Le cene private nei musei sono uno scandalo?
Quella dell'Estetista Cinica alla Pinacoteca di Brera lo è diventata, ma sono uno dei modi che i musei statali autonomi hanno per sostenersi e la loro opportunità spesso dipende dall'approccio di chi li gestisce
Da una settimana online e sui giornali italiani è in corso una polemica attorno a un evento privato organizzato dentro la biblioteca della Pinacoteca di Brera, a Milano. A organizzarlo era stata giovedì scorso Cristina Fogazzi, nota sui social come Estetista Cinica e fondatrice del marchio di cosmetici VeraLab, per promuovere il fatto che i prodotti di uno dei suoi marchi, Overskin, sarebbero stati messi in vendita anche in Spagna. Il motivo per cui Fogazzi e il direttore della Pinacoteca di Brera Angelo Crespi sono stati criticati è che hanno impiegato i locali della biblioteca nazionale Braidense – che fa parte del complesso della Pinacoteca di Brera ed è una delle più storiche, prestigiose e fornite in Italia – per una cena privata a scopo commerciale.
Tra chi li ha criticati c’erano alcuni studenti dell’Accademia di Brera, già scontenti della gestione ordinaria della biblioteca (dove normalmente è vietato mangiare), ma ad alimentare il caso ha contribuito soprattutto il fastidio di molti per l’accostamento tra un luogo che simboleggia il patrimonio culturale e storico italiano e un personaggio come Fogazzi, che viene dal mondo delle influencer di Instagram (ha un milione di follower) e si è costruita un’immagine molto lontana dallo stereotipo dell’intellettuale. In Italia non è la prima volta che un’istituzione culturale viene criticata per le sue iniziative commerciali: era successo per esempio nel 2020, quando gli Uffizi si erano fatti pubblicità con una collaborazione con l’influencer Chiara Ferragni. Affittare alcuni spazi ai privati è però una cosa che molti musei pubblici possono fare almeno da una decina d’anni, e che ha i suoi vantaggi.
Dal 2014, infatti, dall’introduzione della riforma Franceschini (cosiddetta perché voluta dal ministro della Cultura Dario Franceschini, del governo Renzi), per alcuni musei e gallerie statali è diventato molto più facile organizzare iniziative a scopo di lucro laterali rispetto alla loro attività ordinaria, come appunto l’affitto per eventi privati.
Con la riforma Franceschini la Pinacoteca di Brera e altri 19 musei statali (tra cui gli Uffizi, la Reggia di Caserta, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma) furono staccati dalla gestione centralizzata della Soprintendenza (cioè dagli uffici a cui è affidata la tutela dei beni culturali italiani) che avevano avuto fino a quel momento, con tutte le lentezze e gli ostacoli burocratici che ne derivavano, e divennero musei con “autonomia speciale”. Oggi i musei con questa gestione sono sessanta, e gli ultimi della lista sono stati aggiunti a luglio del 2023: in quell’occasione il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano aveva dichiarato che «l’autonomia concessa ad alcuni grandi musei è una scelta operativa che consente di elevarne la qualità e la fruibilità. Essere autonomi significa avere una gestione manageriale che permette decisioni rapide nell’ottica della tutela e della promozione delle strutture».
In breve negli anni la gestione di questi musei statali è diventata più simile a quella di aziende che non a quella di istituzioni pubbliche, con maggiore libertà d’azione, un proprio statuto e un proprio bilancio, e un direttore che sia quindi anche un manager, selezionato comunque tramite un concorso pubblico.
Ai tempi la riforma Franceschini fu accolta da pareri favorevoli e contrari. Alcuni espressero la preoccupazione che l’autonomia concessa ad alcuni musei fosse un primo passo nella direzione di una privatizzazione, e che in generale questo approccio sarebbe andato a discapito della tutela e della valorizzazione delle opere, favorendone la fruizione, anche con modalità speciali, solo per le persone ricche. Da molti però fu considerata un grosso progresso per il settore dei beni culturali italiani, perché prometteva di rendere i musei organizzazioni più agili e con una visione più imprenditoriale, che potesse renderli anche economicamente più sostenibili e redditizi. Soprattutto in un paese in cui i finanziamenti pubblici al settore della cultura sono considerati costantemente inadeguati, e vengono periodicamente ridimensionati.
