Chi era Claudio Graziano

Il presidente di Fincantieri, trovato morto lunedì, è stato uno dei più importanti dirigenti delle forze armate degli ultimi anni: tra le altre cose fu capo di stato maggiore della Difesa e presidente del Comitato militare dell’Unione Europea

Il generale Claudio Graziano a Milano, il 18 marzo 2022 (Foto LaPresse)
Il generale Claudio Graziano a Milano, il 18 marzo 2022 (Foto LaPresse)
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Lunedì mattina è morto Claudio Graziano, presidente di Fincantieri, generale ed ex capo di stato maggiore della Difesa, uno dei più importanti dirigenti delle forze armate italiane degli ultimi quindici anni. Il suo corpo è stato trovato nella sua casa romana da un carabiniere della sua scorta, entrato nell’appartamento grazie a una copia delle chiavi. Molto probabilmente si è suicidato: le agenzie di stampa scrivono che accanto al corpo sono stati trovati un biglietto con riferimenti alla recente morte di sua moglie Marisa Lanucara, che era gravemente malata da tempo, e una pistola. Graziano aveva settant’anni.

Torinese di nascita, Graziano frequentò prima l’Accademia militare di Modena e poi la Scuola di applicazione dell’Esercito di Torino, dove nel 1976 si laureò in Scienze strategiche militari. Nel 1974 divenne ufficiale di fanteria degli Alpini e due anni dopo ricevette il suo primo incarico ufficiale, come comandante di plotone fucilieri del battaglione Susa, di stanza a Pinerolo, in Piemonte. Diciotto anni dopo tornò a quello stesso battaglione in seguito a varie promozioni e a un inizio di carriera molto brillante, come comandante nella missione delle Nazioni Unite in Mozambico (ONUMOZ). Guidò altre importanti missioni all’estero con ruoli di comando a Kabul, in Afghanistan, tra il 2005 e il 2006, e poi in Libano nel 2007, con l’incarico di Force Commander della missione UNIFIL promossa dalle Nazioni Unite. Per i successivi tre anni era stato sia il responsabile militare sia il responsabile diplomatico della missione.

Nel 2010 l’allora ministro della Difesa Ignazio La Russa, attuale presidente del Senato, lo nominò suo capo di gabinetto. L’anno seguente fu messo a capo di tutte le forze militari terrestri come capo di stato maggiore dell’Esercito. Fu poi una ministra di orientamento politico opposto, e cioè Roberta Pinotti del Partito Democratico, a nominarlo capo di stato maggiore della Difesa, il massimo responsabile di tutte le forze armate, nel dicembre del 2014. Nel 2018 venne nominato presidente del Comitato militare dell’Unione Europea, ovvero l’organismo comunitario che riunisce tutti i capi di stato maggiore della Difesa dei paesi membri, e che fornisce consulenze strategiche alla Commissione Europea.

Al di là dei meriti militari operativi, che gli valsero decine di medaglie al valore e una lunga serie di riconoscenze istituzionali, Graziano ha svolto anche un ruolo importante sul piano più strettamente politico.

È stato un sostenitore della necessità di aumentare gli investimenti e puntare sull’innovazione tecnologica applicata all’industria della difesa, in anni in cui l’esigenza di ammodernare e potenziare arsenali e approvvigionamenti non era sentita come prioritaria: anche per questo fu coinvolto in una polemica alimentata dal Movimento 5 Stelle contro l’acquisto degli aerei da combattimento di quinta generazione F-35, un programma d’investimento per far sì che l’Italia restasse al passo degli altri principali eserciti mondiali. Quando poi il M5S andò al governo non annullò quel programma.

L’arrivo di alcuni militari nella casa del generale Claudio Graziano, in centro a Roma, lunedì mattina (Cecilia Fabiano/LaPresse)

Graziano si impegnò molto anche per creare un vero esercito europeo, e per rafforzare la parte europea della NATO: era convinto che fosse indispensabile aumentare gli investimenti e gli impegni degli Stati dell’Unione per bilanciare il peso enorme che gli Stati Uniti hanno da decenni all’interno dell’alleanza militare. Dall’inizio della guerra d’invasione russa in Ucraina, nel febbraio del 2022, sostenne la necessità di fornire sostegno militare all’esercito di Volodymyr Zelensky. Le sue osservazioni in questo senso furono ascoltate, tra gli altri, dall’allora segretario del Partito Democratico Enrico Letta, suo grande estimatore che fu il primo tra i leader politici a invocare in parlamento l’invio di armi e munizioni all’Ucraina.

Nel gennaio del 2022, durante le elezioni per il rinnovo del presidente della Repubblica, confidò ad alcuni suoi collaboratori la speranza di poter diventare consigliere militare del Quirinale. Ottenne invece la nomina a presidente di Fincantieri, l’azienda pubblica di cantieristica navale, nell’aprile dello stesso anno.

Il suo lavoro nell’azienda fu impegnativo. Mario Draghi, all’epoca presidente del Consiglio, decise infatti di cambiare in maniera radicale l’assetto dirigenziale di Fincantieri, mettendo fine alla lunghissima gestione di Giuseppe Bono, amministratore delegato nei precedenti venti anni e sostenuto nelle sue ambizioni di restarne a capo da gran parte dei leader della maggioranza, a partire da Matteo Salvini della Lega.

Draghi, su suggerimento del suo consigliere economico Francesco Giavazzi, indicò come nuovo amministratore delegato Pierroberto Folgiero, manager cinquantenne rinomato ma senza grandi esperienze nel settore. La nomina di Graziano come presidente, accolta con stupore dai partiti, apparve come il tentativo di affiancare al nuovo amministratore delegato una persona che potesse dare preziose consulenze sul settore diplomatico e militare, visto che nell’industria bellica Fincantieri ha da sempre molti interessi che la rendono una delle aziende navali della difesa più importanti al mondo. Inoltre Graziano, da sempre convinto della necessità di una maggiore integrazione tra i vari reparti dell’esercito, venne percepito come un dirigente in grado di portare alla spesso auspicata fusione tra Fincantieri e Leonardo, l’altra grande società pubblica della difesa, così da creare un’azienda unica che potesse competere con gli altri concorrenti globali. Il progetto poi venne accantonato.

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