Rifarsi le tette è una moda tra le ragazze?
Se n'è parlato con allarme dopo una nota del ministero della Salute: i dati non sembrano confermarlo, ma gli esperti hanno notato un avvicinamento sempre più precoce alla medicina estetica
Nei giorni scorsi il ministero della Salute ha annunciato la «piena operatività dei registri degli impianti protesici mammari», uno strumento per tenere traccia di tutte le operazioni che in Italia prevedono l’inserimento o la rimozione di protesi al seno. La nota del ministero ribadiva che «l’impianto di protesi mammarie a fini estetici è consentito solo a persone maggiorenni», come previsto da una legge del 2012. Questa precisazione ha portato alla pubblicazione sui giornali di svariati articoli di allarme rispetto a una presunta crescente tendenza delle adolescenti a rifarsi le tette, o a farsi regalare l’operazione dai genitori per il diciottesimo compleanno.
I dati disponibili in Italia su questo tipo di intervento estetico – sebbene parziali e aggiornati alla scorsa estate – non sembrano però confermare questa tendenza. Anche gli esperti non hanno notato un picco di giovani tra le loro pazienti: hanno però espresso una generale preoccupazione per la crescente disinvoltura con cui persone molto giovani – e i loro genitori – si rivolgono alla medicina estetica in generale, anche quando comporta interventi chirurgici invasivi.
Lo scorso aprile il ministero della Salute ha pubblicato un rapporto con i dati del Registro nazionale degli impianti di protesi al seno che vanno dal marzo del 2019 all’agosto del 2023. Tra quelle dichiarate e registrate, le pazienti che si sono sottoposte a questi interventi per motivi estetici – quindi escludendo quelli fatti per ricostruire il seno dopo un tumore – sono il 46,6 per cento del totale, ovvero 4.409. Sono numeri parziali, perché negli ultimi anni il registro delle protesi era alimentato da dati trasmessi su base volontaria dai chirurghi, e infatti lo stesso rapporto dice che secondo le stime tra il 2011 e il 2022 avrebbero ricevuto impianti (sia a fini estetici che a fini ricostruttivi) circa 41mila pazienti all’anno. Per quanto limitati però i dati del registro danno comunque un’idea della distribuzione per fasce d’età.
Tra le 4.409 pazienti registrate solo l’1 per cento ha tra i 18 e i 20 anni e circa il 10 per cento ha tra i 18 e i 24 anni. I numeri salgono invece nelle fasce d’età successive: il 16 per cento delle pazienti è tra i 25 e i 29, il 18 per cento tra i 30 e i 34, il 19 per cento tra i 35 e i 39, il 15 per cento tra i 40 e i 44 e l’11 per cento tra i 45 e i 49. L’età media delle pazienti è di 36,7 anni.
Il motivo per cui è stato istituito un registro di queste operazioni dal ministero è che per anni le protesi al seno sono state impiantate senza essere tracciate, e quindi con molti rischi per le pazienti in caso di complicazioni, o di prodotti che poi si rivelavano pericolosi per la salute (anni fa un’azienda francese era finita al centro di un caso di questo tipo). Oltre all’introduzione del registro, la legge del 2012 prevedeva che solo alcuni medici potessero impiantare le protesi (chirurghi plastici, chirurghi toracici, chirurghi generali e ginecologi) e che le pazienti dovessero avere appunto almeno 18 anni. Una regolamentazione più stringente ha reso negli anni sempre più raro, anche se non impossibile, trovare medici che facessero questo intervento al di fuori della legge, e quindi per esempio su pazienti minorenni.
Allo stesso tempo però si è diffusa, come anche in altri ambiti della medicina estetica, la tendenza ad andare a farsi operare in paesi esteri dove i costi della sanità sono più bassi, come la Turchia e l’Albania, e dove il limite d’età non c’è. È possibile quindi che tra queste operazioni non tracciate il numero delle pazienti minorenni o comunque molto giovani sia più alto, anche se non abbiamo dati per dirlo.
