Stefano Lo Russo, sindaco di Torino, Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, e Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, durante una visita di Tavares nello stabilimento di Mirafiori, lo scorso aprile (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

Stellantis sta prendendo tempo

L'aumento della produzione di auto annunciato alla fine di maggio inizierà solo tra qualche anno: sindacati e istituzioni temono che sia l'ennesima promessa difficile da mantenere

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L’amministratore delegato del gruppo automobilistico Stellantis, Carlos Tavares, ha promesso che entro il 2030 gli stabilimenti italiani torneranno a produrre molte più auto rispetto agli ultimi anni. Alla fine di maggio in un incontro con i sindacati ha annunciato che nello stabilimento di Mirafiori, a Torino, sarà prodotta la 500 ibrida mentre a Melfi, in Basilicata, la Jeep Compass. Ha anche promesso di portare la costruzione di un quarto modello di auto nello stabilimento di Cassino, nel Lazio, e che a Pomigliano, in Campania, si continuerà a produrre la Fiat Panda almeno fino al 2030.

Gli annunci sono stati accolti dai sindacati più con scetticismo che con soddisfazione, perché in passato Stellantis aveva fatto molte promesse che poi non era riuscita a mantenere. All’inizio di gennaio lo stesso Tavares aveva detto di voler tornare a produrre un milione di veicoli entro il 2030, un obiettivo che non sembra alla portata per come si sono messe le cose negli ultimi mesi. La sensazione, dicono i sindacati, è che per l’ennesima volta Stellantis stia prendendo tempo.

Nel 2023 Stellantis ha prodotto in Italia 752mila veicoli, di cui 521mila auto. Il calo rispetto al passato è evidente: nel 1990 in Italia venivano costruiti 2 milioni di auto, nel 2000 erano circa 1,7 milioni, nel 2010 scesero a 850mila. Il 2024 si annuncia peggiore: secondo le stime preliminari la produzione calerà almeno del 30 per cento rispetto all’anno prima.

A Torino la produzione della 500 elettrica, una delle poche auto ancora prodotte nello stabilimento, si fermerà fino a settembre dopo la firma del contratto di solidarietà per i 1.174 dipendenti. Lo stesso contratto era stato già accettato per i 986 lavoratori delle linee di Maserati a Mirafiori: durerà fino al 4 agosto, cioè fino alla chiusura dello stabilimento per le ferie estive. A questi ritmi nel 2024 si produrrà circa la metà delle auto rispetto al 2023, un risultato molto vicino al minimo storico del 2019 quando ne vennero costruite 22mila.

L’annuncio della produzione della 500 ibrida nello stabilimento di Mirafiori è ritenuto incoraggiante dalle istituzioni, in particolare dalla Regione Piemonte, che spera di tornare a produrre almeno 200mila auto a Torino: è un obiettivo che consentirebbe di assumere almeno mille persone, mantenendo l’occupazione dopo i tagli degli ultimi anni. A fine maggio Tavares aveva detto che la produzione sarebbe partita nel 2026, un periodo di tempo necessario a sviluppare una nuova piattaforma, cioè la struttura intorno a cui viene costruita l’auto. All’inizio di giugno Olivier François, attuale amministratore delegato di Fiat e Abarth, ha anticipato leggermente i tempi: la nuova produzione dovrebbe iniziare alla fine del 2025.

I sindacati non si fidano molto delle promesse. Giorgio Airaudo, segretario regionale della CGIL Piemonte, dice che la 500 ibrida è di fatto un prodotto datato e modificato, e che prima di esultare bisogna vedere come andrà il mercato nei prossimi due anni. «Ci aspettavamo risposte, invece Stellantis ha solo preso tempo: la 500 ibrida è una soluzione a basso costo, risultato dell’ingegno italiano», commenta con ironia. «I lavoratori sono in cassa integrazione da 16 anni consecutivi e fino al 2026 c’è ancora un “deserto” da attraversare. Per tenere in piedi lo stabilimento di Mirafiori servono almeno 200mila auto, quest’anno se ne costruiranno meno di 50mila. In teoria la 500 ibrida dà prospettive fino al 2030, ma solo dal 2026, e al 2026 bisogna arrivarci».

Negli ultimi dieci anni lo stabilimento di Mirafiori è stato rilanciato più volte senza i risultati sperati: doveva essere il “polo del lusso” per la produzione di Maserati, poi il “polo dell’elettrico”, infine il “polo del riciclo”, ora dovrebbe tornare a essere il polo del motore a combustione. Nessuno degli annunci fatti dalla dirigenza si è concretizzato del tutto, o comunque non sono serviti a garantire una prospettiva ai lavoratori.

