Il Senato ha approvato il ddl sul cosiddetto “premierato”

Senatori e senatrici mostrano bandiere tricolori e libretti contenenti il testo della Costituzione dopo il voto sul ddl sul premierato, il 18 giugno 2024 (ANSA/CLAUDIO PERI)
Senatori e senatrici mostrano bandiere tricolori e libretti contenenti il testo della Costituzione dopo il voto sul ddl sul premierato, il 18 giugno 2024 (ANSA/CLAUDIO PERI)

Martedì pomeriggio il Senato ha approvato il disegno di legge di riforma costituzionale che ha l’obiettivo di introdurre il cosiddetto “premierato”, cioè rafforzare i poteri del presidente del Consiglio e istituire la sua “elezione diretta”. Ci sono stati 109 voti favorevoli, 77 contrari e un’astensione; hanno votato contro tutti i partiti d’opposizione. Ora il disegno di legge dovrà essere sottoposto all’esame della Camera dei deputati, poi dovrà tornare al Senato e infine nuovamente alla Camera, perché trattandosi di una riforma costituzionale servono due voti di entrambe le camere. Nel secondo turno di votazioni sarà necessaria la maggioranza assoluta sia della Camera sia del Senato per l’approvazione, calcolata sul numero totale dei parlamentari eletti e non dei presenti.

La Costituzione italiana prevede attualmente che alle elezioni politiche i cittadini eleggano i membri del parlamento, che poi a loro volta danno il proprio sostegno a un governo e quindi al presidente del Consiglio. Con la nuova riforma invece sarebbero i cittadini a scegliere direttamente il presidente del Consiglio, che dovrebbe essere necessariamente un parlamentare, diversamente da oggi, con il loro voto alle elezioni.

Il disegno di legge sul “premierato” prevede anche la soppressione della carica dei senatori a vita nominati dal presidente della Repubblica, pur mantenendo il ruolo di senatori a vita per gli ex presidenti della Repubblica. Non riguarda comunque gli attuali senatori a vita.

Per essere approvata immediatamente una legge di revisione costituzionale ha bisogno del voto favorevole di due terzi delle camere: se otterrà più del 50 per cento ma meno dei due terzi ne potrà essere richiesta la conferma tramite referendum popolare.

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