano nel torneo non erano nemmeno nati. Commentatori e tifosi sono divisi sull’interpretazione di questo record, perché per alcuni racconta l’eccezionale capacità di Ronaldo di rimanere competitivo ad alti livelli per vent’anni, mentre per altri mostra la difficoltà di Ronaldo a rassegnarsi al tempo che passa.
Già dagli scorsi Mondiali del 2022 è in corso un dibattito tra chi ritiene che ancora oggi Ronaldo possa essere decisivo, e chi invece pensa che il Portogallo giocherebbe meglio senza di lui, che però è una personalità troppo ingombrante per essere tolta dalla squadra. Entrambe le fazioni hanno argomenti validi: nelle recenti qualificazioni agli Europei, Ronaldo ha segnato 10 gol e il Portogallo ha vinto 10 partite su 10, e nell’ultima stagione ha segnato 44 gol in 45 partite con la squadra saudita dell’Al-Nassr, vincendo la Champions League araba. D’altro canto quello saudita è un campionato minore e Ronaldo non è più il calciatore che era stato fino a quattro, cinque anni fa. È diventato un po’ più lento, un po’ meno preciso, ormai quasi inesistente nel pressing in difesa.
Questo fisiologico peggioramento non ha cambiato però il suo modo di giocare e di approcciarsi a una partita. Ronaldo vuole ancora essere al centro di ogni azione offensiva del Portogallo, tira in porta da qualsiasi posizione, è convinto di poter segnare praticamente in ogni azione e pretende che i compagni gli passino sempre la palla. Questo, oltre al suo scarso apporto alla fase difensiva, indubbiamente condiziona il modo in cui gioca tutta la squadra e i vari calciatori di talento che ha il Portogallo, come Bernardo Silva, Bruno Fernandes e Rafael Leão, giocano tutti per Cristiano Ronaldo.
Dopo la partita contro la Repubblica Ceca, che il Portogallo ha vinto 2-1 con un po’ di fatica, il giornalista sportivo Riccardo Trevisani ha detto che con Ronaldo «molti dei giocatori si rimpiccioliscono, gli passano la palla anche quando non devono» e che la squadra è «completamente costretta» dalla sua presenza. I più critici della sua influenza sulla Nazionale citano spesso gli ottavi di finale dei Mondiali del 2022 contro la Svizzera, che Ronaldo cominciò in panchina. Al suo posto giocò l’attaccante del Paris Saint-Germain Gonçalo Ramos, che segnò una tripletta; il Portogallo fece una delle sue migliori partite degli ultimi anni e vinse 6-1 (ai quarti di finale però uscì contro il Marocco).
Ronaldo è sempre stato un calciatore molto accentratore, ma in passato per le squadre era spesso conveniente giocare in funzione dei suoi movimenti, considerato quanto era determinante: nelle nove stagioni giocate con il Real Madrid, quelle centrali della sua carriera, segnò 450 gol in 438 partite. Oggi che, a 39 anni, ha perso una parte delle sue abilità, è lecito pensare che avere un calciatore del genere in squadra sia meno sostenibile, soprattutto considerati gli alti ritmi a cui si gioca. Ciò non toglie però che Ronaldo possa ancora essere decisivo anche a questi livelli e che soprattutto per molti dei suoi compagni sia diventato un punto di riferimento.
Qualche giorno fa il difensore portoghese del Manchester City Rúben Dias ha detto che «Cristiano rappresenta l’idea che sia possibile sognare e realizzare grandi cose. È importante che sia qui con noi in questa fase della sua carriera, significa che ha ancora voglia di vincere». Per i giocatori del Portogallo è come giocare assieme a una leggenda vivente, un calciatore che è già da anni nella storia del calcio. Cristiano Ronaldo ha già vinto un trofeo importante con il Portogallo, gli Europei del 2016, ed è già il miglior marcatore di sempre della storia delle nazionali (130 gol con il Portogallo) e della storia del calcio, eppure sembra avere ancora voglia di giocare e di vincere, anche a costo di rovinare in parte l’immagine di infallibilità che esprimeva fino a qualche anno fa.