Eric Ciotti, presidente del partito di centrodestra I Repubblicani (LR), mentre lascia la sede del partito a Parigi, ieri 11 giugno (REUTERS/Sarah Meyssonnier)

La rivolta dei Repubblicani francesi contro il loro presidente

Martedì Eric Ciotti ha inaspettatamente annunciato un'alleanza del suo partito (centrodestra) con il Rassemblement National (estrema destra) in vista delle prossime elezioni: non è andata come aveva sperato

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In vista delle elezioni legislative che si terranno in Francia il 30 giugno e il 7 luglio, indette dal presidente francese Emmanuel Macron in seguito ai risultati delle europee, martedì Eric Ciotti, presidente del partito di centrodestra I Repubblicani (LR), ha inaspettatamente annunciato l’intenzione di fare un accordo elettorale con il Rassemblement National (RN), partito di estrema destra di Marine Le Pen e Jordan Bardella. I due hanno accolto con grande entusiasmo la proposta di Ciotti, che però non era stata concordata con il resto del partito. Nelle ore successive all’annuncio si è aperta una crisi: molti deputati e dirigenti dei Repubblicani hanno preso pubblicamente le distanze dal loro presidente e ne hanno chiesto le dimissioni.

Martedì, su TF1, Ciotti ha detto di ritenere necessario un «blocco nazionale» tra «tutti quelli che si ritrovano nelle idee della destra», per opporsi alle politiche di Macron e al «pericolo della sinistra» che, nel frattempo, si è accordata per presentarsi unita alle legislative anticipate. Per Ciotti, LR è «troppo debole per opporsi» al presidente e al Fronte Popolare costituito dalle sinistre e avrebbe dunque bisogno dell’alleanza con l’estrema destra per conservare una propria rappresentanza all’Assemblea Nazionale (la camera bassa del parlamento francese).

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Subito dopo le sue parole, il presidente del Senato di LR Gérard Larcher, il capogruppo all’Assemblea Nazionale Olivier Marleix, e numerosi altri eletti ed elette hanno chiesto le dimissioni di Ciotti.

Mercoledì pomeriggio si è tenuta una riunione dei dirigenti e dei deputati di LR per chiarire la situazione: l’assemblea ha votato all’unanimità l’espulsione di Ciotti dal partito. Il presidente dei Repubblicani aveva già annunciato di non ritenere legale questa riunione, perché indetta in violazione dello statuto secondo il quale solo lui avrebbe potuto convocarla. Aveva tentato di bloccarla chiudendo la sede del partito (ma la segretaria generale Annie Genevard l’ha riaperta con la sua copia delle chiavi) e ordinando a tutti i dipendenti di lasciare l’edificio entro le 12. Ciotti aveva motivato la decisione sostenendo che ci fossero motivi di ordine pubblico, a causa delle «minacce ricevute ieri e dei disordini», mentre ha immediatamente commentato la decisione di espellerlo dicendo di non considerarla valida e di ritenersi comunque il presidente dei Repubblicani.

Già in mattinata in un editoriale collettivo pubblicato sul quotidiano Le Figaro, molti e molte dirigenti del partito, così come tutti i senatori, avevano preso posizione contro Ciotti parlando di un’«impasse» creata dal loro presidente, che ha espresso posizioni che «non rappresentano in alcun modo la linea politica dei Repubblicani». Il capolista alle elezioni europee, François-Xavier Bellamy, aveva parlato di «scelta controproducente» e la vicepresidente del partito Florence Mosalini-Portelli aveva detto che avrebbero presto trovato il modo di cacciare Ciotti.

Nessuno dentro il partito, scrive Libération, ha detto di essere stato consultato da Ciotti sulla decisione di un’alleanza, la cui iniziativa sembra dunque essere stata del tutto personale.

Per i Repubblicani la contrarietà a un avvicinamento a RN ha ragioni storiche. LR si è sempre considerato l’erede del gollismo e di Charles de Gaulle, che ebbe un ruolo in più di un passaggio cruciale della storia della Francia, a partire dalla Seconda guerra mondiale e dalla sua opposizione al nazifascismo e al governo del maresciallo Pétain che aveva sede a Vichy e che era vicino ai tedeschi. Il Rassemblement National è invece nato intorno a uomini ostili al generale de Gaulle: ex collaborazionisti, neofascisti, ed ex membri dell’Organizzazione dell’Armata Segreta (OAS), un’organizzazione terroristica vicina all’estrema destra creata nel 1961 per difendere la presenza francese in Algeria e a cui de Gaulle si oppose.

Jean-François Copé, ex presidente dei Repubblicani, ha detto che il suo partito non ha nulla in comune con Rassemblement National: «È un partito populista di estrema destra, mentre noi siamo un partito di governo». E il portavoce dei Repubblicani Vincent Jeanbrun, che dopo l’annuncio dell’accordo con l’estrema destra si è dimesso, ha parlato esplicitamente di «tradimento, capitolazione e sottomissione» del presidente di LR che «ha rinunciato a tutti i suoi principi, lui che aveva sempre in bocca una citazione del generale de Gaulle e che ci parlava in continuazione dell’eredità del gollismo».

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Nel 2021 proprio Eric Ciotti aveva detto che il Front National (il nome di Rassemblement National fino al 2018) era «storicamente l’avversario, addirittura il nemico della famiglia gollista, per ragioni storiche, che affondano le loro radici molto lontano nel tempo». Ora una delle critiche che viene rivolta a Ciotti è che aprendo alla possibilità di un’alleanza con il Rassemblement National di fatto stia facendo anche il gioco del partito di estrema destra nel suo tentativo recente di “normalizzarsi”, volersi dare un’immagine più moderata e rassicurante e di costruire alleanze con un partito di governo per aumentare la propria legittimità.

Come detto, dentro Rassemblement National la proposta di Ciotti è stata accolta con entusiasmo, sia da Le Pen che da Jordan Bardella.

Bardella ha fatto anche riferimento a diverse decine di deputati uscenti o di eletti Repubblicani che saranno direttamente sostenuti dal suo partito. Libération ha però fatto i conti e sentito diversi deputati, dirigenti, elette e eletti di LR che si sono espressi sulla proposta del presidente del loro partito. Tale conteggio sembra smentire quanto detto da Bardella e mostra chiaramente come Ciotti goda di uno scarsissimo appoggio interno al partito. Contro l’alleanza con RN si sono infatti pronunciati in 71, a favore solamente in 5, e 8 non hanno ancora detto nulla.

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