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Rispetto all’affitto dei musei a privati, il direttore della Pinacoteca di Brera Angelo Crespi ha spiegato in un’intervista al Corriere che «i prezzi non li decidono i musei, sono definiti in maniera rigorosa da un regolamento del ministero in base a metri quadri, tipo di spazi, presenza di opere». In questo caso l’affitto della biblioteca Braidense è costato a Fogazzi 80mila euro, più 15mila per i custodi: «se contiamo che un biglietto medio costa sui 10 euro, gli 80mila euro di quella serata coprono ad esempio 8mila ingressi gratis. Ricordiamoci che negli anni Settanta Brera fu chiusa per mancanza di fondi», ha detto Crespi sottolineando il peso che questo tipo di eventi può avere nel bilancio di un museo. Sui siti di molti complessi museali si trova una sezione dedicata agli affitti per eventi privati, con il regolamento e il rimando al listino del ministero.
Buona parte della polemica di questi giorni si è concentrata sul fatto che la direzione di un museo come la Pinacoteca di Brera dovrebbe comunque selezionare il tipo di eventi privati che autorizza, valutandoli in base alla loro attinenza con obiettivi di preservazione e promozione della cultura. Secondo molti la cena dell’Estetista Cinica non rispettava questi criteri. Crespi, che è direttore della Pinacoteca dal gennaio 2024, ha detto di aver autorizzato due eventi privati dall’inizio dell’anno e ha confermato che viene fatta una selezione tra le richieste: «abbiamo talmente tante richieste che potrei affittare ogni giorno, ma non faccio l’affittacamere. In questo caso si trattava di influencer spagnoli che portavano anche un ritorno di immagine».
In un’intervista ad Artribune di alcuni mesi fa, Crespi aveva spiegato il suo lavoro dicendo che oggi «anche nel settore pubblico della cultura si richiede una gestione economicamente sostenibile e il direttore di un museo autonomo è diventato una sorta di amministratore delegato».
Quello che avviene ora quindi è che la disponibilità dei musei per eventi privati varia molto da gestione a gestione. Nel 2015, quando Eike Schmidt fu nominato direttore degli Uffizi, disse fin da subito che non avrebbe consentito l’allestimento di sfilate nelle sale e nei corridoi del museo, e che le avrebbe dirottate a Palazzo Pitti, ma non nelle sale di San Giovanni, perché gli affreschi erano troppo delicati. Riguardo alle cene e agli eventi privati disse anche che avrebbe continuato a concederli ma solo nella biblioteca Magliabechiana e in terrazza, selezionando solo quelli con una componente culturale e che includessero una visita del museo. A questo proposito, nell’intervista al Corriere Crespi ha specificato che l’evento dell’Estetista Cinica prevedeva anche una visita della Pinacoteca e che si è svolto in una sala laterale dove ci sono libri antichi, «ma non i più importanti, che sono invece nel caveau».
Un’altra discriminante sulla base della quale viene spesso giudicata l’appropriatezza di questi eventi è l’impatto che hanno sull’accessibilità per i visitatori. A maggio il Museo Nazionale Romano, a sua volta tra i musei con autonomia speciale, aveva chiuso al pubblico per circa due settimane le Terme di Diocleziano e solo in un secondo momento era venuto fuori che il motivo era la presentazione di una nuova collezione del marchio di gioielli di lusso Bulgari. L’evento aveva portato al museo un milione e mezzo di euro, ed era stato molto criticato per la scarsa trasparenza, oltre che per il fatto di aver portato alla chiusura al pubblico di un luogo di interesse culturale. Dal 2015 infatti una legge include l’apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura nell’elenco dei servizi pubblici essenziali. Forse anche per questo Crespi ci ha tenuto a specificare che l’evento dell’Estetista Cinica «si è svolto tra le 20:30 e le 23:30, senza alcuna commistione con le consuete attività. Poi è stato smontato tutto e gli studenti al mattino non se ne sono neppure accorti».
Non ci sono dati particolarmente aggiornati sui numeri degli eventi privati nei musei: un report di Istat riferito al 2017 diceva che «oltre un quinto (21,8%) dei musei ha dato in locazione i propri spazi per eventi o manifestazioni private», e che «nella maggior parte dei casi è una pratica adottata dalle amministrazioni che gestiscono monumenti e complessi monumentali (36,7%) e dagli istituti a titolarità statale (40,6%)».