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  • Venerdì 21 giugno 2024

Come l’ex Ermitage di Amsterdam si è dissociato da quello di San Pietroburgo

Dopo l'invasione in Ucraina ha rinunciato alle sue opere e ai rapporti privilegiati con il museo russo, e ora è diventato una cosa nuova

Il re dei Paesi Bassi Guglielmo Alessandro al museo H'Art, l'ex Hermitage Amsterdam, con la direttrice del museo Annabelle Birnie, all'inaugurazione di una mostra su Vassilij Kandinskij (foto: Albert Nieboer)
Il re dei Paesi Bassi Guglielmo Alessandro al museo H'Art, l'ex Hermitage Amsterdam, con la direttrice del museo Annabelle Birnie, all'inaugurazione di una mostra su Vassilij Kandinskij (foto: Albert Nieboer)
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Nel 2009 ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, aprì una specie di succursale del museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, uno dei musei di arte più importanti della Russia e del mondo. Si chiamava Hermitage Amsterdam, e come altre istituzioni con stretti rapporti con la Russia (fra cui una fondazione satellite dell’Ermitage con sede in Italia) dopo l’invasione russa dell’Ucraina la sua direttrice, Annabelle Birnie, ha cambiato molte cose, a partire dal nome: dal 2023 il museo si chiama H’Art.

Il museo di Amsterdam era comunque sempre stato indipendente da quello russo e aveva una propria direzione artistica, ma aveva «diritti illimitati» per quanto riguardava i prestiti di opere dall’Ermitage di San Pietroburgo. Grazie a quei prestiti il museo olandese fino al 2022 aveva allestito una trentina di mostre, circa un terzo delle quali aveva a che fare con la Russia (per esempio in una erano stati esposti i gioielli degli imperatori russi). Anche una parte dell’esposizione permanente riguardava i rapporti fra Paesi Bassi e Russia.

Ma all’inizio di marzo del 2022, circa una settimana dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la direttrice Annabelle Birnie decise di interrompere tutti i rapporti con l’Ermitage di San Pietroburgo. La mostra in corso, sulle avanguardie artistiche russe, fu chiusa dopo cinque settimane, anche se avrebbe dovuto durare un anno: secondo la direttrice chiuderla in anticipo causò una perdita di circa due milioni di euro. Ha spiegato al New York Times che «sentivamo che fosse l’unica cosa giusta da fare», e che nonostante le conseguenze economiche «il tempo ci ha dato ragione».

Nei primi tempi dopo l’inizio della guerra in Ucraina molte istituzioni scientifiche e culturali limitarono le collaborazioni con artisti e intellettuali russi. Fra le altre cose furono annullate conferenze, concerti, spettacoli e mostre di opere russe o con relatori o artisti russi, e la Russia fu esclusa dall’Eurovision Song Contest. Anche la Fondazione Ermitage Italia, per certi versi simile a quella olandese ma che a differenza sua non aveva uno spazio espositivo, scelse di interrompere i rapporti con le istituzioni russe.

Secondo alcuni queste iniziative sono un modo simbolico di manifestare sostegno all’Ucraina, per altri un mezzo per tentare di condizionare indirettamente l’evoluzione del conflitto e per altri ancora – secondo un pensiero noto e condiviso anche a proposito delle sanzioni economiche – una scelta con ricadute ed effetti negativi non soltanto sulla Russia ma anche sui paesi occidentali.

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La situazione era piuttosto complessa anche per il museo, che a quel punto non aveva opere da mostrare e neanche un’identità di riferimento. Secondo Birnie con la guerra «la magia della Russia è scomparsa». Diversi musei olandesi (ma anche un miliardario statunitense) a quel punto decisero di aiutare il museo, prestandogli alcune delle opere delle loro collezioni, principalmente quadri di grandi artisti olandesi del passato.

Nel giugno del 2023 venne annunciato il cambio di nome e soprattutto delle istituzioni con cui il museo collabora. Dato che non ha una collezione propria, H’Art ha deciso di costruire le proprie mostre con opere prese in prestito da altri tre musei: lo Smithsonian American Art Museum di Washington (un’istituzione statale statunitense), il Centro Pompidou di Parigi e il British Museum di Londra. A volte le esposizioni sono composte liberamente con le opere degli altri musei, in altri casi sono trasposizioni per il pubblico olandese di mostre del tutto simili già esposte altrove.

