Cosa non ha funzionato per l’Italia contro la Spagna
Sono mancate soprattutto la qualità nel possesso palla e la capacità di difendersi e resistere alla pressione della Spagna, che si è dimostrata nettamente superiore
Nella seconda partita degli Europei maschili di calcio l’Italia ha perso 1-0 contro la Spagna, in una partita dominata a lungo dagli avversari, che sono stati superiori in quasi tutti gli aspetti del gioco. La Spagna ha dominato l’Italia con gli stessi mezzi con cui l’Italia aveva sconfitto l’Albania: il pressing, la riaggressione continua (il tentativo di recuperare immediatamente il pallone appena lo si è perso), il controllo del pallone e degli spazi. Solamente una grande prestazione del portiere Gianluigi Donnarumma ha permesso all’Italia di restare in partita fino ai minuti finali e di perdere con un solo gol di scarto.
Nei giorni precedenti alla partita si era parlato molto di come l’identità delle due nazionali fosse un po’ cambiata di recente. Si diceva che la Spagna fosse diventata una squadra più diretta, basata principalmente sulla velocità dei suoi giovani e talentuosi esterni d’attacco Lamine Yamal e Nico Williams, e che invece l’Italia cercasse con maggior insistenza rispetto al passato il possesso palla e il pressing. La partita di giovedì sera ha mostrato che è vero che la Spagna punta molto sulla capacità di Yamal e Williams di saltare i diretti avversari con i dribbling (i difensori dell’Italia, soprattutto Giovanni Di Lorenzo, hanno faticato tantissimo a contrastarli), ma che allo stesso tempo è ancora in grado di imporre il suo palleggio (la capacità di mantenere il possesso del pallone con passaggi e movimenti continui) e il suo dominio degli spazi.
L’Italia probabilmente non si aspettava di dover giocare una partita così difensiva, di essere pressata sin dall’inizio dalla Spagna, ed è andata subito in difficoltà, perché oggi è una squadra con calciatori meno abituati a difendere bassi e compatti per lunghi momenti della partita (non ci sono più Giorgio Chiellini e Leonardo Bonucci, che erano molto bravi in questo). Ai calciatori italiani sono mancati soprattutto un po’ di coraggio e di qualità nei passaggi e nel possesso palla, che in alcune occasioni avrebbero aiutato a subire meno la pressione della Spagna. Quando riusciva a recuperare palla, l’Italia era frettolosa, poco lucida, e finiva spesso con perdere il possesso in tempi brevi, restituendo l’iniziativa alla Spagna.
Con il passare del tempo, questo contesto così sbilanciato ha probabilmente contribuito a far perdere le certezze all’Italia, che è diventata sempre più confusa e disordinata. I cambi fatti da Luciano Spalletti alla fine del primo tempo, con l’inserimento di Bryan Cristante e Andrea Cambiaso al posto di Jorginho e Davide Frattesi, dovevano servire a dare un po’ più di solidità, ma probabilmente hanno contribuito a diminuire ulteriormente la capacità di controllare il pallone, e quindi la partita.
La Spagna, insomma, si è dimostrata una squadra superiore, più pronta e organizzata rispetto all’Italia e con diversi calciatori di livello superiore: assieme a Francia, Inghilterra e Germania è una delle favorite alla vittoria finale. Gli osservatori più ottimisti speravano probabilmente che la distanza tra Italia e Spagna fosse minore e che la partita sarebbe stata più equilibrata. Non è stato così, ma l’Italia è ancora in corsa per passare agli ottavi di finale: le servirà almeno un pareggio contro la Croazia (lunedì 24 giugno alle 21) per arrivare seconda nel gruppo e qualificarsi.
Con il secondo posto, l’Italia agli ottavi di finale incontrerebbe la seconda classificata del gruppo A, quindi probabilmente una tra Svizzera e Scozia (a meno che la Germania non perda contro la Svizzera nell’ultima partita del girone). Insomma, seppur contro la Spagna sia arrivata una sconfitta netta, non tanto nel punteggio quanto nel gioco, l’Italia ha ancora margine per giocare dei buoni Europei. Luciano Spalletti allena la Nazionale da meno di un anno (dodici partite in tutto) e, rispetto alla squadra che vinse il torneo tre anni fa, ci sono molti calciatori nuovi. Serve tempo, insomma, e giocare partite come quella di ieri può servire nel processo di crescita e di costruzione di un’identità.