Il durian sta cambiando l’economia del Sud Est asiatico
Il “frutto più puzzolente del mondo” è sempre più richiesto in Cina, e nei paesi limitrofi le coltivazioni si stanno espandendo
Di recente il giornalista del New York Times Thomas Fuller ha raccontato la storia di Eric Chan, un agricoltore malaysiano che nel 2009 decise di lasciare il suo vecchio lavoro da programmatore per dedicarsi alla coltivazione e alla vendita del durian, un frutto asiatico considerato una prelibatezza in posti come la Cina e il Vietnam ma sostanzialmente immangiabile per gran parte delle persone occidentali, che ne considerano insopportabile l’odore.
Inizialmente la famiglia era piuttosto scettica nei confronti della sua nuova attività, ma alla fine gli affari sono andati molto bene: Chan è diventato uno dei più grandi agricoltori del paese, e nel 2017 ha venduto una quota della sua azienda – specializzata nella produzione di pasta, biscotti e gelati a base di durian – per l’equivalente di 4,2 milioni di euro, quasi cinquanta volte il suo investimento iniziale.
«Tutti guadagnano bene», ha detto Chan parlando degli agricoltori di durian della sua città, Raub, a un centinaio di chilometri di distanza da Kuala Lumpur, la capitale della Malaysia. «Hanno ricostruito le loro case: un tempo erano di legno, ora di mattoni. E possono permettersi di mandare i propri figli all’estero per frequentare l’università», ha raccontato.
Il durian sembra essere originario della regione del Borneo e di Sumatra e già 400 anni fa era commercializzato nell’attuale Myanmar e coltivato in Thailandia e in Vietnam. Il primo europeo a parlarne fu il mercante veneziano Niccolò de’ Conti, che viaggiò in Asia nel Quattrocento e che lo descrisse come un frutto verde, delle dimensioni di un’anguria, con all’interno cinque frutti grandi come melarance «d’eccellente sapore, che nel mangiare sembrano del buttiro [cioè burro] rappreso».
In Asia viene chiamato anche il re dei frutti, per la sua grandezza e la sua sontuosità; ha una buccia verde costellata di spine piramidali e una polpa gialla o rossastra e dalla consistenza burrosa; si possono consumare anche i grossi semi, tostati. Si mangia in diversi stadi di maturazione ma acerbo è duro e insapore, se troppo maturo diventa amaro e pungente. Oltre che fresco è usato per preparare caramelle e dessert come gelati, cheesecake e frittelle.
Nei paesi occidentali invece il durian è conosciuto principalmente per via del suo caratteristico odore, che viene spesso paragonato a quello delle uova marce e descritto come intenso e stomachevole: per questo motivo, negli anni ha acquisito la fama di frutto più puzzolente al mondo. Nel 2017 un gruppo di genetisti provenienti da Singapore, Hong Kong e Malaysia riuscì ad analizzare la sequenza del genoma del durian, e collegò il suo caratteristico odore alla presenza dei composti volatili dello zolfo, che tra le altre cose sono i principali componenti biochimici dell’alitosi. Il genetista singaporiano Bin Tean Teh descrisse l’odore del durian come «un misto di aromi simili all’odore della cipolla, con qualche nota di frutta dolce».
Quindici anni fa, quando Chan ha iniziato a dedicarsi a questa attività, il durian era ancora un frutto molto economico: costava pochissimo, non esistevano aziende specializzate e veniva venduto soprattutto al dettaglio da piccoli produttori locali. Oggi, ha scritto Fuller, «il durian sta alla frutta come i tartufi stanno ai funghi: libbra per libbra, il frutto è diventato uno dei più costosi del pianeta». A seconda della varietà, un singolo durian può essere venduto per un prezzo compreso «tra 10 e centinaia di dollari».
Il mercato più importante per la vendita di durian è la Cina, il paese verso cui è diretta la quasi totalità delle esportazioni. Dal 2017 al 2023 il valore delle esportazioni di durian dal Sud-Est asiatico alla Cina è aumentato di 12 volte, passando da 513 milioni a 6,5 miliardi di euro. Secondo dati delle Nazioni Unite citati dal New York Times, il più grande paese esportatore è di gran lunga la Thailandia, seguito dalla Malaysia e dal Vietnam.
L’aumento della domanda di durian sta trasformando la vita, i paesaggi e le economie di questi paesi. Per esempio, diversi agricoltori in Vietnam stanno abbandonando la coltivazione di caffè per fare spazio al durian. Si tratta di uno sviluppo notevole, dato che il Vietnam è il secondo paese al mondo nella produzione del caffè.
Negli ultimi dieci anni in Thailandia la superficie occupata dai frutteti di durian è raddoppiata. La produzione è concentrata soprattutto a Chanthaburi, una città nell’est del paese. Natakrit Eamskul, amministratore delegato di un’azienda locale, la 888 Platinum Fruits, ha detto che secondo le sue stime negli ultimi vent’anni a Chanthaburi i centri per il confezionamento del durian sono passati da 10 a circa 600.
Anche in Malaysia la coltivazione del frutto è diventata la voce principale delle esportazioni. «Penso che il durian sarà il nuovo boom economico per la Malaysia», ha detto al New York Times Mohamad Sabu, il ministro dell’Agricoltura del paese. Il durian sta acquisendo un’importanza così essenziale per l’economia malaysiana che la sua disponibilità è spesso al centro di dispute territoriali: per scoraggiare i furti, i frutteti sono spesso presidiati e circondati dal filo spinato.
Esportare il durian è complesso, soprattutto per via del suo insopportabile odore. Uno dei tanti esempi di emergenze provocate dal durian si è verificato nel 2019, quando un aereo Boeing 767 decollò da Vancouver, in Canada, con un carico di durian nella stiva: secondo un rapporto delle autorità di regolamentazione canadesi, i piloti e l’equipaggio «hanno notato un forte odore in tutto l’aereo» subito dopo il decollo. Temendo una fuga di gas, i piloti indossarono le maschere di ossigeno ed effettuarono un atterraggio d’emergenza: una volta a terra, scoprirono che l’odore che avevano sentito era quello del durian.
Per evitare problemi di questo tipo, negli ultimi anni hanno preso piede nuove tecniche di conservazione: sempre più spesso, prima di essere caricati sugli aerei, i durian vengono inseriti in grosse celle frigorifere.