I due principali partiti del Sudafrica hanno formato un governo di unità nazionale
L'African National Congress, il partito che fu di Nelson Mandela, si è alleato con il suo principale rivale, Democratic Alliance, dopo aver perso la maggioranza in parlamento per la prima volta dopo 30 anni
Venerdì pomeriggio è stato annunciato un accordo fra i due principali partiti sudafricani per formare un governo di unità nazionale. Alle elezioni del 29 maggio l’African National Congress, di sinistra e il più votato dalla popolazione nera, aveva perso la maggioranza assoluta in parlamento per la prima volta dopo 30 anni: si è quindi dovuto alleare con il suo rivale storico, Democratic Alliance (DA), di centrodestra e tradizionalmente popolare fra la popolazione bianca. L’ANC ha detto di aver offerto a tutti i partiti la possibilità di entrare nella coalizione: due piccoli partiti di destra hanno detto che lo faranno.
L’African National Congress è stato il partito di Nelson Mandela e il principale a battersi contro l’apartheid, il regime di segregazione razziale in vigore in Sudafrica per buona parte del Novecento. Governa il paese dal 1994, cioè da quando si tennero le prime elezioni veramente democratiche, dopo la fine dell’apartheid. Ha goduto a lungo di un sostegno diffuso frutto del suo ruolo centrale nel superamento del regime di segregazione razziale, ma i suoi consensi sono in calo da anni a causa dei numerosi scandali di corruzione e delle difficoltà del governo nella gestione della criminalità, dell’economia e dei servizi di base: alle elezioni di maggio ha ottenuto solo 159 seggi su 400.
Democratic Alliance è stato il secondo partito più votato: è di ispirazione liberista ed è sostenuto soprattutto dalla minoranza dei bianchi. Ha ottenuto il 21,8 per cento, un risultato in linea con le ultime due elezioni. Il suo leader, John Steenhuisen, ha detto che il suo partito sosterrà il presidente uscente Cyril Ramaphosa (dell’ANC) come prossimo presidente, ma ha aggiunto che i nomi dei ministri non sono ancora stati decisi.
Il Sudafrica è un paese dalle grandissime diseguaglianze sociali ed economiche, in cui oltre un terzo della popolazione è senza lavoro: il programma della coalizione si focalizza sul miglioramento dell’economia, sulla crescita dell’occupazione e sulla qualità dei servizi pubblici.
Due piccoli partiti di destra hanno detto che si uniranno alla coalizione: uno è l’Inkatha Freedom Party (IKF), che ha un programma che si rivolge sostanzialmente alle persone di etnia zulu, una delle tante di cui si compone la popolazione nera del Sudafrica. L’IKF, che è stato il quinto partito più votato, sostiene la monarchia tradizionale zulu e ha posizioni conservatrici in ambito sociale. L’altro è la Patriotic Alliance, di estrema destra e vicina agli interessi della popolazione coloured, una sfumata classificazione demografica sudafricana che include principalmente persone di discendenza mista nera e bianca o asiatica.
Democratic Alliance è visto come il partito maggiormente vicino agli interessi dei bianchi sudafricani, ed è piuttosto impopolare fra gli elettori neri dell’African National Congress. È probabile che l’inclusione nella coalizione dell’Inkatha Freedom Party e di Patriotic Alliance, che si rivolgono alla popolazione non bianca, sia usata dall’ANC per compensare agli occhi dei suoi elettori la rottura della tradizionale rivalità con Democratic Alliance.
Il terzo e il quarto partito più votato, uMkhonto weSizwe (“lancia della nazione”, abbreviato in MK) ed Economic Freedom Fighters (EFF), hanno detto che non parteciperanno alla coalizione. Il primo è il partito personale dell’82enne ex presidente del Sudafrica Jacob Zuma, espulso a gennaio proprio dall’ANC, da cui comunque si era allontanato accusandolo di essersi spostato troppo al centro durante il mandato dell’attuale presidente Cyril Ramaphosa. Ha un programma populista e come l’Inkatha Freedom Party i suoi elettori sono quasi solo zulu. Gli Economic Freedom Fighters sono un partito marxista che propone riforme economiche radicali, fra cui la ridistribuzione delle terre agricole e la nazionalizzazione di molte aziende: hanno detto di non volersi alleare con Democratic Alliance, che hanno definito «neocolonialista» e «il nostro nemico».