L'autobus precipitato a Mestre la sera del 3 ottobre 2023 (Andrea Merola/Ansa)

Secondo una perizia della procura sull’autobus precipitato a Mestre ci fu un guasto

Si sarebbe rotto un componente dello sterzo, facendo perdere il controllo del mezzo all’autista: le indagini non sono ancora concluse

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Una perizia disposta dalla procura di Venezia ha concluso che sull’autobus precipitato da un cavalcavia di Mestre il 3 ottobre 2023 ci fu un guasto meccanico. I risultati della perizia li ha comunicati il procuratore di Venezia, Bruno Cherchi. L’incidente provocò la morte di 22 persone e 15 feriti: una delle principali ipotesi sulle cause – un malore dell’autista Alberto Rizzotto, morto nell’incidente – era stata esclusa dopo gli esami sul suo corpo. Da quel momento le indagini si sono concentrate sullo stato di manutenzione del guardrail e del cavalcavia, e su un eventuale guasto meccanico dell’autobus. Secondo la perizia, che si è svolta sui braccetti dello sterzo che lo collegano alle ruote, la rottura di alcuni componenti meccanici potrebbe essere precedente all’impatto con il guardrail e avrebbe fatto perdere all’autista il controllo dell’autobus.

Secondo i tecnici si sarebbe rotto il giunto di collegamento allo sterzo: tale rottura «sembrerebbe non derivata da urti a barriere o altri mezzi, ma sarebbe dovuta alla rottura di un perno», e in particolare il perno destro, ha detto Cherchi. E questa rottura, sempre secondo Cherchi, potrebbe aver causato «la situazione di difficoltà o ingovernabilità del mezzo» in caso di frenata, anche se la perizia ha rilevato che i materiali dei componenti erano conformi.

Un’altra delle consulenze tecniche ha inoltre accertato l’inadeguatezza della barriera del cavalcavia, sfondata dall’autobus prima di cadere: secondo la perizia era «vetusta» e ammalorata, carente di manutenzione, e quindi non in grado di resistere all’urto di un mezzo pesante come l’autobus. In base alle analisi del telefonino dell’autista, Rizzotto, e delle riprese delle telecamere interne al mezzo, i periti ritengono che l’autista non abbia utilizzato il telefonino né si sia distratto alla guida.

– Leggi anche: L’inchiesta sulla strage di Mestre è più complicata del previsto

L’autobus elettrico era della società La Linea e collegava Venezia al campeggio Hu di Marghera. Poche decine di metri dopo la rampa di ingresso al cavalcavia “della Vempa”, il bus aveva sbandato verso destra per poi strisciare per una cinquantina di metri sul guardrail. Aveva poi colpito la barriera del cavalcavia a una velocità molto ridotta, 5 o 6 chilometri orari, sfondandola, ed era precipitato, ribaltandosi prima di finire sulla strada.

Nell’impatto erano morti nove turisti ucraini, quattro romeni, tre tedeschi, un croato, due portoghesi, un sudafricano, oltre a Rizzotto. Una delle 15 persone ferite quella sera, una turista spagnola di 52 anni, era poi morta dopo sei mesi di ricovero all’ospedale di Padova, portando a 22 il numero totale delle vittime.

Le indagini sull’incidente sono ancora in corso e attualmente gli indagati sono tre: Roberto Di Bussolo, dirigente del settore Mobilità e viabilità della terraferma del comune di Venezia; Alberto Cesaro, funzionario del settore Manutenzione; e Massimo Fiorese, l’amministratore delegato di La Linea.

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