La Commissione Europea ha raccomandato la procedura per deficit eccessivo per l’Italia
E per altri sei paesi – tra cui la Francia – che hanno mostrato uno squilibrio nei conti più alto rispetto a quanto consentito dalle nuove regole dell'Unione: era ampiamente atteso
La Commissione Europea ha raccomandato l’apertura della procedura per deficit eccessivo per Italia, Francia, Belgio, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Malta. Significa che questi paesi hanno superato nel 2023 la soglia consentita dalle regole europee per il disavanzo dello Stato, la differenza tra entrate e uscite che se negativa fa aumentare il debito pubblico: se un paese spende più di quanto incassa con le tasse, deve far ricorso per forza all’indebitamento. Era ampiamente atteso che alla fine ci sarebbe stata una richiesta di procedura di questo tipo per molti stati europei, visto quanto è stato speso negli ultimi anni per affrontare la pandemia e poi la crisi energetica: la richiesta della Commissione deve essere ora confermata dal Consiglio dell’Unione Europea – che non va confuso con il Consiglio Europeo – a cui spetta l’apertura formale della procedura.
La conferma del Consiglio è comunque praticamente scontata, soprattutto per l’Italia, che ha un rapporto tra deficit e PIL (prodotto interno lordo) e tra debito pubblico e PIL più del doppio del consentito: secondo le regole del Patto di stabilità e crescita – sospese durante la pandemia, riformate e tornate in vigore da poco – gli stati membri devono mantenere il loro debito pubblico sotto il 60 per cento del PIL e il loro deficit entro il 3 per cento del PIL. Nel 2023 l’Italia ha avuto un deficit pari al 7,4 per cento del PIL e un debito pubblico del 137 per cento.
Non per tutti i paesi con deficit superiore al 3 per cento del PIL è stata però richiesta la procedura per deficit eccessivo. Le nuove regole del Patto di stabilità e crescita sono più flessibili rispetto al passato e permettono alla Commissione più discrezionalità nelle sue valutazioni: su dodici paesi con deficit oltre la soglia, la Commissione ha chiesto la procedura solo per sette. Ha escluso per esempio l’Estonia, con un deficit al 3,4 per cento, poco sopra la soglia, su cui ha però inciso un consistente aumento della spesa per la difesa anche a causa dell’aggressività della Russia, con cui confina.
La discrezionalità difficilmente poteva evitare ai sette paesi indicati la procedura per deficit eccessivo, perché presentano deficit ampiamente sopra la soglia. La Romania, che presenta il terzo deficit più consistente dell’Unione, è già in procedura dal 2020, quindi non è stata indicata dall’ultima valutazione della Commissione.
Se la procedura sarà confermata per l’Italia e gli altri paesi, la Commissione richiederà loro di adottare piani di riforme e di riduzione della spesa pluriennali per rimettere in sesto i conti. In questa fase non ha però ancora detto cosa sarà chiesto nel concreto ai paesi per rispettare le regole, né di quanto dovranno correggere i loro bilanci: si apriranno ora le negoziazioni tra i governi nazionali e la Commissione, che si concluderanno in autunno quando questa determinerà il percorso di rientro richiesto.
Le nuove regole chiedono un aggiustamento minimo pari allo 0,5 per cento del PIL, che per l’Italia significa una riduzione del deficit da almeno 10 miliardi all’anno. Concretamente questo comporterà la riduzione della spesa pubblica di pari ammontare – che si può ottenere per esempio cancellando qualche misura adottata – o richiederà un aumento delle tasse, se al contrario il governo non vorrà cambiare i propri programmi.
È comunque possibile che saranno previsti dei margini di flessibilità oltre a quelli già previsti per individuare i paesi da mettere in procedura per deficit eccessivo: proprio per la difficoltà legata al rimettere a posto i bilanci statali dopo la crisi del Covid e dopo l’inizio della guerra in Ucraina, la Commissione Europea ha concesso agli Stati membri un periodo transitorio per rientrare gradualmente nei parametri previsti dal nuovo Patto di stabilità, che entrerà in vigore a tutti gli effetti a partire dal 2027.
Per l’Italia saranno comunque negoziazioni complicate, rese ancora più difficili dalla posizione della presidente del Consiglio Giorgia Meloni tra i leader europei nelle trattative per le nuove nomine della Commissione Europea.
Nell’ultimo Documento di Economia e Finanza (DEF), che il governo italiano pubblica ogni aprile e in cui dice quali sono i suoi piani di spesa e indebitamento per gli anni successivi, il governo ha già previsto di ridurre molto il deficit, fino a riportarlo intorno al 3 per cento del PIL nel 2026. Non è un obiettivo scontato, specie se si considera che gli effetti del Superbonus hanno fatto gonfiare inaspettatamente il deficit del 2023, che il governo prevedeva in origine al 5,2 per cento e che invece è arrivato al 7,4 per cento.
I numeri del DEF però valgono fino a un certo punto, soprattutto perché è stato pubblicato in forma particolare: è un DEF a legislazione vigente, cioè che non include l’effetto che le misure che il governo vuole introdurre o rinnovare o modificare possono produrre sulla crescita del PIL o sull’evoluzione del debito pubblico. È stata una scelta molto irrituale, che denota una profonda incertezza e una difficoltà nel reperire le risorse necessarie – parliamo di circa 20 miliardi di euro – per rinnovare alcune misure di sostegno ai lavoratori e di riduzione delle tasse attuate per il solo 2024.
In questo modo il governo non ha preso impegni vincolanti in vista del 2025, e soprattutto non ha indicato come intenda trovare i soldi per rifinanziare le misure che scadranno alla fine del 2024: di fatto non si sa dunque quale deficit prevede realmente di fare, e che quindi sarà la base per le negoziazioni con la Commissione Europea. Nei prossimi mesi sarà quindi chiamato a dire chiaramente quali sono le sue intenzioni sulla politica economica del prossimo anno.
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