L’Unione Europea aumenterà i dazi sulle auto elettriche cinesi

Lo ha annunciato la Commissione Europea, in risposta al problema della concorrenza sleale della Cina nel settore, come avevano già fatto gli Stati Uniti

Un modello del marchio BYD, il più grande produttore cinese di auto elettriche (AP Photo/Ng Han Guan)
Un modello del marchio BYD, il più grande produttore cinese di auto elettriche (AP Photo/Ng Han Guan)
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La Commissione Europea ha annunciato che da luglio nei paesi dell’Unione ha intenzione di introdurre nuovi dazi sull’importazione di auto elettriche dalla Cina, che potranno arrivare complessivamente fino al 48,1 per cento del valore del bene. I nuovi dazi avranno un importo compreso tra il 17 e il 38,1 per cento, che varierà a seconda dell’azienda a cui dovrà essere applicato e che si aggiungerà ai dazi già esistenti del 10 per cento. Era una decisione molto attesa, anticipata dal Financial Times mercoledì mattina, che segue quella degli Stati Uniti del mese scorso di aumentarli al 100 per cento.

È una misura presa per affrontare il problema ormai noto delle aziende di auto cinesi che fanno una concorrenza sleale ai produttori occidentali: ricevono sussidi massicci dal governo, grazie ai quali riescono a offrire auto a prezzi bassissimi e sotto al costo di produzione, mettendo così fuori mercato tutti gli altri produttori che non riescono a competere. Nel 2023 le imprese cinesi hanno esportato auto elettriche in Unione Europea per un valore di circa 10 miliardi di euro, raggiungendo una quota di mercato dell’8 per cento, il doppio rispetto all’anno precedente.

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva annunciato l’inizio di un’inchiesta per verificare l’esistenza dei sussidi in occasione del suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione: l’inchiesta è ancora in corso, secondo quanto si legge da un comunicato della Commissione, ma sta dimostrando l’effettiva esistenza di un grosso danno per le imprese europee a causa della concorrenza sleale, che pone seri rischi per tutto il settore e i suoi lavoratori.

Per questo sono iniziate alcune trattative con il governo cinese per tentare di trovare una soluzione: se non dovessero portare a nulla, com’è probabile, dal 4 luglio saranno aumentati i dazi per le importazioni di auto. I nuovi dazi varieranno a seconda dei produttori, e saranno del 17,4 per cento per la società BYD, che è ormai la più grande produttrice di auto elettriche al mondo, del 20 per Geely, e del 38,1 per SAIC. Saranno poi del 21 per cento per tutte le altre società che hanno collaborato all’indagine della Commissione, e del 38,1 per quelle che non lo hanno fatto.

L’obiettivo dei dazi è di correggere lo squilibrio: costrette a pagare il dazio per poter esportare i loro prodotti in Unione Europea le aziende cinesi dovranno infine aumentare i prezzi a cui vendono i loro prodotti, riducendo quindi il divario con quelli a cui sono offerte le auto prodotte in Occidente.

Secondo buona parte degli analisti questi dazi rischiano comunque di non essere sufficienti a correggere la distorsione nel mercato europeo: e questo perché sarebbero troppo bassi per compensare l’enorme quantità di sussidi di cui beneficiano le imprese cinesi, che riuscirebbero dunque a mantenere cospicui margini di guadagno anche con i dazi.

La decisione della Commissione è stata effettivamente più cauta rispetto alla scelta del presidente statunitense Joe Biden di portarli al 100 per cento, un livello che rischia di escludere davvero le auto elettriche dal mercato statunitense. E lo ha fatto dovendo raggiungere una sintesi tra le posizioni dei diversi stati nei confronti dell’industria automobilistica cinese.

Da una parte ci sono paesi come Spagna e Francia che hanno aziende molto esposte alla concorrenza, che quindi avrebbero preferito una misura ancora più dura per ostacolare le aziende cinesi nel mercato europeo. Dall’altra c’è però la Germania, la cui industria automobilistica ha profonde connessioni con quella cinese, e avrebbe dunque molto da perdere da un’eventuale ritorsione del governo della Cina, che potrebbe decidere di rispondere ai dazi con altre misure. Le autorità cinesi hanno già fatto sapere di avere intenzione di farlo, e di aggiungere nuovi provvedimenti ai dazi al 15 per cento già esistenti sull’importazione di auto elettriche europee.

Il rischio più concreto è che la Cina potrebbe per esempio limitare l’esportazione di tecnologia sensibile o di componenti, come le batterie. Il che comporterebbe grossi problemi nelle catene produttive di tutto il mondo, soprattutto di quelle europee, particolarmente dipendenti dai componenti cinesi.

Gli effetti su tutto il settore sarebbero poi amplificati dal fatto che la Cina è il paese più coinvolto nello sviluppo dei veicoli elettrici: è al centro della crescita e dell’innovazione del settore e risulta in netto vantaggio nella produzione di massa di questo tipo di veicoli. Questa posizione dominante si registra sia nell’alto numero di stabilimenti, aziende e startup presenti sul suo territorio, sia nell’ampia attività di formazione di ingegneri e tecnici per il settore, sia nell’estrazione delle cosiddette terre rare – necessarie alla produzione dei motori elettrici – e sia nella produzione delle batterie, da cui dipende praticamente tutto il settore a livello globale.

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