La linea produttiva della Fiat Pandina (ANSA/UFFICIO STAMPA)

Lo stesso è successo a Termoli, in Molise, dove era attesa l’apertura di una cosiddetta gigafactory, cioè una grande azienda per la produzione di batterie per l’alimentazione di veicoli elettrici. All’inizio di giugno ACC, la società costituita da Stellantis, Mercedes-Benz e Total Energies per la costruzione della nuova azienda, ha comunicato il rinvio del progetto, ma non si sa ancora quando si farà. Benoit Torres, vice presidente del progetto di Termoli, ha motivato il rinvio con le scarse vendite delle auto elettriche in Europa e con il fatto che nella gigafactory sarebbero costruite batterie a basso costo, con una tecnologia non ancora a punto. L’obiettivo iniziale era aprire nel 2026.

Il progetto da circa 2 miliardi di euro prevede un corposo finanziamento statale di circa 600 milioni di euro, di cui la maggior parte garantiti dal PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo italiano sta spendendo i finanziamenti europei del Recovery Fund. Sono state stimate assunzioni per 1.800 persone: già da quest’anno erano previsti corsi di formazione, che non sono mai iniziati. A questo punto è difficile capire quando inizieranno. «Il ministero condivide le preoccupazioni dei sindacati e ha richiesto precise garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali», ha scritto in un comunicato il ministero delle Imprese e del Made in Italy, indispettito per l’improvviso annuncio di ACC.

Anche sul futuro di Pomigliano e Cassino i sindacati e le istituzioni locali attendono risposte, perché non ritengono sufficienti le rassicurazioni di Stellantis. A Pomigliano è stata confermata la produzione della Panda fino al 2030, ma nel frattempo si è ridotta la produzione di Alfa Romeo Tonale e della Dodge Hornet. A Cassino la produzione è calata del 40 per cento rispetto allo scorso anno e nelle prossime settimane lo stabilimento rimarrà fermo a causa della mancanza di ordini. A poco più di dieci operai è stato proposto di trasferirsi a Sochaux, in Francia, per lavorare in uno stabilimento di Peugeot.

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Un’altra promessa non rispettata riguarda la produzione in Europa delle auto di Leapmotor, una startup cinese di cui lo scorso ottobre Stellantis aveva comprato il 21 per cento delle azioni. A metà maggio Tavares aveva detto di aver trovato un accordo per la distribuzione in Europa dei modelli prodotti in Cina. Meno di un mese dopo, martedì, è emerso che Stellantis produrrà le auto di Leapmotor nello stabilimento di Tychy, in Polonia, dove oggi si producono Jeep Avenger, Fiat 600 e Alfa Romeo Junior (quella che all’inizio si chiamava Milano). «Ora invece appare verosimile che Stellantis stesse da mesi giocando una partita poco chiara, perché è palese che una linea di produzione non può essere realizzata in così breve tempo, per di più di un modello “alieno” alle metodologie del gruppo», ha scritto il giornalista esperto di tecnologia e motori Mario Cianflone sul Sole 24 Ore.

Nonostante alle parole siano seguiti pochi progetti concreti, almeno finora, Tavares ha più volte detto che l’Italia avrà un ruolo fondamentale nella strategia aziendale di Stellantis. Lo ha assicurato ai sindacati, alle istituzioni e anche al governo, con cui negli ultimi mesi ci sono state tensioni proprio per via della generale incertezza sulle prospettive aziendali, occupazionali e quindi economiche di un settore importante come la produzione di auto.

Ma persino il nuovo presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, non sembra fidarsi delle promesse della dirigenza di Stellantis. «Io mi auguro che Stellantis mantenga il patto col paese, perché io credo che i patti debbano essere mantenuti», ha detto a fine maggio. Orsini ha anche auspicato l’arrivo di un nuovo produttore di auto, chiesto più volte anche dai sindacati: «se ci fosse un secondo produttore che viene in Italia, produce in Italia, importa in Italia, porta in Italia tecnologia, utilizzando la nostra catena del valore e la nostra filiera dell’automotive, che è un’eccellenza riconosciuta da tutto il mondo, io sono ben contento e quella è la via».

L’ipotesi è stata sempre ostacolata da Stellantis. A febbraio il ministro Urso aveva detto che l’arrivo di un secondo produttore è un progetto a cui il governo sta lavorando da mesi. Si era parlato di una trattativa con BYD, azienda cinese produttrice di auto elettriche, ma non se n’è fatto nulla anche per via dell’ostilità di Tavares, che all’inizio di aprile aveva rivolto un avvertimento al governo: «Siamo in grado di tenere testa ai competitor cinesi, se qualcuno vuole introdurre competitor cinesi sarà responsabile delle decisioni impopolari che dovranno essere prese».

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