La prima mostra in collaborazione con questi musei è iniziata mercoledì, e riguarda peraltro un artista che abbandonò la Russia, un po’ come fatto negli ultimi anni dal museo: Vasilij Kandinskij, principale esponente della pittura astratta. Le opere provengono dal Centro Pompidou, con cui H’Art si è accordato per allestire cinque mostre in cinque anni, durante i quali il museo parigino sarà talvolta chiuso per lavori di ristrutturazione.

due operatori attaccano un quadro al muro

Il Dipinto con arco nero, realizzato da Kandinskij nel 1912, durante l’allestimento della mostra sul pittore al museo H’Art di Amsterdam (EPA/EVA PLEVIER)

Kandinskij nacque nell’attuale Ucraina (allora parte dell’impero russo), ma iniziò a dipingere in Germania. All’inizio della Prima guerra mondiale (in cui Germania e Russia erano avversarie) tornò nel suo paese natale, che però lasciò nuovamente per la Germania nel 1921, pochi anni dopo la rivoluzione comunista in Russia. Nel secondo periodo tedesco insegnò nel celebre istituto di istruzione artistica Bauhaus, ma dovette di nuovo andarsene a causa dell’avvento del regime nazista, ostile alla sua arte. Andò quindi a Parigi, dove rimase fino alla morte, nel 1944.

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Sua moglie Nina Andreevskaja, molto più giovane di lui, sopravvisse altri 36 anni: nel tempo divenne amica di Claude Pompidou, collezionista d’arte, filantropa e moglie del presidente francese Georges Pompidou, ideatore del centro artistico che poi ha preso il suo nome. La vasta collezione di opere di Kandinskij del Centro Pompidou deriva in buona parte dai lasciti fatti da Nina Andreevskaja allo stato francese in vita e nel suo testamento. Le opere del pittore rimaste in Russia sono per lo più conservate alla Galleria Tret’jakov di Mosca.

L’Ermitage di San Pietroburgo nacque come ritiro privato della zarina (imperatrice) russa Caterina la Grande, nel 1764: era un piccolo edificio adiacente al Palazzo d’Inverno, la grande residenza imperiale in città (allora chiamata Pietrogrado e capitale del paese). Il nome richiama le dimore solitarie degli eremiti, dato che era uno spazio più appartato rispetto alla corte. L’imperatrice amava circondarsi di opere d’arte che acquistava sui mercati del resto d’Europa: presto divennero così tante che fu necessario ampliare il complesso, che venne così a comprendere cinque palazzi, fra cui un teatro. Ora il museo include anche il Palazzo d’Inverno.

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Anche da parte della Russia l’arte venne usata come strumento di pressione: a marzo del 2022 il ministero della Cultura russo chiese la restituzione immediata di tutte le opere conservate nei suoi musei in prestito in mostre nei paesi occidentali. La richiesta riguardava anche diversi istituti italiani, che però riuscirono a ottenere di restituire le opere solo alla fine delle mostre per cui erano arrivate in Italia. Ciò fu possibile anche grazie alla mediazione del direttore dell’Ermitage di San Pietroburgo e dal segretario generale della Fondazione Ermitage Italia, Maurizio Cecconi.

Anche in Italia infatti, come ad Amsterdam (ma anche a Las Vegas, Londra e Kazan, in Russia), c’era un istituto satellite dell’Ermitage, con sede a Venezia. A marzo del 2022 Cecconi disse che la Fondazione Ermitage Italia aveva interrotto i rapporti con le istituzioni russe, ma non «con le persone»: non avrebbe quindi chiesto né concesso prestiti, né avviato o proseguito progetti in cui avrebbe dovuto essere coinvolto lo stato russo, pur mantenendo i contatti con curatori e studiosi del museo di San Pietroburgo.

Prima del 2022 la Fondazione Ermitage Italia, che inizialmente aveva sede a Ferrara, si occupava fra le altre cose della catalogazione delle molte opere italiane conservate nel museo, promuoveva attività di ricerca e ne pubblicava i risultati.

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