Ve lo ricordate il gruppo Wagner?
Dopo la morte di Yevgeny Prigozhin il gruppo mercenario russo ha fatto un "rebranding": è passato sotto l'esercito e ha cambiato nome, ma mantiene rapporti e affari soprattutto in Africa
di Enrico Pitzianti
Nell’agosto del 2023 il leader del gruppo di mercenari russi Wagner, Yevgeny Prigozhin, morì in un incidente aereo insieme ad altri importanti comandanti come Valery Chekalov e il fondatore Dmitry Utkin. A causare l’incidente fu, secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, una bomba posizionata sull’ala dell’aereo su ordine del regime russo dopo il fallito colpo di stato tentato due mesi prima dallo stesso gruppo Wagner. Fino a quel momento la milizia, essendo formalmente privata, era stata utile al governo russo per portare avanti interessi e operazioni militari all’estero in modo non ufficiale: quindi senza dover rispondere della brutalità dei metodi utilizzati, come assassinii di civili e torture. Sotto Prigozhin, il gruppo Wagner era attivo in Medio Oriente (per esempio in Siria) ma aveva il grosso dei suoi interessi soprattutto in Africa, principalmente in Libia, Mali, Mozambico, Burkina Faso, Sudan e Repubblica Centrafricana.
Subito dopo la morte di Prigozhin i ministeri della Difesa e degli Esteri russi avevano rassicurato i governi africani che le operazioni militari di Wagner sui loro territori sarebbero proseguite senza stravolgimenti. Ma di fatto in quel periodo iniziò una notevole trasformazione del gruppo armato, sia nella struttura che negli obiettivi. Anche la comunicazione ha avuto delle novità sostanziali, tanto che la rivista Foreign Policy ha definito questo cambiamento un “rebranding”. Anzitutto, la milizia ha cambiato nome: non più gruppo Wagner, ma “Africa Corps”, o “Expeditionary Corps”.
Il nuovo nome servirebbe a ufficializzare la presenza russa in Africa, e allo stesso tempo a distinguere le nuove operazioni da quelle passate. Il nome, come ha sostenuto tra gli altri il quotidiano francese Le Monde, rimanderebbe all’unità militare nazista Afrika Korps che combatté in Africa tra il 1941 e il 1943 sotto il comando del celebre maresciallo Erwin Rommel, un’unità particolarmente mitizzata dalla propaganda del regime tedesco. Il rimando al nazismo da parte delle gerarchie militari russe non è una novità. Anche il nome gruppo Wagner sarebbe stato scelto per omaggiare il Terzo Reich, perché Richard Wagner era il compositore preferito di Adolf Hitler.
Oltre ad aver cambiato nome, il gruppo Wagner non è più privato, ma è passato direttamente sotto il controllo del ministero della Difesa russo. Questo consente al governo di Vladimir Putin di esercitare un controllo maggiore sulle operazioni, con meno rischi di ammutinamenti e scontri politici, come quello che ci fu tra lo stesso Prigozhin e il ministro della Difesa Sergei Shoigu e che portò al tentato golpe. D’altra parte però il legame diretto con un gruppo militare diventato ormai ufficiale vuol dire per il Cremlino anche una maggiore esposizione sul piano internazionale, con una responsabilità più evidente nelle violenze, nelle torture e nei metodi brutali per cui si sono distinti i mercenari.
Africa Corps avrebbe cominciato la fase di reclutamento nel dicembre 2023, arruolando sia ex mercenari del gruppo Wagner che volontari e veterani della guerra in Ucraina. Come già successo con il gruppo Wagner anche Africa Corps comunica soprattutto attraverso un suo account Telegram, aperto in concomitanza con l’inizio delle operazioni di reclutamento. Qui vengono offerti non meglio specificati «salari alti», pagamenti in valuta estera, cure mediche e un servizio da prestare sotto la direzione di «comandanti competenti». Le prime immagini inviate sul canale Telegram mostrano una certa continuità con i modi di operare del gruppo Wagner.
Sotto Prigozhin, il gruppo si occupava di fornire protezione e sicurezza ai governi, affiancando e addestrando eserciti locali in missioni di controguerriglia e ottenendo in cambio il controllo di risorse minerarie come oro, uranio e diamanti. Nel gruppo Telegram di Africa Corps si vede un aereo da trasporto militare all’aeroporto della capitale del Burkina Faso Ouagadougou (una delle zone dell’Africa in cui il gruppo Wagner ha ottenuto più successo) da cui vengono scaricati mezzi e rifornimenti e militari. Le foto sono accompagnate dall’annuncio di una presenza stabile nell’area di 200 militari russi, che appaiono a volto coperto.
