I cinque giorni matti della politica francese
Dopo le elezioni europee è successo di tutto: è stato sciolto il parlamento, si sono create nuove alleanze, alcuni leader sono stati espulsi dai loro partiti, e non è ancora finita
Gli ultimi giorni sono stati molto complicati e concitati per la politica francese a causa dell’esito delle elezioni europee che si sono tenute domenica scorsa, e in particolare del fatto che il partito di opposizione e di estrema destra Rassemblement National guidato da Marine Le Pen e Jordan Bardella ha preso più del doppio dei voti della lista del presidente Emmanuel Macron. Dopo la diffusione degli exit poll e poi dei risultati è successo un po’ di tutto e sono state convocate elezioni anticipate di fatto facendo riniziare la campagna elettorale il giorno dopo la chiusura di quella per le europee.
Il caos è iniziato domenica sera. Dopo la chiusura dei seggi e l’uscita dei primissimi exit poll, Macron ha annunciato a sorpresa lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento francese, e la convocazione anticipata delle legislative: il primo turno si terrà il 30 giugno e il secondo il 7 luglio. L’annuncio di Macron è stato subito commentato da tutti i leader dei partiti francesi, avviando immediatamente ipotesi e trattative in vista delle elezioni.
Domenica sera, subito dopo l’annuncio di Macron sullo scioglimento dell’Assemblea Nazionale, François Ruffin di La France Insoumise (sinistra) ha fatto un appello all’unità che è stato accolto immediatamente e in modo positivo dagli altri partiti del suo campo politico. Lunedì sera, al termine di un incontro durato diverse ore, i partiti della sinistra francese si sono accordati per presentarsi uniti alle elezioni e costituire un Fronte Popolare, un’alternativa sia al partito centrista di Emmanuel Macron sia all’estrema destra.
Il Fronte Popolare sarà formato dal Partito comunista, dal partito ecologista Europe Écologie-Les Verts, da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, da Place Publique, partito di recente formazione fondato da Raphaël Glucksmann, e dal Partito socialista (la lista Place Publique-Partito Socialista ha ottenuto un ottimo risultato alle europee raggiungendo quasi il 14 per cento). Tutti insieme questi partiti hanno annunciato candidature uniche in ogni collegio elettorale.
I problemi principali per la tenuta dell’alleanza potrebbero nascere tra La France Insoumise e Raphaël Glucksmann, un moderato di sinistra che negli ultimi mesi ha fatto una campagna elettorale per le europee anche contro il partito di Jean-Luc Mélenchon, criticandone le posizioni piuttosto radicali assunte soprattutto su questioni di politica estera. Resta poi da chiarire la questione di chi sarà a guidare questo nuovo Fronte Popolare.
Nel frattempo è stato raggiunto un «accordo di principio» sulla distribuzione dei collegi elettorali: La France Insoumise avrà 229 candidati (erano 326 nel 2022), il Partito Socialista 175 (70 nel 2022), Europe Écologie-Les Verts 92 (100 nel 2022) e il Partito comunista ne manterrà 50. Ospite su France 2, Jean-Luc Mélenchon ha detto di «sentirsi pronto» ad essere primo ministro in caso di vittoria del Fronte Popolare. Lo stesso annuncio è stato fatto dal suo compagno di partito François Ruffin, mentre Raphaël Glucksmann ha continuato a insistere sulle condizioni per la tenuta dell’unione chiedendo un allineamento su posizioni socialdemocratiche ed europeiste.
Martedì Eric Ciotti, presidente del partito di centrodestra I Repubblicani (LR), ha inaspettatamente annunciato l’intenzione di fare un accordo elettorale con il Rassemblement National (RN): il problema è stato che Ciotti non si era consultato prima con il resto della dirigenza, e di conseguenza si è aperta una grave crisi interna al partito. Mercoledì pomeriggio si è tenuta una riunione dei dirigenti e dei deputati di LR, che Ciotti ha cercato di ostacolare fino all’ultimo momento dichiarandola illegittima e chiudendo la sede del partito. La riunione si è tenuta comunque e l’assemblea ha votato all’unanimità l’espulsione di Ciotti, che però ha ribadito di non considerarla valida e di ritenersi comunque il presidente dei Repubblicani. Giovedì mattina Ciotti si è presentato alla sede di LR per lavorare da quello che ha definito ancora «il suo ufficio» e ha annunciato di aver depositato un ricorso al tribunale di Parigi per contestare la sua espulsione. I Repubblicani hanno a loro volta convocato una nuova riunione per «validare» tale decisione.
I Repubblicani hanno anche annunciato che 59 deputati uscenti su 61 saranno ricandidati alle legislative, ad eccezione di Eric Ciotti e di Christelle D’Intorni, a sua volta favorevole all’alleanza con l’estrema destra. Hanno anche annunciato che ci sarà un candidato di LR contro Ciotti nella sua circoscrizione. A sua volta Ciotti ha detto che presenterà circa 70-80 candidati «che porteranno i colori» della sua «famiglia politica» e che saranno sostenuti da RN.
Dentro Rassemblement National la proposta di Ciotti è stata accolta con entusiasmo, sia da Le Pen che da Jordan Bardella. Marine Le Pen ha detto che il suo partito è pronto per governare, cosa che non ha ancora mai fatto, e ha indicato l’attuale presidente Jordan Bardella come candidato primo ministro in caso di vittoria alle elezioni.
Sempre martedì ci sono stati dei colloqui tra Le Pen e Marion Maréchal, che oltre a essere sua nipote e una ex esponente del Rassemblement National era la capolista alle elezioni europee di Reconquête!, il partito di estrema destra fondato dall’opinionista Eric Zemmour. Per qualche ora un accordo tra Reconquête! e il partito di Le Pen e Bardella è stato ritenuto probabile, ma poi la stessa Maréchal ha fatto sapere che il Rassemblement National ha cambiato idea, decidendo di non procedere con l’alleanza. Maréchal ha però detto pubblicamente che alle legislative sosterrà l’alleanza tra RN e Ciotti e per questo è stata espulsa da Reconquête!.
Mercoledì il presidente Emmanuel Macron ha tenuto una conferenza stampa per avviare la campagna elettorale e spiegare meglio la propria decisione di convocare elezioni legislative anticipate: ha detto che da due anni il suo partito ha la maggioranza relativa all’Assemblea Nazionale e che il risultato delle europee non può essere ignorato.
Macron ha anche definito «assurda» la possibilità di dimettersi dalla carica di presidente della Francia nel caso in cui le elezioni legislative confermassero il risultato delle europee e ha parlato della necessità di creare un largo blocco di centro contro i due estremismi rappresentati, secondo lui, da RN e La France Insoumise.
Nel frattempo, ogni giorno da domenica sera, migliaia di persone manifestano a Parigi e in moltissime altre città francesi contro l’aumento di consensi dell’estrema destra. Lo slogan principale scandito in questi raduni e cortei è “Tout le monde déteste Bardella” (“Tutti odiano Bardella”), che riprende la frase usata durante i cortei antifascisti di mezzo mondo e che dice: “Tout le monde déteste la police” (“Tutti odiano la polizia”).
Se le prossime elezioni per rinnovare l’Assemblea Nazionale rifletteranno l’ottimo risultato dell’estrema destra alle europee, il risultato sarebbero un presidente e un capo del governo di partiti diversi. È una situazione che si è già verificata in passato: è la cosiddetta “cohabitation”, una situazione nella quale il presidente ha solitamente grande difficoltà a portare avanti il proprio programma politico.