In Calabria arriveranno ancora medici cubani

Ai 274 già al lavoro negli ospedali se ne aggiungeranno 70 entro la fine di luglio e poi altri 153 entro l’inizio del 2025, per alleviare i problemi di un servizio sanitario disastrato da anni

Alcuni dei medici cubani arrivati in Italia durante la pandemia per aiutare i colleghi italiani in difficoltà
Alcuni dei medici cubani arrivati in Italia durante la pandemia per aiutare i colleghi italiani in difficoltà (Claudio Furlan/LaPresse)
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Entro la fine di luglio in Calabria arriveranno altri 70 medici e mediche cubane, che si aggiungeranno ai 274 già in servizio negli ospedali e nelle aziende sanitarie di Cosenza, Vibo Valentia, Crotone e Reggio Calabria. Quello in arrivo in queste settimane è il secondo contingente previsto dal contratto tra la Regione e la società Comercializadora de servicios médicos cubanos, partecipata dal governo di Cuba, per portare in Italia 497 medici. L’ultimo gruppo arriverà nei prossimi mesi.

L’accordo prevede che i medici restino fino al 2025 per aiutare il servizio sanitario locale, che da ormai due decenni è in una situazione disastrosa: negli ospedali e negli ambulatori calabresi lavorano pochi medici e infermieri, l’assistenza nei pronto soccorso è carente e negli ultimi anni sono stati chiusi o depotenziati quasi tutti i presidi sanitari, compresi i consultori. Inoltre sono stati accumulati debiti per 3 miliardi di euro e in vent’anni i posti letto sono diminuiti del 60 per cento. Ogni anno migliaia di persone si spostano in altre regioni per farsi curare, anche per operazioni di routine. Il commissariamento del servizio sanitario regionale iniziato 17 anni fa non è servito a risolvere i problemi, soprattutto il più grave: come hanno scoperto molte inchieste giudiziarie, da decenni la criminalità organizzata sfrutta appalti e incarichi per i suoi affari e anche per questo è complicato cambiare le cose.

L’arrivo dei medici cubani è stato possibile grazie agli accordi che lo Stato o le regioni possono fare con altri paesi per organizzare missioni sanitarie in Italia. Cuba ha un’esperienza consolidata in missioni di questo genere: le prime furono fatte negli anni Sessanta, e spesso riguardarono paesi in via di sviluppo. L’abilità dei medici cubani – la sanità cubana è generalmente nota per essere di alto livello, con personale molto preparato – è stata ricercata in particolare durante la pandemia: si stima che nel 2021 l’affitto dei medici cubani abbia portato a Cuba una cifra intorno ai 6 miliardi di dollari.

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I medici cubani in servizio in Calabria non si sono limitati a coprire i turni scoperti a causa della mancanza di medici italiani. Hanno affiancato chirurghi durante le operazioni e contribuito a tenere aperti i reparti più a rischio, come le terapie intensive. Molti sono stati impiegati anche nei reparti di pediatria.

Soprattutto prima dell’inizio della missione in Italia, l’accordo tra la Regione Calabria e Cuba era stato molto criticato. Le accuse rivolte al governo cubano da alcune organizzazioni non governative riguardavano le modalità di pagamento e le condizioni di lavoro dei medici: si contestava il fatto che degli oltre 4mila euro mensili corrisposti dalla regione Calabria alla società partecipata Comercializadora de servicios médicos cubanos, ai medici cubani ne arrivassero circa 1.200 ciascuno. Si contestava anche che i medici venissero obbligati a partecipare alle missioni all’estero. L’impiego dei medici all’estero era stato definito “lavoro forzato”, “schiavitù”, e l’accordo una “tratta di esseri umani”.

Molti medici cubani in servizio in Calabria hanno respinto queste accuse, anche se il contratto è chiaro: l’accordo prevede 40 ore settimanali e 173 mensili di lavoro, con una retribuzione oraria di poco meno di 7 euro l’ora. Alla Regione ogni medico costa 56.400 euro l’anno (spese di alloggio e viaggio escluse), circa il 40 per cento in meno rispetto a un medico assunto con contratto a tempo indeterminato. Per rispondere alle critiche, la Regione ha inserito nel contratto una dichiarazione di disponibilità di accettazione dell’incarico professionale che ogni medico deve firmare: si vuole così garantire sia la “libera volontà di partecipazione al programma”, sia l’effettiva conoscenza dei termini economici.

Il presidente della Calabria, Roberto Occhiuto, che è anche commissario della sanità regionale, ha detto che il progetto è un grande successo e che i colleghi e i pazienti «sono felicissimi per il lavoro che stanno svolgendo i medici cubani, per lo spirito di servizio e anche per l’empatia che hanno nello svolgere le loro mansioni».

Anche la Lombardia ha firmato accordi per sopperire alle carenze reclutando personale sanitario dall’estero, in particolare infermieri in arrivo dall’Argentina e dal Paraguay. Inizialmente l’idea era di assumere al massimo 500 infermieri, ma dopo i primi mesi di sperimentazione l’assessore al Welfare Guido Bertolaso ha detto che la Regione non si porrà limiti. L’obiettivo è firmare un nuovo accordo con il Paraguay entro luglio per organizzare le selezioni durante l’estate e far arrivare i primi contingenti di infermieri entro la fine dell’anno. «Come minimo dovremmo avere tra i 2.500 e i 3.000 infermieri in più tra ospedali e strutture sul territorio, in primis le case di comunità», ha detto Bertolaso.

Secondo i dati più recenti dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (AMSI), i medici stranieri che lavorano in Italia sono 28mila di cui 24mila provenienti da paesi che non fanno parte dell’Unione Europea. Lavorano soprattutto nel Lazio, in Lombardia, in Veneto e in Emilia-Romagna.

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