Il nuovo comandante di quello che fu il gruppo Wagner, che ha preso il posto di Prigozhin, oggi è il colonnello Andrei Troshev. Ha 62 anni, è conosciuto anche come “Sedoy” (che in russo significa “dai capelli grigi”) e fu già tra i comandanti più vicini a Prigozhin, ma non partecipò al tentato golpe nel giugno del 2023. Troshev ha una lunga esperienza militare, ha combattuto in Afghanistan con l’esercito sovietico, poi nella seconda guerra cecena negli anni Duemila e infine in Siria: per il suo servizio è stato premiato con il titolo di Eroe della Federazione Russa.
A supervisionare le operazioni in Africa sarebbe invece il generale Andrey Averyanov, già a capo dell’Unità 29155 del servizio segreto militare russo (GRU), cioè l’unità di intelligence specializzata in sabotaggi, omicidi e avvelenamenti all’estero come quello di Sergei Skripal e di sua figlia Yulia avvenuto a Salisbury, nel Regno Unito, nel 2018.
Lo scorso settembre, poche settimane dopo la morte di Prigozhin, Averyanov è andato – insieme al vice ministro della Difesa russo Junus-bek Evkurov – negli stati dell’Africa in cui Wagner aveva una presenza maggiore e in cui Africa Corps intendeva mantenere e rinsaldare i rapporti politici. Prima in Libia, con un incontro con il generale Khalifa Haftar e in Burkina Faso con un incontro con il golpista Ibrahim Traoré. Poi in Repubblica Centrafricana, uno dei paesi in cui la milizia di Prigozhin era riuscita a instaurare i legami più forti, e infine in Mali, dove Averyanov ha incontrato i rappresentanti del governo di Bamako. In un viaggio immediatamente successivo c’è stato anche un incontro con il leader del Niger che ha portato a un accordo di collaborazione con Mosca reso noto nel mese di gennaio.
I resoconti dei vari incontri dimostrano che la morte di Prigozhin non ha portato a un indebolimento dei legami politici ed economici tra milizie russe e governi africani. Semmai, come hanno scritto Joe Inwood e Jake Tacchi su BBC, grazie a una nuova veste di ufficialità la nuova trasformazione dell’ex gruppo Wagner potrebbe portare a un ulteriore consolidamento delle relazioni.
Per il governo russo i rapporti con gli stati africani servono a due scopi, uno economico e uno strategico. Il primo consiste nell’accesso alle risorse minerarie e garantisce sostanziose entrate: secondo il Blood Gold Report negli ultimi due anni la Russia avrebbe ottenuto quantità d’oro del valore di oltre 2,5 miliardi di dollari. Con cui non avrebbe soltanto coperto i costi delle operazioni, ma anche ottenuto ricavi sostanziosi da reinvestire nella guerra in Ucraina.
Dal punto di vista strategico invece l’obiettivo russo è di contrastare gli stati occidentali boicottando le missioni internazionali. Lo scorso gennaio le tre giunte militari (derivanti da tre diversi golpe) degli stati africani con una forte presenza russa, cioè Mali, Burkina Faso e Niger, hanno annunciato in modo congiunto la loro uscita dalla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (nota con l’acronimo inglese ECOWAS, o con quello francese CEDEAO). L’ECOWAS si era espressa in favore del ritorno di governi civili, ma la Russia ha permesso ai governi golpisti di rimanere al potere. Poco prima del fallimento dell’ECOWAS, nell’estate del 2023, è terminata anche la missione di peacekeeping dell’ONU in Mali (MINUSMA).
Ci sono poi obiettivi che Africa Corps si pone sia per fini economici che strategici, come il controllo delle miniere di uranio in Niger. Secondo Jack Watling, ricercatore per il Royal United Services Institute (RUSI), la Russia «sta cercando di ottenere una serie di concessioni che potrebbero privare la Francia dell’accesso alle miniere di uranio del paese». Se ci riuscisse otterrebbe un vantaggio economico ma anche strategico a scapito dei paesi europei. Soprattutto della Francia, che ottiene dal nucleare quasi due terzi dell’energia nazionale, ma anche del Belgio, dell’Ungheria, della Svezia e della Slovacchia.