La vincitrice del premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi è stata condannata a un altro anno di carcere in Iran
L’avvocato di Narges Mohammadi, l’attivista iraniana che nel 2023 ha vinto il premio Nobel per la Pace e che è attualmente detenuta in un carcere iraniano, ha fatto sapere che Mohammadi ha ricevuto una nuova condanna a un anno di carcere, per «attività di propaganda contro il governo iraniano». Le accuse riguardano alcuni messaggi che Mohammadi era riuscita a diffondere fuori dal carcere, tra cui alcune lettere a parlamentari svedesi e norvegesi, e gli appelli per boicottare le elezioni parlamentari iraniane. Riguardano anche un messaggio vocale in cui Mohammadi commentava la vicenda di Dina Ghalibaf, un’altra donna iraniana che ha detto di essere stata aggredita sessualmente dalla polizia dopo essere stata arrestata, definendo l’atteggiamento del governo iraniano verso le donne «una guerra su vasta scala».
Mohammadi ha 52 anni e ha trascorso gran parte degli ultimi dieci in carcere: questa è la sesta condanna contro di lei dal 2021. In totale è stata condannata a oltre 13 anni di carcere, 154 frustate, quattro mesi di divieto di viaggio, due anni di esilio e vari altri divieti, tra cui quello di aderire a gruppi politici. Dal 16 novembre del 2021 è detenuta nel carcere di Evin, che si trova nella capitale iraniana Teheran ed è famoso per essere il luogo dove molto spesso vengono rinchiusi i detenuti politici.
Tra le altre cose Mohammadi ha sostenuto le proteste cominciate nel 2023 in seguito alla morte di Mahsa Amini, ed era stata premiata con il Nobel per «la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per aver promosso i diritti umani e la libertà per tutti». Nel 2003 era entrata a far parte del Centro dei difensori dei diritti umani, un’organizzazione non governativa fondata da Shirin Ebadi, un’altra vincitrice del Nobel per la Pace, e in poco tempo ne era diventata vicepresidente. Si era concentrata soprattutto sulla difesa dei diritti delle persone carcerate, dei prigionieri politici e sulle campagne per l’abolizione della pena di morte. Dal carcere ha avviato numerose campagne contro l’uso della tortura e delle violenze sessuali soprattutto contro le carcerate.
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