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Emanuele Bartoletti, presidente della Società italiana di medicina estetica (SIME), sostiene che «in questo momento la cosa più preoccupante non è la chirurgia, ma la medicina estetica meno invasiva: attraverso i social network si stanno proponendo canoni di bellezza nuovi che sono molto distanti dalla realtà». Secondo la sua esperienza il crescente interesse per la medicina estetica tra le giovani donne ha portato a cascata a un avvicinamento anche a interventi di chirurgia come quello al seno. «Ma operarsi prima dei 25/28 anni non ha molto senso, a meno che non ci sia un’amastia (cioè un petto completamente piatto) che causa un disagio a livello psicologico».
Anche secondo Stefania de Fazio, presidente della Società italiana di chirurgia plastica ricostruttiva-rigenerativa ed estetica (SICPRE), «non c’è un picco di interventi al seno, ma non è neanche un argomento di nicchia». Si nota, dice, che tra le ragazze giovani «è cambiato l’approccio, la disinvoltura con la quale ci si avvicina all’argomento, anche da parte dei genitori, come se rifarsi il seno fosse un intervento senza rischi». Tra i tanti interventi di medicina estetica infatti l’impianto di protesi al seno è uno di quelli col rischio di complicanze maggiori. Per esempio, spiega de Fazio, la contrattura capsulare, cioè l’irrigidimento di quella sorta di membrana che si crea fisiologicamente attorno alle protesi al seno, «è una delle complicanze più frequenti in tutta la sfera della chirurgia plastica estetica».
Gli esperti sottolineano soprattutto che rifarsi il seno molto presto diventa un impegno per la vita perché le protesi mammarie non durano per sempre. «Dopo decenni che le usavamo abbiamo capito che le protesi che si usano per il seno non sono eterne», spiega de Fazio, «subiscono un processo di degradazione e devono essere cambiate a un certo punto; se le si mette molto presto, potrebbe diventare necessario cambiarle anche più di una volta nell’arco della vita. È una questione di salute, perché ci si deve sottoporre a un nuovo intervento chirurgico, ma anche economica perché queste operazioni costano». Rifarsi il seno in Italia costa infatti generalmente dai 6mila ai 10mila euro, con picchi anche più alti in casi di studi o medici particolarmente rinomati.
La medicina estetica è stata in qualche modo sdoganata negli ultimi anni, diventando più trasversale e meno motivo di vergogna per chi vi ricorre. Da un lato questa apertura viene giudicata come positiva, perché permette a tante persone che vivono con disagio grave il rapporto con il proprio aspetto di arrivare prima e più serenamente a una possibile soluzione. De Fazio spiega che rientra in un discorso di «diritto alla salute, che include anche il diritto al benessere psicologico che a volte è condizionato da un rapporto doloroso col proprio aspetto. Mi capita di incontrare pazienti che hanno una sofferenza psicologica e in questo il chirurgo estetico deve guidarli nella scelta senza pregiudizi».
Dall’altro alcuni esperti fanno notare come il fatto che sia diventato sempre più frequente vedere corpi perfetti, nella realtà ma soprattutto online (dove è particolarmente facile per via di filtri e programmi di modifica delle foto), ha distorto le aspettative di molte persone, soprattutto donne, rispetto alla percezione che hanno di sé, portandole a desiderare cambiamenti a cui magari non avrebbero pensato altrimenti.
I social network non sono comunque gli unici ad avere un impatto sulle aspettative estetiche delle giovani donne. De Fazio spiega che in quest’ambito, pur in una società globale, i gusti cambiano molto per zone geografiche e gruppi etnici: in Europa, così come in alcune aree degli Stati Uniti, gli standard estetici si concentrano molto sul seno, mentre in America Latina per esempio la chirurgia estetica è più richiesta per ingrossare il sedere.
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