C’è una questione intorno alla nomina del presidente del Museo Egizio di Torino
A novembre scade il mandato di Evelina Christillin e sembra che il ministero della Cultura voglia sostituirla, ma i soci fondatori non sono d'accordo
A novembre scadrà il mandato della presidente del Museo Egizio di Torino Evelina Christillin, in carica dal 2012, e c’è già una questione sulla nuova nomina: il ministero della Cultura, che deve indicare un nome, sembra stia pensando di sostituire Christillin, mentre i soci fondatori del museo, a cui spetta la successiva nomina formale, hanno chiesto con una lettera al ministero il rinnovo di Christillin per un altro anno, in modo da mantenere continuità con i lavori per il bicentenario del museo, che ricorre alla fine di quest’anno e alla cui cerimonia sarà presente anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Il Museo Egizio di Torino è uno dei più famosi musei italiani e il più importante museo egizio al mondo dopo quello del Cairo, ed è stato spesso al centro di polemiche politiche: sia perché è un museo di particolare rilevanza, sia perché l’attuale direttore Christian Greco, un egittologo di fama mondiale che ha contribuito al prestigio e ai successi recenti del museo, negli ultimi anni ha subìto molti attacchi da parte dei partiti di destra che compongono l’attuale governo.
In questo momento non è in discussione la direzione di Greco, in carica dal 2014, ma il posto da presidente. Sono due ruoli diversi e complementari: mentre il direttore ha un ruolo soprattutto scientifico e culturale, Christillin è una nota manager d’azienda, che si occupa tra le altre cose della gestione economica e strategica del museo, per la quale servono competenze e rodate relazioni per la raccolta dei fondi privati. Finora la suddivisione dei compiti tra Greco e Christillin ha portato risultati considerati eccellenti sia dal punto di vista della proposta culturale che da quello della sostenibilità economica del museo.
La Stampa la scorsa settimana ha scritto che il ministero della Cultura vorrebbe cambiare la dirigenza e non rinnovare Christillin, sostituendola con Zahi Hawass, noto studioso egiziano voluto dal ministro della Cultura Giuseppe Sangiuliano. Hawass è archeologo ed egittologo, è stato ministro del Turismo dell’Egitto ed è un convinto promotore del ritorno dei reperti archeologici ai paesi d’origine. Per questo non gode di relazioni strette con i direttori dei più importanti musei internazionali: in passato gli sono state negate richieste di prestito per il Grande Museo Egizio di Giza da parte dei più grandi musei europei, tra cui il Louvre di Parigi e il British Museum di Londra (il Museo Egizio attualmente non ha nessun procedimento di restituzione in corso, la sua collezione proviene in gran parte da acquisti della famiglia Savoia).
Hawass ha detto all’agenzia di stampa Ansa che al momento non ha ricevuto nessuna proposta del ministero della Cultura, ma se arrivasse la accetterebbe.
Il ministero, tra i soci fondatori del Museo, può solo indicare una persona, che poi deve essere confermata e nominata formalmente da tutto il collegio dei soci fondatori, composto anche dalla Regione Piemonte, dalla Provincia e dalla Città di Torino, dalla Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione CRT. I rappresentanti degli altri soci hanno espresso le loro perplessità sull’eventuale sostituzione di Christillin in una lettera al ministero, di cui La Stampa ha riportato una sintesi: secondo i firmatari – tra cui il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, di Forza Italia, e il sindaco di Torino Stefano Lo Russo, del Partito Democratico – sarebbe opportuno prolungare il mandato di Christillin per un altro anno, in modo che possa gestire tutti i lavori relativi al bicentenario del Museo, per cui sono stati previsti lavori di ristrutturazione e rinnovamento che dureranno fino al 2025.
Questo consentirebbe anche di rimediare a un disallineamento dovuto alla pandemia, che aveva ritardato l’insediamento del nuovo consiglio di amministrazione mentre la presidente era già in carica: il mandato di Christillin scade quest’anno, mentre il consiglio di amministrazione, che presiede lei stessa, scade nel 2025.
La lettera non è vincolante, ma dentro si fa riferimento al fatto che spetta proprio al collegio dei fondatori la conferma della persona indicata dal ministero, che quindi non è scontata. Inoltre l’eventuale indicazione di Hawass ha già ricevuto critiche nella comunità scientifica e culturale: essendo uno studioso si sovrapporrebbe a Greco, e con lui alla presidenza verrebbero meno le capacità gestionali di Christillin, complementari alla direzione.
Proprio per questo su alcuni giornali si è parlato del fatto che la mossa del ministero potrebbe far parte di un disegno più ampio per cambiare tutta la dirigenza del Museo Egizio, tra cui anche Greco: sebbene la nomina del direttore sia di esclusiva competenza del consiglio di amministrazione, questo è guidato appunto dal presidente, che ha un peso nella scelta finale. È possibile dunque che con Hawass presidente sarebbe più facile non confermare Greco, o che addirittura lui decida spontaneamente di andarsene: il suo mandato scade il prossimo anno e non è mai stato simpatico alla destra attualmente al governo.
Tra le altre cose, Greco aveva attirato le critiche della destra per un’iniziativa del Museo Egizio portata avanti tra il 2017 e il 2018, chiamata “Fortunato chi parla arabo”: consisteva in uno sconto del biglietto per le persone di lingua araba che visitavano il museo. Fratelli d’Italia e in particolare Giorgia Meloni, in un periodo molto concitato per la campagna elettorale delle elezioni politiche del 2018, accusò Greco di fare “razzismo al contrario” e di penalizzare gli italiani. Poi lo scorso settembre, quando dunque era già in carica da quasi un anno l’attuale governo guidato da Meloni, le polemiche contro Greco si rianimarono e il vicesegretario della Lega Andrea Crippa, in un’intervista ad Affari Italiani, accusò Greco di essere «ideologico e razzista contro gli italiani e i cittadini di religione cristiana», arrivando poi a dire: «Faremo di tutto per cacciarlo e chiediamo al ministro della Cultura Sangiuliano di cacciarlo se non si dimette lui».
I principali membri del governo non presero posizioni, né Meloni né il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. L’allora sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi, ribadì invece che l’iniziativa del 2018 per le persone di lingua araba «non aveva alcun significato ideologico, voleva solo incrementare i visitatori», aggiungendo poi che i meriti di Greco «non si possono ignorare».