A che punto è il “codice identificativo nazionale” per gli affitti brevi
La sperimentazione del nuovo sistema che sostituirà i codici regionali è partita in Puglia e Veneto, ma il CIN sarà pienamente operativo solo da settembre
Alla fine della scorsa settimana la Regione Veneto ha avviato la sperimentazione del CIN, il “codice identificativo nazionale” per gli affitti brevi istituito nel 2023 e che entrerà in vigore in tutta Italia a partire dal prossimo settembre, sostituendo progressivamente i sistemi di riconoscimento regionali. Il CIN ha lo scopo di censire e tracciare le locazioni turistiche inferiori a 30 giorni, ma da tempo si discute sull’utilità di sistemi di questo tipo per contrastare gli affitti abusivi e tenere sotto controllo la loro diffusione soprattutto nelle città con maggiori presenze di turisti.
La sperimentazione in Veneto era stata preceduta da quella in Puglia, avviata a inizio mese pochi giorni prima della diffusione di uno dei decreti attuativi per le nuove regole legate al CIN. Il sistema ha previsto l’istituzione della Banca dati nazionale delle strutture ricettive e degli immobili in locazione breve e per finalità turistica (BDSR) cui si devono iscrivere le persone che vogliono mettere in affitto per brevi periodi di tempo le loro case, indicando informazioni catastali e le certificazioni sugli impianti a norma.
Il CIN è una sorta di evoluzione su scala nazionale del CIR, cioè il “codice identificativo di riferimento” che diverse regioni avevano attivato negli anni scorsi per tenere sotto controllo gli affitti brevi. Gli accordi legati alla BDSR prevedono che gli enti locali già in possesso di un CIR comunichino i dati alla piattaforma, in modo da semplificare l’attivazione del CIN da parte di chi mette in affitto le case. La piattaforma è già disponibile online, ma al momento in forma sperimentale e solo con i dati fatti confluire dalla Puglia e più di recente dal Veneto.
Legge e decreti prevedono che il CIN passi dalla fase sperimentale a quella pienamente attuativa il prossimo primo settembre, anche se è previsto un periodo di grazia di 60 giorni nel quale non saranno emesse multe nei confronti di chi non avrà ancora ottenuto il codice. Chi mettesse in affitto una casa per tempi brevi senza un CIN rischierà una multa tra gli 800 e gli 8mila euro, mentre chi non esporrà il codice all’esterno dell’abitazione e negli annunci potrà ricevere multe tra i 500 e i 5mila euro.
Chi prenderà in affitto una casa per tempi brevi potrà verificare l’autenticità del CIN sempre attraverso la piattaforma, gestita dal ministero del Turismo. Secondo il governo il nuovo sistema renderà più semplice e omogenea la gestione burocratica degli affitti brevi, evitando che ogni regione ed ente locale faccia da sé con regole diverse e talvolta in contraddizione tra loro. Terminata la fase sperimentale e di transizione, il CIN sostituirà il CIR a tutti gli effetti.
Soprattutto in seguito alla diffusione di sistemi e applicazioni come Airbnb, che hanno semplificato molto la gestione degli affitti brevi, l’offerta di case in affitto in Italia è aumentata molto e molto velocemente, rendendo talvolta più difficile la loro tracciabilità e favorendo indirettamente alcune forme di abusivismo. Nelle città con un intenso turismo il fenomeno ha anche portato a una riduzione delle case in affitto per i residenti, con conseguenze sull’offerta e sul costo degli affitti di lunga durata.